Stasera in tv La patata bollente di Steno

Stasera in tv su La7 alle 23 La patata bollente, un film del 1979 diretto da Steno. Il film di Steno seguì di pochi mesi l’uscita della pellicola italo-francese Il vizietto di Édouard Molinaro del 1978, adattamento cinematografico di una commedia di Jean Poiret messa in scena nel 1973, con Ugo Tognazzi e Michel Serrault, che in Italia aveva ottenuto un grande successo di pubblico. Nella colonna sonora del film compare la canzone Tango diverso, scritta dal leader degli Squallor, Totò Savio, destinata a diventare una canzone simbolo per gli omosessuali italiani, fino ad essere scelta come inno ufficiale del Gay pride svoltosi a Bologna nel 2008. Prodotto da Achille Manzotti, scritto e sceneggiato da Steno, Giorgio Arlorio ed Enrico Vanzina, con la fotografia di Emilio Loffredo, il montaggio di Raimondo Crociani, i costumi di Silvio Laurenzi e le musiche di Totò Savio, La patata bollente è interpretato da Renato Pozzetto, Edwige Fenech, Massimo Ranieri, Mario Scarpetta, Adriana Russo, Clara Colosimo, Luca Sportelli.

Trama
Operaio e sindacalista nella fabbrica Enicem, Bernardo Mambelli è il portavoce dei colleghi presso i superiori, dai quali è particolarmente stimato. Un giorno salva da un pestaggio di neofascisti un certo Claudio e lo porta a casa sua. Claudio, però, è un omosessuale e questo porta lo scompiglio nella vita di Bernardo: i vicini sospettano, i colleghi lo canzonano. La fidanzata lo sposa per far tacere le malelingue.

Che nostalgia viene a rivedere, dopo qualche anno, un film delizioso come La patata bollente di Steno: la stagione della commedia all’italiana, sebbene nella sua fase finale, riusciva ancora a produrre delle opere di indubbio valore, realizzando una felicissima sintesi tra il bisogno di affrontare questioni importanti, di natura sociale e antropologica, e l’esigenza di intrattenere piacevolmente il pubblico, il quale, tra una risata e l’altra, veniva convocato ad assumere una posizione netta rispetto a taluni temi che richiedevano una presa di coscienza.

Nel 1979 quale era la percezione dell’omosessualità nel mondo progressista della sinistra italiana? Gli sceneggiatori de La patata bollente (lo stesso Steno, Giorgio Arlorio e Enrico Vanzina) seppero costruire una storia ben strutturata, basata in parte sul collaudato gioco dell’equivoco, in cui a fare da sfondo c’era il mondo della fabbrica, con i problemi derivanti dal disinteresse dei padroni circa il miglioramento delle condizioni dei lavoratori, ancora legati a una rappresentanza sindacale rivelatasi irrimediabilmente inadeguata a interpretare in modo corretto le nuove esigenze provenienti dal corpo sociale.

Maria (interpretata dalla sempre opportuna e abbagliante Edwige Fenech), dopo aver assistito all’ennesima proiezione di un film russo con sottotitoli in un cinema d’essai (il titolo che campeggia sul manifesto è un fantasioso “Uomo operaio”), inveisce contro il fidanzato, Bernardo Mambelli, detto “il Gandi” (un Renato Pozzetto efficace), affermando senza andare per il sottile: “La classe operaia il sabato si vuole divertire”. Questa semplice ma assai tagliente battuta rendeva conto, già allora, delle nevrosi di un mondo che stava per essere definitivamente sussunto da un capitalismo sempre più fluido, per cui le sacrosante lotte che in passato avevano seriamente e giustamente animato la vita politica del nostro paese perdevamo fatalmente consistenza, finendo per divenire, nel loro anacronismo, materiale proficuo per una commedia. Steno fu abilissimo a disegnare, con rapide ma incisive pennellate, una situazione bloccata, stantia, che chiedeva di essere profondamente riformata.

A sparigliare le carte in tavola ci pensa Claudio (un Massimo Ranieri abile e credibile), un ragazzo omosessuale che, dopo essere stato sottratto a un pestaggio a opera dei fascisti, irrompe nella vita di Gandi, obbligandolo a rivedere le proprie posizioni. Il sillogismo era pressappoco questo: Gandi odia i fascisti; i fascisti odiano gli omosessuali; Gandi sta dalla parte degli omosessuali (leggi: la sinistra non può mantenere un atteggiamento neutro nei confronti dell’omosessualità, deve esporsi). Insomma, ci si rende facilmente conto di quanto una commedia come questa, con alle spalle un lavoro di scrittura solido e ben indirizzato, potesse scuotere le menti degli spettatori e costituire un utile strumento per far ripartire un dibattito che si era da tempo addormentato.

L’entusiasmo provocato dalla visione de La patata bollente resiste al passare degli anni, laddove il film nella sua immediatezza, freschezza e acutezza non corre il pericolo di essere archiviato in quanto obsoleto; semmai è il contrario: un senso di sconforto assale lo spettatore, il quale, reduce dall’esperienza della commedia italiana contemporanea, non può che rimpiangere quel glorioso passato, in cui non degli intellettuali, ma degli uomini intelligenti, seppero interpretare al meglio i sentimenti che serpeggiavano nell’animo di un popolo che, forse per la presenza della Chiesa (generatrice implacabile di nevrosi), non era mai riuscito ad assumere un atteggiamento opportuno rispetto ad una questione che non poteva essere più accantonata (con tutto l’imbarbarimento culturale che una tale chiusura poteva comportare). La patata bollente è un film prezioso da mostrare alle nuove generazioni (che magari l’avranno visto distrattamente nei vari passaggi televisivi) e da riproporre a tutti quelli che non ne avessero compreso fino in fondo l’indiscutibile valore.

 

Luca Biscontini