Stasera in tv Fuga da Alcatraz di Don Siegel, con Clint Eastwood

Stasera in tv su La7 alle 22,30 Fuga da Alcatraz (Escape from Alcatraz), un film del 1979 diretto da Don Siegel. Il film, girato proprio nella prigione di Alcatraz 15 anni dopo la sua chiusura permanente, si basa sul libro Escape from Alcatraz di J. Campbell Bruce e descrive la vera storia dell’evasione di tre detenuti, Frank Morris e i fratelli John e Clarence Anglin, avvenuta nella notte dell’11 Giugno 1962. La pellicola segna anche la quinta e ultima collaborazione tra il regista e Clint Eastwood. La pellicola segna, inoltre, il debutto cinematografico dell’attore Danny Glover, dove fa un cameo nel ruolo di uno dei vari detenuti. Per girare il film si dovette ricostruire una rete elettrica lunga quindici miglia al fine di riconnettere l’elettricità all’isola tramite quella di San Francisco; inoltre, fu necessario molto lavoro per ripristinare lo stato della prigione a come esso era nel 1963, ossia alla chiusura del complesso carcerario. Al termine delle riprese molti dei miglioramenti, apportati per l’occasione, furono mantenuti intatti e permangono tuttora. Con Clint Eastwood, Patrick McGoohan, Robert Blossom, Jack Thibeau, Fred Ward, Paul Benjamin, Larry Hankin, Bruce M. Fischer.

Trama
Frank Morris arriva nel cercere di Alcatraz nel gennaio 1960. La prigione gode solida fama di estrema sicurezza: nessuno infatti è mai riuscito a evadere. Nonostante questo Morris non ha che un pensiero: scappare. E riesce anche a trovare il modo, impiegandoci tre anni.

“Don Siegel ripercorre i passaggi obbligati del filone carcerario, con cui si era già confrontato 25 anni prima. A suo tempo, Rivolta al blocco 11 fu certamente un film con un suo spessore anche di denuncia sociale, con un riferimento preciso alla realtà extra-filmica (Siegel metteva bene in luce il suo passato di documentarista) e fu per certi aspetti una riflessione profonda sulla violenza legalizzata dell’istituzione. Fuga da Alcatraz non tematizza esplicitamente la disumanità dell’istituzione totale, dandola per scontata, per acquisita. Nonostante ciò, il film allinea il repertorio completo dei sottotemi di genere (evidenziati da situazioni e personaggi estremamente codificati): lo sradicamento dagli affetti famigliari (visita della moglie a Puzzo e della figlia a English), l’amore per gli animali (Tornasole ed il suo topolino), la passione per i fiori (i crisantemi coltivati da Tornasole e da Doc), la dignità e la libertà non sopite dietro le sbarre (la serenità di Doc e la sua dedizione alla pittura), i conflitti razziali (il settore di cortile riservato ai neri), le gerarchie «sociali» (il capo carismatico English), il sadismo del direttore, la stupida brutalità di certi secondini, l’omosessualità più o meno latente. Ma Siegel impone a questi materiali, che sembrano prelevati direttamente dalla tradizione, una precisa funzionalità drammaturgica. Non vi sono tesi precostituite da dimostrare (chi si ricorda L’uomo di Alcatraz di John Frankenheimer?), non conta l’analisi interna di un «universo concentrazionario» (cfr. l’interessante Esecuzione al braccio 3 di Robert Young), ognuno degli elementi elencati, calibrato con secchezza ed efficacia, viene integrato e superato all’interno di una compatta progressione narrativa, che ha il suo culmine drammatico nella preparazione e nell’esecuzione della fuga”.
(Angelo Conforti, Cineforum n. 192, 3/1980)

“«Nessuno è mai riuscito ad evadere da Alcatraz. E nessuno evaderà». Le parole del glaciale direttore (superbamente interpretato da quel Patrick McGoohan noto soprattutto per la serie tv britannica Il prigioniero) sono la scintilla da cui muove un classico del cinema carcerario che rappresenta uno dei più alti e cristallini risultati di Don Siegel. Non è semplicemente la cronaca dell’autentica evasione avvenuta nel 1962 (la cui conclusione resta tuttora un mistero), ma si tratta di un’opera capace di riscrivere le regole del sottogenere escape film. La pellicola di Siegel è anche, e soprattutto, un formidabile saggio sulla dignità dell’essere umano e sulla libertà come suo bisogno inalienabile, dove la prigione (e in particolare la massima e più tristemente famosa istituzione carceraria della storia americana) è metafora di ogni tipo di dimensione oppressiva. Con un’attenta costruzione geometrica dello spazio come elemento visivo fondamentale, il regista dà vita a un racconto che ragiona in sottrazione e scarnifica la linea narrativa, i dialoghi e i personaggi fino all’essenziale. Un condannato a morte è fuggito di Robert Bresson (1956) incontra così l’individualismo umanista del regista, che ritrova Eastwood a otto anni da Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo (1971) e gli cuce addosso un personaggio indimenticabile: il suo taciturno, tenace e intelligentissimo Frank Morris è probabilmente uno dei più interessanti eroi incarnati dall’attore-regista. Il film fu girato nella vera Alcatraz, che era stata chiusa nel 1963″
(LongTake)

 

 

Luca Biscontini