Stasera in tv su Rai 3 alle 21,25 Hammamet, un film del 2020 diretto da Gianni Amelio. La pellicola racconta gli ultimi sei mesi di vita di Bettino Craxi, interpretato da Pierfrancesco Favino. Nel film nessuno dei personaggi è chiamato con il proprio vero nome, e la figura inventata di Fausto è un espediente narrativo voluto dal regista in funzione di “antagonista”. Prodotto da Agostino Saccà e Maria Grazia Saccà, sceneggiato da Gianni Amelio e Alberto Taraglio, con la fotografia di Luan Amelio Ujkaj, il montaggio di Simona Paggi, le scenografie di Giancarlo Basili, i costumi di Maurizio Millenotti e le musiche di Nicola Piovani, Hammamet è interpretato da Pierfrancesco Favino, Livia Rossi, Luca Filippi, Silvia Cohen, Alberto Paradossi, Renato Carpentieri, Claudia Gerini, Omero Antonutti.
Trama
Hammamet, la cittadina tunisina nella quale Bettino Craxi visse gli ultimi sette anni della sua vita, ogni anno più ammalato. L’epilogo della vicenda umana e politica del leader socialista.
“Con i produttori del film La tenerezza, Agostino e Mariagrazia Saccà, un giorno sono stato a pranzo. Agostino ha un pallino: fare, un giorno, un film su Cavour; mi offre quello e mi dice di aver avuto un rapporto intenso con la figlia. Lì mi scatta la lampadina: ‘Perché scomodare Cavour, perché non parliamo di Craxi e di sua figlia?’. L’ho buttata lì per liberarmi di Cavour. Poi l’ho preso sul serio e ho voluto raccontare la storia di Craxi che è un grande rimosso degli ultimi vent’anni. Su di lui è caduto un silenzio assordante, ingiusto. Si possono esprimere opinioni contrarie in modo non fazioso, a me non interessava raccontare Bettino Craxi degli anni Ottanta, io non l’ho mai visto come una star, ma come un politico negli ultimi sei o sette mesi della sua vita. Il film descrive la lunga agonia di un uomo che ha perso il potere e va verso la morte. Il passato ritorna in questo eremo tra gli ulivi delle colline tunisine dove non si è messo in salvo ma coltiva rimorsi, rimpianti e rabbia. Un uomo macerato fino all’autodistruzione“.
(Gianni Amelio)
“Di Craxi conoscevo l’uomo politico, la vicenda giudiziaria, non conoscevo l’uomo e il suo privato, quello è stato l’oggetto del mio lavoro. Io ho visto tutte le registrazioni video che ho potuto, molto mi ha dato Gianni, altro ho trovato io. Ho cercato tanto dell’ultimo periodo ma anche quello che veniva prima, per capire cosa era cambiato, vederlo marciare nel pieno delle sue forze e poi zoppicante nella casa di Hammamet“.
(Pierfrancesco Favino)
“Il re è caduto. Concentrandosi su una ferita ancora aperta di Storia italiana, Gianni Amelio, autore unico del soggetto e sceneggiatore accanto ad Alberto Taraglio, ha realizzato un film biografico che si concentra quasi esclusivamente sul versante umano del protagonista Bettino Craxi (il suo nome, però, non viene mai menzionato), affrontando il funereo epilogo di uno spaccato scottante di politica nostrana senza farne un resoconto fazioso o strettamente militante. Il travaglio esangue dell’uomo, arrogante, impulsivo e falso (anche con se stesso) coincide con la frattura insanabile di un Paese al capolinea, costretto a rifondare la propria classe politica. Tra aderenza filologica alla realtà dei fatti, tanto da girare all’interno della vera dimora tunisina di Craxi e citare alcuni momenti specifici passati a memoria (come il lancio delle monetine), e volontà di tendere la mano all’immaginazione, Amelio porta a compimento un trait d’union di rara raffinatezza, tra parossistico iperrealismo, soprattutto nella mimesi fisica del protagonista, ed esaltazione della finzione cinematografica, occultando i nomi propri dei personaggi e inserendo un fittizio elemento “thriller” rappresentato da Fausto, che sembra legarsi al film d’esordio dello stesso Amelio, Colpire al cuore (1982), che affronta il tema del terrorismo nell’ottica di un rapporto contrastato tra padre e figlio. Un film, Hammamet, che ragiona in maniera interessante e mai banale sul tempo e sullo spazio, soprattutto in relazione alla dimensione politica, la quale si manifesta platealmente nell’incipit, ambientato alla fine degli anni ’80, attraverso funerei stendardi che sembrano simulacri pagani di ideologie giunte al capolinea, per poi lasciare il posto a volti, gesti ed emozioni personali. Un’opera che mantiene sempre la giusta distanza dalla materia trattata e che si regge con consapevolezza sulle spalle di un monumentale Pierfrancesco Favino, attore di razza che dà sfoggio di una capacità interpretativa propria solo dei più grandi interpreti italiani di sempre. Non tutto il reparto degli attori è a fuoco ma, al netto di un casting discutibile, è evidente in sede di sceneggiatura l’attenzione riservata anche ai personaggi secondari. In particolare, sono da citare la figlia, nella realtà Stefania ma qui Anita come omaggio a Garibaldi (più volte citato nel film e totem personale di Craxi), e la moglie, presenza silente davanti alla TV, immersa nei western di Anthony Mann e nelle prigioni dell’anima dei mélo di Douglas Sirk, che si rifiuta di rapportarsi al mondo circostante. Ottimo il reparto tecnico: fotografia di Luan Amelio Ujkaj (figlio del regista), musiche di Nicola Piovani, scenografie di Giancarlo Basili e costumi di Maurizio Millenotti. Menzione speciale per il trucco Andrea Leanza. Ultima apparizione sul grande schermo per Omero Antonutti (1935-2019)”.
(Longtake)
Luca Biscontini
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