Stasera in tv J. Edgar di Clint Eastwood, con Leonardo DiCaprio

Stasera in tv su Iris alle 21 J. Edgar, un film del 2011 diretto da Clint Eastwood, da una sceneggiatura di Dustin Lance Black. Il film racconta la carriera del direttore dell’FBI J. Edgar Hoover a partire dagli attentati anarchici nel 1919 fino al giorno della sua morte nel 1972, affronta anche la vita privata e la presunta omosessualità di Hoover. J. Edgar è stato il film d’apertura del AFI Fest 2011 il 3 novembre 2011, successivamente è stato distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi da Warner Bros. il 9 Novembre, in edizione limitata, e l’11 Novembre in larga distribuzione. In Italia è uscito il 4 Gennaio 2012. Il film è interpretato da Leonardo DiCaprio, Armie Hammer, Naomi Watts, Ed Westwick, Jeffrey Donovan e Judi Dench.

Trama
La vita di J. Edgar Hoover, direttore dell’FBI per oltre mezzo secolo, è caratterizzata da un lato dal suo operato pubblico e dall’altro dalla complessa e chiacchierata vita privata. Circondato sempre dalla fedele segretaria Helen e consigliato dalla rigida madre Anne Marie, Hoover contribuisce a creare il mito dell’organizzazione investigativa federale americana, occupandosi in prima persona di riorganizzarne struttura e metodi applicativi e di condurre la lotta contro il mondo dei gangster. Mentre il suo potere cresce a dismisura, fino a intimorire anche i presidenti americani, molte voci cominciano a insinuare dubbi sul vero legame che intercorre con il braccio destro Tolson, sospettato di essere il suo amante.

“Dopo una serie di documenti di contro-informazione new left e anni 70 molto dettagliati e critici su questo ‘metodo Hoover’ (…), e i capolavori polemici di Larry Cohen e Emile De Antonio, anche Clint Eastwood, controstorico dell’America da sempre, da Callaghan a Iwo Jima, da Grenada alla depressione, da Charlie Parker al genocidio west, capace di coniugare l’analisi storica con le sue profonde implicazioni immaginarie e simboliche, come neppure Arthur M. Schlesinger jr. è stato mai capace di fare, torna a Hoover (impersonato – con un ovvio sfoggio di make up pesante, alla ‘Il divo’, spesso davvero imbarazzante – da un feroce e delicatissimo Leonardo Di Caprio), monumento rimosso dell’essere americano, ma modificando tono e punto di vista. Non tanto perché in J. Edgar Eastwood racconta la lunga e mai interrotta storia d’amore virile e platonica tra il capo dell’Fbi e il suo braccio destro, costringendo il pubblico a stare sempre dalla parte di un innamorato frustrato nelle sue più represse passioni e pulsioni (da una educazione puritana che ne ha deformato personalità e sessualità). Ma perché il punto di vista mai liberal del repubblicano lincolniano in stato di allarme Clint (…) è assai più convincente quando sentenzia che Hoover sembra come lui ma è all’opposto, è il sintomo di un morbo fanatico e fondamentalista, di una malattia pericolosa e profonda che ha avvelenato lo stesso individualismo, drastico e democratico americano, e che forse è all’origine della profonda crisi di civiltà che sta distruggendo il baricentro spirituale del suo paese.”
(Roberto Silvestri, Il Manifesto, 4 Gennaio 2012)

“Dopo l’Howard Hughes di The Aviator (2004), Leonardo DiCaprio si cala ancora una volta nei panni di una figura dell’iconografia americana caratterizzata più da ombre che da luci. Il suo Hoover, massimo esponente di quel potere corrotto ritratto da Eastwood in molti dei suoi precedenti film, è incarnato con sorprendente mimetismo, al di là del pesante e grottesco makeup. Il regista tralascia intere pagine storiche, accennando appena al rapporto conflittuale con i Kennedy, all’omicidio JFK e l’ambiguo legame con la mafia; al contrario, insiste sulle ossessioni private di Hoover (l’ambizione, l’odio per il comunismo, ma anche il rapporto simbiotico con la madre), delineando il profilo di una personalità inquieta, compulsiva, probabilmente megalomane e incapace di accettare la propria omosessualità. Nel raccontarlo, la mano del regista è sicura e il risultato è una pellicola elegante, solida e ricca di interessanti sfaccettature psicologiche. Superando i limiti dei consueti biopic, il film diventa una testimonianza storica toccante e di notevole profondità. Ottima Naomi Watts (la fedelissima segretaria Helen Gandy), eccellente Judi Dench (la madre)”.
(LongTake)

 

 

Luca Biscontini