Stasera in tv Il gaucho di Dino Risi, con Vittorio Gassman e Nino Manfredi

Stasera in tv su Cine34 alle 23,25 Il gaucho, un film del 1964 diretto da Dino Risi e interpretato, tra gli altri, da Vittorio Gassman, Amedeo Nazzari, Silvana Pampanini e Nino Manfredi, quest’ultimo vincitore del premio Grolla d’Oro per la miglior interpretazione maschile. Prodotto da Mario Cecchi Gori, scritto e sceneggiato da Ruggero Maccari, Tullio Pinelli, Dino Risi ed Ettore Scola, con la fotografia di Alfio Contini, il montaggio di Marcello Malvestito, le scenografie di Ugo Pericoli e le musiche di Chico Novarro e Armando Trovajoli.

Trama
Marco Ravicchio guida una delegazione miserella di cineasti italiani ad un festival di Buenos Aires. Fra piccinerie e provincialismi, c’è l’opportunità di sfruttare la nostalgia per l’Italia di un emigrato che ha fatto fortuna e di conoscerne un altro che è rimasto un poveraccio.

Dino Risi negli anni Sessanta prosegue l’indagine sulla mutazione antropologica del nostro paese seguita all’esplosione del benessere economico. Se con Il sorpasso (1962) e I mostri (1963) – due caposaldi della cinematografia di Risi – il regista aveva realizzato un affresco piuttosto inquietante, con Il gaucho (1964) si spinge oltre frontiera per verificare le condizioni di vita di quegli italiani che si erano trasferiti in Argentina in cerca di fortuna. Il film, inoltre, offre l’opportunità agli sceneggiatori per restituire un’immagine squallida e cialtrona del nostro cinema: la piccola rappresentanza di un film, capitanata da Marco Ravicchio (Gassman), parte alla volta di Buenos Aires per partecipare a un festival. Ne esce un quadro umano miserabile, tra le attricette incolte e sciocche, il produttore attento solo al denaro e all’amante, uno sceneggiatore di sinistra mobbizzato e una vecchia gloria del cinema (la brava e ironica Silvana Pampanini) che fa il verso a se stessa. A condurre questo manipolo scomposto troviamo un Gassman in stato di grazia, ancor più scatenato del Bruno Cortona de Il sorpasso. Azzeccati, inoltre, altri due personaggi chiave del film: l’ingegner Maruchelli (interpretato da un Amedeo Nazzari in grande forma), ricco industriale da tempo trasferitosi in Argentina con una nostalgia ossessiva per l’Italia, e Stefano Liberati, l’amico di università ritrovato da Marco, a cui offre il volto il sempre eccellente Nino Manfredi (che venne premiato con una Grolla d’Oro).

Il gaucho si sviluppa con un ritmo molto concitato, puntellato da un umorismo caustico, a tratti crudele, dispensato con abilità da Gassman, che si muove scaltramente nel campionario umano che lo circonda, in cerca di quel colpo di fortuna che potrebbe risanare la sua incerta situazione economica. Infatti, sebbene l’Italia stesse affacciandosi su una stagione di grande e lunga prosperità, Risi non manca di sfatare il mito dell’opulenza del boom facendo incontrare i due vecchi amici, Marco e Stefano. Il primo crede che il secondo abbia sfondato e lo cerca per un prestito; in realtà lo trova in una situazione di miseria totale. Imbarazzante e divertente al tempo stesso, il loro ritrovarsi è di un’amarezza unica. Due spiantati che non ce l’hanno fatta a prendere il treno del successo. In questo senso, Il gaucho offre più di un collegamento con Il sorpasso: è innegabile che Ravicchio ricordi molto Cortona. Sono due personaggi speculari. Anzi, se si volesse fantasticare, si potrebbe dire che Ravicchio, in un certo senso, potrebbe essere considerato un vero e proprio sviluppo del protagonista del celebre film di Risi.

Il gaucho quando uscì non fu particolarmente apprezzato dalla critica e dal pubblico, e neanche da chi lo realizzò. Lo stesso Gassman disse che girarlo all’estero provocò non pochi problemi e che forse durante le riprese si era persa la misura. Giudizio che poi mutò successivamente, laddove molti anni più tardi affermò: «Soffrì molto di essere girato in un paese assai disorganizzato. Le cose non funzionavano, andavamo tutti un po’ di fretta. A rivederlo guadagna. Aveva una carica di volgarità e di cattiveria umoristica genuina. Avevamo un po’ perso la misura. Ma il film non era stupido.» No, il film non era assolutamente stupido e rivedendolo oggi, dopo tanti anni, si ha la sensazione di assistere a un’acuta analisi che, tra una battuta e l’altra, solo il grande Dino Risi era in grande di fare.

 

 

Luca Biscontini