Stasera in tv su 7Gold alle 23,30 (canale 78 DT) Il grande silenzio, un film del 1968 diretto da Sergio Corbucci. Scritto e sceneggiato da Mario Amendola, Bruno Corbucci, Sergio Corbucci e Vittoriano Petrilli, con la fotografia di Silvano Ippoliti, il montaggio di Amedeo Salfa, le scenografie di Riccardo Domenici, i costumi di Enrico Job e le musiche del maestro Ennio Morricone, Il grande silenzio è interpretato da Jean-Louis Trintignant, Klaus Kinski, Frank Wolff, Vonetta McGee, Marisa Merlini, Luigi Pistilli, Mario Brega, Carlo D’Angelo. A causa della quantità di violenza in esso presente, Il grande silenzio fu vietato ai minori di 18 anni in Italia, limitandone quindi gli incassi al botteghino, essendo inoltre uscito nelle sale italiane sotto le feste natalizie. Il film ottenne risultati migliori sul mercato francese e su quello tedesco-occidentale, in gran parte grazie alla presenza di Trintignant e di Kinski.
Trama
Dalle colline dello Utah, la neve e la miseria spingono a valle disperati e fuorilegge alla macchia, selvaggina di passo per i cacciatori di taglie. Contro Tigrero, il più spietato di essi, si leva un pistolero muto chiamato Silenzio. Tra i due ci si mette di mezzo uno sceriffo, ma il drammatico epilogo è solo rinviato.
Il grande silenzio è un caposaldo del filone spaghetti western. Diretto da Sergio Corbucci, lo stesso di quell’altro magnifico affresco che fu Django, Il grande silenzio non parla di praterie desolate o di cittadine fantasma; il silenzio del titolo si riferisce al personaggio protagonista, interpretato da Jean Louis Trintignan, che dimostra ancora una volta, qualora ce ne fosse stato bisogno, la sua grande duttilità. Il suo fare schivo e giusto si contrappone alla mercenaria insensibilità di Tigrero (Klaus Kinski), antagonista agli antipodi col personaggio triste e silente di Trintignan. È la storia dei pollici saltati, della prontezza nell’estrarre il ferro, delle distese perennemente innevate. Sulle note (meno peculiari che altrove) di Ennio Morricone, un western crepuscolare, senza fronzoli, anticonformista.
Il West di Corbucci non è fatto di ampi spazi polverosi e battuti dal sole, ma si concentra sul gelo che cristallizza una piccola comunità di confine, sferzata da tormente di neve e dall’illegalità, tratteggiando una storia di derelitti e fuorilegge senza alcuna possibilità di salvezza o redenzione e intrisa di cinismo, nella quale il giustiziere Silenzio è antieroe mutilato e fragile, vittima di un mondo spietato e senza regole, estremizzazione crepuscolare del pistolero solitario e solenne incarnato da Clint Eastwood.
Il grande silenzio del titolo rappresenta sia la voce mancante del protagonista, sia il senso di morte che pervade i luoghi della narrazione, soffocati da sangue e neve, dopo la violenza che si consuma nel tragico e inaspettato finale. Un epilogo spiazzante che risolleva una pellicola dall’andamento talvolta lento, comunque inframmezzato da sequenze violente e d’impatto; un film non del tutto coerente, ma decisamente apprezzabile. Perfida la caratterizzazione del personaggio Tigrero da parte Klaus Kinski. Corbucci girò un finale alternativo, più rassicurante e in linea con la tradizione western dell’happy ending, per la distribuzione della pellicola all’estero.
Luca Biscontini
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