Stasera in tv Il Gattopardo di Luchino Visconti

Stasera in tv su La7 alle 20,35 Il Gattopardo, un film del 1963 diretto da Luchino Visconti. Il soggetto è tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e la figura del protagonista del film, il Gattopardo, si ispira a quella del bisnonno dell’autore del libro, il Principe Giulio Fabrizio Tomasi di Lampedusa, che fu un importante astronomo e che nella finzione letteraria diventa il Principe Fabrizio di Salina, e della sua famiglia tra il 1860 e il 1910, in Sicilia (a Palermo e provincia e precisamente a Ciminna e nel feudo agrigentino di Donnafugata, ossia Ciminna Palma di Montechiaro e Santa Margherita di Belice in provincia di Agrigento). Il film ha vinto Palma d’oro come miglior film al 16º Festival di Cannes. Prodotto da Goffredo Lombardo, sceneggiato da Suso Cecchi D’Amico, Pasquale Festa Campanile, Enrico Medioli, Massimo Franciosa e Luchino Visconti, con la fotografia di Giuseppe Rotunno, il montaggio di Mario Serandrei, le scenografie di Mario Garbuglia, i costumi di Piero Tosi e le musiche di Nino Rota, Il Gattopardo è interpretato da Burt Lancaster, Claudia Cardinale, Alain Delon, Romolo Valli, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Serge Reggiani, Pierre Clémenti, Ida Galli, Terence Hill, Maurizio Merli, Giuliano Gemma, Ottavia Piccolo.

Trama
Nel 1860 Garibaldi sbarca in Sicilia e il principe Fabrizio Salina assiste – più da testimone che da protagonista – ai cambiamenti che ne conseguono. Nonostante la minaccia della guerra, il principe e la sua famiglia si trasferiscono nella residenza di campagna, a Donnafugata, dove il nipote prediletto, Tancredi, si innamora di Angelica, la figlia del sindaco, esponente della nuova e rapace borghesia. Tancredi partecipa anche all’impresa dei garibaldini e si distingue nella battaglia di Palermo. L’unione di Angelica e Tancredi, simbolo vivente del passaggio di potere tra la nobiltà latifondista e la borghesia mercantile, viene ufficializzata durante un grande ballo che si tiene nella sontuosa residenza principesca.

«È stato spesso sottolineato che i pescatori de La terra trema esprimono una lentezza, una ieraticità rivelatrici di un’aristocrazia naturale, opposta ai nuovi ricchi; se il tentativo dei pescatori fallisce non è solo a causa dei grossisti di pesce, ma del peso di un passato arcaico che fa sì che la loro impresa avvenga già troppo tardi. Anche Rocco non è soltanto un “santo”, è un aristocratico per natura, nella sua famiglia di poveri contadini: ma troppo tardi per ritornare al paese, perché la città ha già corrotto tutto, perché tutto è diventato opaco e perché la Storia ha già fatto cambiare il paese… Ci sembra tuttavia che con Il Gattopardo Visconti arrivi alla piena padronanza e all’armonia dei suoi quattro elementi. Il troppo-tardi lancinante diventa altrettanto intenso del Nevermore di Edgar Poe; chiarisce anche in quale direzione Visconti avrebbe potuto tradurre Proust. E non si può ridurre il rammarico di Visconti al suo apparente pessimismo aristocratico: l’opera d’arte sarà fatta di questo rammarico come i dolori e le sofferenze da cui traiamo una statua. Il troppo-tardi condiziona l’opera d’arte e ne condiziona la riuscita, perché l’unità sensibile e sensuale tra Natura e uomo è per eccellenza l’essenza dell’arte, in quanto a lei tocca d’arrivare troppo tardi a tutti gli altri sguardi tranne appunto che a quello: il tempo ritrovato».
(Gilles Deleuze, L’immagine-tempo, Milano, Ubulibri, 1985, pp. 111-112)

Il Gattopardo è un grande inno sinfonico alla Sicilia, al suo popolo, ai suoi profumi e al suo paesaggio, alla sua bellezza e alla sua violenza. Il film di Visconti è una delle più grandi esperienze visive della storia del cinema, e nel corso degli anni i restauri si sono rivelati estremamente difficili. Sono molto felice che la Film Foundation, con il sostegno finanziario di Gucci, abbia contribuito a rendere possibile questo straordinario restauro. Ci è stato così restituito uno dei nostri tesori più preziosi, in tutta la sua gloria”.
(Martin Scorsese, The Film Foundation, Fondatore e Presidente)

“Luchino Visconti s’è, in un certo senso, sdoppiato: da una parte troviamo un intellettuale rigoroso, che riflette da artista sugli ultimi cento anni del proprio Paese: dall’altra, appare come un omologo lombardo del Principe di Salina. Un aristocratico che sta dalla parte della gente nuova perché sente che questo è giusto, che tale è il senso della storia, ma non può dimenticare la dolcezza irrevocabile di un certo passato, le maniere cortesi di una volta, quel vivere sereno, in civili agi e intelligenti cortesie, in un privilegio che parecchio sapeva farsi perdonare, perché non si dimenticava della carità e della cultura, almeno nei suoi migliori esemplari. È l’elegia di una civiltà morta; con aggiunto il disagio che ogni persona bennata prova nell’avvertire la rozzezza, il cinismo, la brutalità dei “parvenus”».
(Pietro Bianchi, È meglio di Via col vento, Il Giorno, 29 Marzo 1963)