Stasera in tv Il ragazzo di campagna, con Renato Pozzetto

Stasera in tv su Rete 4 alle 21,20 Il ragazzo di campagna, un film del 1984 diretto da Castellano e Pipolo, con Renato Pozzetto. Il ragazzo di campagna rappresenta un piccolo film di culto nella storia del cinema italiano. Fin dall’uscita nelle sale emerse come uno snodo focale nella cultura cinematografica del Paese, essendo tra le prime rappresentazioni satiriche delle contraddizioni insite in quella che veniva definita la Milano da bere; a posteriori la sua importanza è accresciuta, sia per essere diventato una sorta di «contenitore di memoria urbanistica» circa la Milano del tempo, sia per aver dato vita a vari modi di dire entrati da allora nella cultura di massa italiana. Con Renato Pozzetto, Massimo Serato, Massimo Boldi, Donna Osterbuhr, Clara Colosimo, Franco Diogene, Enzo Cannavale, Enzo Garinei, Sandra Ambrosini.

Trama
Artemio abita al paese: quattro case sperdute nella campagna dove non succede mai niente e l’unico spettacolo è il passaggio del treno. Artemio vuole andarsene e si decide al grande passo quando gli viene proposto come prospettiva il matrimonio con la desolante Maria Rosa. Ma nella tentacolare metropoli al nostro eroe ne succedono di tutti i colori, sia per quanto riguarda la ricerca di un lavoro che sul piano delle esperienze sentimentali. Il pretesto narrativo è senza dubbio memore delle antiche fortune cabarettistiche di Pozzetto, ma il risultato cinematografico è, una volta di più, povero e sciatto.

Cos’è che dopo più di trent’anni è rimasto indelebilmente impresso nell’immaginario cinematografico di più generazioni e non cessa di provocare un autentico divertimento? Perché Il ragazzo di campagna, un film oltremodo semplice e neanche, diciamocelo, particolarmente riuscito (Castellano e Pipolo in quegli anni seppero fare meglio con Adriano Celentano), continua ad avere un folto pubblico, come dimostrano gli svariati passaggi televisivi nel corso degli anni? Probabilmente è proprio la semplicità estrema della sceneggiatura, che ha esaltato le capacità interpretative di Renato Pozzetto, il quale deve il suo successo alla particolare attitudine di sembrare sempre avulso dalle situazioni cinematografiche in cui si ritrova, come se fosse lì per caso, laddove è proprio questa frizione a creare l’effetto comico che più lo caratterizza. In questo senso, Il ragazzo di campagna, in cui seguiamo le gesta del contadino Artemio alle prese con la tentacolare e caotica metropoli di Milano, esalta al massimo grado le virtù del suo protagonista, che si aggira in un mondo completamente diverso dal suo, provocando situazioni esilaranti a ripetizione.

Nella prima parte, quando ancora Artemio si trova nella sua frazione di origine, assieme all’anziana madre (l’ottima caratterista Clara Colosimo), l’umorismo, che pure c’è, è legato a episodi che trovano la loro forza nella scrittura di scena, mentre successivamente, dopo l’arrivo in città, Pozzetto può sbizzarrirsi calzando a pennello il ruolo di straniero che, a causa della sua sprovveduta innocenza, si mette sempre nei guai. C’è l’incontro con una donna moderna, un po’ mascolina, ma indiscutibilmente bella (quella Donna Osterbuhr consegnata alla storia, proprio grazie alla partecipazione a questo film), e il conseguente innamoramento, che, forse, se non fosse stato per l’indigenza del mite Artemio, sarebbe potuto anche andare a buon fine. Poi Massimo Boldi, il cugino ‘scoreggione’, e qui la comicità si fa demenziale e pecoreccia; arriviamo, infine, alla scena madre, quella del residence: un loquace Enzo Garinei accompagna Pozzetto tra le pareti azzurre di un loculo, dotato, nella sua ristrettezza, di ogni comfort; gli spiega come poter utilizzare ciascun mini reparto del suo nuovo alloggio. Il protagonista all’inizio è comprensibilmente spaesato, ma in seguito, in preda all’eccitazione dovuta all’invaghimento per la bella signora che ha di recente conosciuto, sfrutta al massimo le potenzialità del piccolo rifugio e………tac! Quel tac! è penetrato come una lama nelle teste di tutti noi e ogni volta che ci capita di assistere alla celebre sequenza non possiamo smettere di sorridere. Pozzetto in quel momento incarna in maniera esemplare l’entusiasmo del neofita, alle prese con le diavolerie del progresso, e, dunque, scatta un immediato processo d’immedesimazione che porta lo spettatore a condividere con lui quell’effimera impennata d’umore, che poi scema rovinosamente a seguito dell’intossicazione che il protagonista accusa dopo aver consumato un pasto a base di cibi in scatola. Infine, il ritorno alle origini e, soprattutto, la riscoperta di un’inaspettata Maria Rosa (Sandra Ambrosini), la quale, con meno brufoli e meglio agghindata, riesce finalmente a far breccia nel cuore di Artemio. Seguiamo infine i due alle prese con un ‘casareccio’ viaggio di nozze a bordo di un trattore, carrozzato ‘Pininfarina’ (due sacchi di farina sono stati caricato sul traino).

Castellano e Pipolo in quell’anno (1984) vinsero l’ennesima sfida, realizzando un film che, ancora una volta, ha superato la prova del tempo, a dimostrazione di quanto la loro capacità di lettura della realtà – la loro nuova formula di commedia – riuscì a interpretare gli umori del pubblico, offrendo ogni volta operette gradevoli, senza grandi ambizioni, ma in grado di fermare sulla pellicola le atmosfere di un periodo storico (quello degli anni ’80) con le sue virtù e i suoi vizi.

 

 

Luca Biscontini