Stasera in tv su La5 (canale 3o DT) alle 23 Flashdance, un film statunitense del 1983 diretto da Adrian Lyne. La pellicola, scritta da Thomas Hedley e Joe Eszterhas, lanciò la protagonista Jennifer Beals, all’epoca ventenne, e fece conoscere al grande pubblico il regista britannico. Il brano portante della pellicola, Flashdance… What a Feeling, vinse l’Oscar come miglior canzone del 1983. Composta da Giorgio Moroder (musiche) e Keith Forsey (parole) e interpretata da Irene Cara, diventò una hit rastrellando anche altri premi tra i quali il Golden Globe. Un altro successo tratto dal film, Maniac di Michael Sembello, ispirata al film horror omonimo, fu pure candidato all’Oscar. Con Jennifer Beals, Michael Nouri, Belinda Bauer, Lilia Skala, Sunny Johnson, Kyle T. Heffner, Lee Ving, Ron Karabatsos, Malcolm Danare.
Trama
Alex, diciannovenne operaia metallurgica di Pittsburgh, coltiva un’intensa passione per la danza. Per arrotondare lo stipendio, si esibisce in numeri di flashdance in un locale notturno, ma il suo sogno è quello di essere ammessa alla locale accademia e diventare ballerina professionista. Ce la farà, grazie anche al suo giovane datore di lavoro, nonostante le proprie insicurezze e l’umile condizione sociale.
“Flashdance ha cambiato la vita a tante persone, nonostante le pesanti stroncature che la pellicola subì alla sua uscita, in particolare dalla critica statunitense. Ma cosa sarebbe stato se a girarlo fosse stato David Cronenberg o Brian De Palma? Entrambi rifiutarono, per ragioni diverse, ma Cronenberg avrebbe realizzato un altro manifesto del body horror, che focalizzava l’ossessione e il terrore dell’uomo di fronte ai cambiamenti del suo corpo. Ma sarebbe stato capace, in fondo, di appiccicare a una storia apparentemente nera come la pece un lieto fine che faceva a pezzi la retorica americana sui valori e la famiglia. Brian De Palma, invece, avrebbe messo da parte gli omaggi ad Alfred Hitchcock per confezionare una sorta di gangster movie di puro intrattenimento dalle cadenze western, che strizzava l’occhio al grande pubblico e omaggiava il cinema classico di ampio respiro. Uno strepitoso esempio di cinema formalmente impeccabile ma refrattario a qualsiasi freddezza, capace al contrario di emozionare e rimanere scolpito nella memoria dello spettatore grazie a una regia funzionale (anche nei suoi virtuosismi) e a una storia appassionante perfettamente orchestrata. Flashdance, questo avrebbe potuto essere, anche questo evidentemente, ma resta comunque nell’immaginario collettivo come una nevrotica e ossessiva ricerca del dolore fisico, dell’ostinazione mentale, del sudore che sensualmente scivola sulla pelle, ormai solo pelle. Alex Owens, per certi versi, ricorda Hilary Swank di Million Dollar Baby. Al diavolo i camuffamenti, le realtà immutabili e al diavolo i “veri” che abbattono gli avversari indifesi o girati di spalle. Tutto ciò che accade (o che è stato ormai) davanti ai nostri occhi bagnati non può non accadere: “necessitas inevitabilitatis” del cuore. La quiete si blocca al di qua di un vetro appannato che separa l’amaro in bocca e una torta al limone, sprofondati ancora in fondo a una città”.
(Leonardo Lardieri, Sentieri Selvaggi, 15 Aprile 2016)
Luca Biscontini
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.