Stasera in tv Avere vent’anni di Fernando Di Leo

Stasera in tv su Cielo alle 23,25 Avere vent’anni, un film del 1978, diretto da Fernando Di Leo. È probabilmente il film più censurato e controverso tra quelli diretti da Fernando Di Leo. Interpretato da Gloria Guida e Lilli Carati, due attrici allora molto in voga nella commedia sexy, il titolo trae ispirazione da una frase di Paul Nizan, tratta dal libro Aden Arabia, ripresa nei titoli di testa del film: «Avevo vent’anni… Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita». Il film fu girato nel 1978, ma la sceneggiatura risaliva a diversi anni prima. Di Leo aveva in mente di ritrarre le ragazze libere ed emancipate che si erano affermate nella società italiana dopo il Sessantotto. Con Gloria Guida, Lilli Carati, Ray Lovelock, Vincenzo Crocitti, Vittorio Caprioli, Leopoldo Mastelloni, Giorgio Bracardi, Daniele Vargas.

Trama
Lia e Tina, avvenenti ventenni di provincia, incontrano per caso un certo Michele Palumbo detto “il Nazariota”, che le invita a unirsi alla comune da lui gestita in città. Giunte sul posto in autostop, le malcapitate vi scoprono una galleria di bizzarri personaggi, fra cui il “Riccetto”, dall’aspetto stravagante ma in realtà informatore del laido commissario locale.

«A differenza di altri, nei miei film ho sempre sviluppato in maniera autonoma un discorso sull’erotismo. Il mio obiettivo era rappresentare la donna come padrona di sé stessa; anche in Avere vent’anni, film su cui contavo molto e che invece non andò bene. Non so se sia stato il pubblico a bocciarmi oppure i distributori che, avendo tagliato due o tre parti in mezzo al film e l’uccisione finale delle due protagoniste, hanno fatto perdere senso al plot: le due ragazze che si credono libere venivano uccise proprio per questo motivo».
(Fernando Di Leo)

“Negli anni Settanta, la generazione di Fernando Di Leo (classe ’32) sembrava guardare ai nuovi giovani con un misto di ammirazione e sconforto. Di conseguenza, era inevitabile sovrapporre alla morbosità voyeuristica una certa dose di paternalismo. Avere vent’anni (1978) porta avanti un discorso già cominciato con I ragazzi del massacro (1969), la narrazione di un decennio evidentemente fuori controllo, di quella razza violenta che è il genere umano. L’autore ci arriva dopo una serie di insuccessi commerciali e una stanchezza sistemica del suo cinema di genere; insomma, dopo aver realizzato la celeberrima trilogia del milieu (Milano calibro 9, La mala ordina, Il boss), ed in questa aver (apparentemente) già dato tutto. L’operazione nasce da una volontà precisa: prendere due divette dell’epoca, Lilli Carati e Gloria Guida, toglierle dalle commediole scollacciate e buttarle nel mondo reale. Una sfida contro il buonsenso, folle quanto necessaria per svelare i meccanismi malati di quell’industria dello spettacolo. Di Leo non ha mai nascosto il gusto dell’azione, del racconto, ma ciò nonostante si è sempre rifiutato di arrendersi al cartoonesco e al falso, nel tentativo di inseguire uno spettro di verità. L’idea di realtà che sta dietro Avere vent’anni è quella che intende disvelare l’orrore dietro la spensieratezza, il paese che si ritrova riattraversando lo specchio”.
(Alessandro Amato, 28 Novembre 2020, Sentieri Selvaggi)

“«Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita». La citazione dallo scrittore francese Paul-Yves Nizan ben si adatta al tono tragico di un film disturbante e controverso, diretto e sceneggiato da Fernando Di Leo. Il regista, uscendo coraggiosamente dagli schemi precostituiti della commedia sexy all’italiana, ne sfrutta le due dive per eccellenza (Gloria Guida e Lilli Carati all’epoca dominavano il panorama cinematografico nazionale), ma ribalta lo stereotipo della sessualità innocente e giocosa tramite una violenta destrutturazione emozionale e fisica (Lia e Tina usano il loro corpo per sedurre e provocare, ma finiranno quasi letteralmente a pezzi nell’agghiacciante finale). Un’operazione unica nel suo genere, i cui limiti consistono principalmente in una lettura semplicistica e didascalica delle disillusioni post-sessantottine e delle ipocrisie borghesi, rapportate per contrasto alla (forzata) vitalità di una gioventù troppo arrabbiata; in ogni caso, un’esperienza di visione destabilizzante e destinata a lasciare il segno. Notevole la performance di Lilli Carati, più impacciata Gloria Guida (interprete della canzone originale del film, composta da Di Leo con Silvano Spadaccino). Vincenzo Crocitti è Riccetto, Leopoldo Mastelloni è il mimo Arguinas. Da evitare la versione censurata di 81 minuti, che elimina di netto la sequenza conclusiva ed esclude i siparietti lesbo tra le due protagoniste”.
(LongTake)

 

 

Luca Biscontini