Stasera in tv I quattro dell’Apocalisse di Lucio Fulci

Stasera in tv su Cine34 alle 21 I quattro dell’Apocalisse, un film del 1975, diretto da Lucio Fulci e interpretato da Tomas Milian e Fabio Testi. Il film è stato uno tra i 32 film scelti per la retrospettiva dedicata agli spaghetti-western durante la mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia del 2007. Tratto da alcuni racconti di Francis Brett Harte, sceneggiato da Ennio De Concini, con la fotografia di Sergio Salvati, il montaggio di Ornella Micheli, le scenografie di Giovanni Natalucci, i costumi di Massimo Lentini e le musiche di Franco Bixio, Fabio Frizzi e Vince Tempera, I quattro dell’Apocalisse è interpretato da Fabio Testi, Lynne Frederick, Tomas Milian, Michael J. Pollard, Harry Baird, Adolfo Lastretti, Bruno Corazzari, Giorgio Trestini.

Trama
I personaggi del titolo sono il baro ed ex galeotto Stubby, la prostituta incinta Bunny, il negro Burt e l’ubriacone Clem. Dopo essere sfuggiti a una strage perpetrata nel loro villaggio da una banda di incappucciati, i quattro vagano nel deserto dove incontrano il feroce Chaco, che violenta Bunny e uccide Clem mentre Burt impazzisce. Ma le traversie della banda non sono finite.

Tardo western italico che il “terrorista dei generi”, Lucio Fulci, inevitabilmente contamina con elementi horror (il villaggio fantasma, i dialoghi coi morti, il cannibalismo, atroci torture), comici (o’Brien sceriffo menefreghista) e sdolcinati (il neonato). Fulci destabilizza un genere al tramonto infondendo atmosfere allucinate a un sommesso road-movie e mettendo sul cammino di quattro reietti un Anticristo sadico e vigliacco, le cui efferatezze sono in esasperato contrasto con le musiche sognanti e con alcuni momenti rasserenanti. A Milian, come altrove, basta mezz’ora per stravolgere il film con un personaggio tanto sinistramente carismatico quanto repellente.

Scene frenetiche di violenza si alternano sapientemente ad ampie inquadrature dei quattro in cammino, così come momenti di gioia e di speranza trovano sempre la loro fine in un implacabile lampo di efferatezza. Le arse lande desertiche accecate da un sole di rame fanno il paio con intere situazioni invernali in mezzo alle neve, come ne Il Grande Silenzio di Corbucci. Fanatici religiosi mettono a ferro e fuoco una cittadina di delinquenti, mentre una compagnia di mormoni viene barbaramente trucidata. Insomma, è un film di opposti che non dà assolutamente modo di annoiarsi.

Il west di Lucio Fulci è malinconico ma sognante, delirante quanto dolce. Allo stesso tempo sa essere incantevole come un sogno, come un altrove che tutti vorremmo, ma sa anche essere spietato e triste come un inferno dal quale scappare. Anche la colonna sonora e le sue canzoni anacronistiche incidono sul film come in poche altre occasioni e sanno conferirgli quel lirismo difficile da raggiungere, senza però scadere nella retorica di una grammatica ricattatrice. Come in Pat Garret and Billy the Kid di Peckinpah, omaggiato da Fulci nell’iperrealistica sparatoria iniziale a Salt Flat, anche ne I Quattro dell’Apocalisse ci troviamo in un west malinconico e come in tutte le malinconie c’è un qualcosa di sensuale che richiama l’abbandono dei sensi, i piaceri dell’alcova più intima e segreta.

 

 

Luca Biscontini