Stasera in tv La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri, con Gianmaria Volonté

Stasera in tv su Cine34 alle 23,30 La classe operaia va in paradiso, un film del 1971 diretto da Elio Petri, scritto con Ugo Pirro, vincitore del Grand Prix per il miglior film al Festival di Cannes 1972. Il film è stato girato nella fabbrica Ascensori Falconi di Novara che, in quel periodo, aveva interrotto la produzione ed era stata anche oggetto di una interrogazione parlamentare del comunista Lucio Libertini. Fu presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale del cinema libero di Porretta Terme, dove si tenne l’anteprima mondiale. In quell’occasione il regista Elio Petri e Gian Maria Volonté, al termine della proiezione, si recarono negli stabilimenti della DEMM, storica industria meccanica della cittadina appenninica, a discutere con gli operai l’alienazione e i meccanismi sociali prodotti dalla catena di montaggio. Suscitò alla sua uscita una forte ondata di polemiche. Scritto e sceneggiato da Elio Petri e Ugo Pirro, con la fotografia di Luigi Kuveiller, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le scenografie di Dante Ferretti e le musiche di Ennio Morricone, La classe operaia va in paradiso è interpretato da Gian Maria Volonté, Mariangela Melato, Mietta Albertini, Salvo Randone, Gino Pernice, Luigi Diberti, Flavio Bucci, Corrado Solari. Prodotto da Ugo Tucci.

Trama
Ludovico Massa detto Lulù, metalmeccanico rozzo e crumiro, è il perfetto archetipo del lavoratore senza coscienza di classe. Abile sul lavoro, si ammazza di fatica per mantenere moglie e amante. Completamente mutato, in seguito ad un incidente sul lavoro che gli ha fatto perdere un dito, si schiera contro il meccanismo del cottimo.

“Jean-Marie Straub, al festival di Porretta Terme, parlando della Classe operaia, disse che film così vanno bruciati. Io raccontai quella che era lo storia di tutti, di come in questa società non si possa vivere che nell’alienazione. Il rapporto del tempo esistenziale con quello produttivo, in un operaio, è evidentemente il lato più drammatico della sua giornata, e io mi occupai soprattutto di quello. Oltretutto era la cosa più semplice da afferrare, la cosa che anche io che non avevo frequentato le fabbriche potevo capire subito. Da ragazzo avevo fatto per qualche mese l’edile, e sapevo che gli operai si somigliano, un operaio romano non è tanto dissimile da uno milanese, forse solo nella cultura ma non certo nel rapporto con l’esistenza, che è identico”.
(Elio Petri)

“Con il mio film sono stati polemici tutti, sindacalisti, studenti di sinistra, intellettuali, dirigenti comunisti, maoisti. Ciascuno avrebbe voluto un’opera che sostenesse le proprie ragioni: invece questo è un film sulla classe operaia”.
(Elio Petri)

“Lulù è un personaggio complicato e contraddittorio: qualunquista ma rivoltato, buon padre e buon coniuge ma separato dalla moglie, convivente con un’amante, dedito alle avventure; collerico ma rassegnato, serioso ma ironico, furbo ma ingenuo, e così via. In sostanza Lulù è quell’animale sociale tra tutti misterioso che è l’uomo spoliticizzato. L’artista spoliticizzato è portato fatalmente all’arte per l’arte; l’operaio spoliticizzato, alla fabbrica per la fabbrica. E infatti la storia di Lulù è, in gran parte, la storia del suo rapporto con l’odiata-amata fabbrica. Elio Petri con La classe operaia va in paradiso ha fatto probabilmente il suo film migliore. Accanto alla creazione del personaggio di Lulù, per molti versi ammirevolmente tipico, questa ci pare la vera novità del film di Petri: aver saputo collegare dialetticamente l’operaio alla fabbrica come al suo ambiente naturale, come cioè il pescatore al mare o il contadino al campo. Il film ha i suoi momenti migliori là dove Petri, con amarezza e ironia, illustra la parte quotidiana, esistenziale della condizione operaia. L’interpretazione di Gian Maria Volonté è stupefacente di bravura mimetica e immedesimazione caratteriale. Accanto a lui bisogna ricordare Salvo Randone assai efficace nella parte del vecchio operaio ammattito”.
(Alberto Moravia)

“La scansione ritmica, cioè la divisione del tempo, la sua misura, sono cose di cui non mi accorgo quando compongo. Ed evidentemente in ogni film c’è una ragione per la quale divido il tempo in un certo modo. In Indagine non la tratta esattamente di una marcia, ma di un tango che mira a un risultato grottesco. Nella Classe operaia è diventata una marcia, con riferimento al film precedente. Cerco ora di giustificarmi perché non ci ho mai riflettuto sopra veramente. Forse la marcia degli operai, le loro rivendicazioni, il ritmo del lavoro (per il quale ho utilizzato uno strumento elettronico che imitava la pressa) tutto questo ha contribuito alla mia decisione di scegliere per il film una marcia”.
(Ennio Morricone)

 

 

Luca Biscontini