Stasera in tv Il caso Paradine di Alfred Hitchcock, con Gregory Peck e Alida Valli

Stasera in tv su TV 2000 alle 21,10 Il caso Paradine, un film del 1947 diretto da Alfred Hitchcock. È un adattamento dell’omonimo libro di Robert Smythe Hichens del 1933. Il film venne scritto da David O. Selznick, ma l’adattamento originale fu prima di Hitchcock e Alma Reville, sua moglie, poi di James Bridie che pretese di lavorare alla sceneggiatura in Inghilterra, infine di Ben Hecht (non accreditato), che lasciò la sceneggiatura molto incompleta. Il produttore David O. Selznick stravolse radicalmente la sceneggiatura del film prima dell’inizio delle riprese, cambiando volontariamente e unilateralmente molte scene, ritenute importanti dal regista. Con Gregory Peck, Alida Valli, Charles Laughton, Ann Todd.

Trama
Il colonnello Paradine, valoroso e facoltoso ufficiale, viene trovato morto nel suo letto. La vedova è la prima a essere accusata: nel corso dei ripetuti colloqui con l’imputata, l’avvocato difensore si innamora di lei, trascurando la giovane moglie. Studiando il caso, il legale si imbatte in uno strano personaggio, il cameriere del colonnello, rimasto fino allora nell’ombra.

Hitchcock, nell’intervista rilasciata a François Truffaut, parla di difetti appariscenti, legati soprattutto alla scelta poco appropriata degli attori e all’intreccio poco chiaro; altrove il regista aveva avuto occasione di dichiarare: «…quando si è disattenti e non si padroneggia la materia di una storia è inevitabile che il risultato sia confuso».

Tuttavia la critica successiva ebbe modo di individuare anche i pregi di questa pellicola. Rohmer e Chabrol ne indicano alcuni: l’acuto senso della caricatura che Hitchcock esercita in particolare sulla figura del giudice «…grasso, ripugnante, libertino dallo sguardo salace e dai gesti untuosi» uno dei mostri hitchcockiani; l’implacabilità con cui il regista descrive la “degradazione di un gentleman”, la “tentazione della perdizione” che travolge il brillante avvocato, costringendolo ad attraversare “tutti gli stadi, compresa la gelosia, compreso il disprezzo di sé” culminanti con la “confessione pubblica”, estremo tentativo di “lavare la sua vergogna”; invettiva finale della moglie del giudice contro la pena di morte, portata avanti magistralmente attraverso un personaggio minore ma di grande umanità.

La protagonista è sola ad affrontare il suo dramma e a subire le conseguenze del suo fascino malefico. Sola segue i due ispettori di polizia che la costringono a lasciare la sua bella casa: in prigione la guardiana la spoglia dei suoi gioielli, le disfa la pettinatura controllando che non nasconda niente nei capelli, la rinchiude in una cella da cui non uscirà più. Sola è nell’aula del tribunale con i suoi segreti inconfessabili: il tradimento e l’uccisione del marito, la passione incontrollata per un uomo che la disprezza e la odia per averlo costretto a disonorarsi. Sola respinge, offesa e sdegnata, l’appassionata difesa dell’avvocato, vittima della sua seduzione e responsabile del suicidio dell’uomo amato. Sola confessa il suo crimine e consapevolmente decide di scontare la sua colpa condannandosi a morte.

Il film riproduce in maniera precisa la struttura processuale e le sue componenti spettacolari-teatrali. Ci sono due momenti che, in particolare, illustrano la ricerca espressiva del regista; li descrive lui stesso nell’intervista a Truffaut. Il movimento avvolgente con cui la macchina da presa segue Latour che entra in aula alle spalle dell’imputata, immobile e apparentemente impassibile, in realtà profondamente turbata. Per dare la sensazione che lei lo sente quasi fisicamente, con l’odorato, filma la scena in due riprese: una panoramica a duecento gradi su Latour che avanza dalla porta alla sbarra, un primissimo piano sulla donna davanti allo schermo di trasparenza, seduta su uno sgabello girevole per ristabilire l’effetto di rotazione, infine la macchina da presa ritorna su Latour. La sconfitta e l’uscita di scena di Keane: un’inquadratura quasi perpendicolare, dall’alto al basso, dal totale al primissimo piano, mostra Keane tra le file dei banchi; poi quando lascia il tribunale lo inquadra in diagonale allo schermo quasi ad accompagnarlo fuori campo.

 

 

Luca Biscontini