Stasera in tv L’età dell’innocenza di Martin Scorsese

Stasera in tv su La7 alle 21,5 L’età dell’innocenza (The Age of Innocence), un film del 1993 diretto da Martin Scorsese. È tratto dall’omonimo romanzo di Edith Wharton del 1921 vincitore del Premio Pulitzer. Martin Scorsese abilmente utilizza tre colori che sono il pilastro di tutto il percorso filmico: rosso, giallo e bianco. Il rosso caratterizza il dolore inespresso, la carica sentimentale di Newland (Daniel Day-Lewis) verso Ellen Olenska; il giallo, specifico di Olenska (Michelle Pfeiffer), è il colore della felicità, della vivacità, della disinibizione e dell’isolamento a cui la donna sarà destinata; il bianco è il colore della totalità, aristocratico, dalla natura ambigua, poiché può essere definito come l’unione di tutti i colori o non-colore, è il colore di May (Winona Ryder). Con Daniel Day-Lewis, Michelle Pfeiffer, Winona Ryder, Mary Beth Hurt.

Trama
New York, 1870. Newland Archer, ricco avvocato, è fidanzato con May Welland, una ragazza bella e aristocratica, ma fatua e superficiale. L’avvocato inizia però a nutrire seri dubbi sulla propria vita, chiedendosi se sia possibile cambiare i piani prestabiliti del matrimonio dopo l’arrivo della cugina della fidanzata, la sofisticata quanto affascinante contessa Ellen Olenska. La donna sta tentando di divorziare dal marito che la maltratta, un conte polacco che l’ha segregata dalla vita sociale. Mentre Newland, su richiesta della famiglia, cerca di dissuaderla per evitare uno scandalo, i due si innamorano, senza che fra loro ci sia mai un contatto che va oltre un unico bacio. L’uomo si fa sempre più disilluso nei confronti dell’alta società a cui appartiene, ma decide di continuare il suo matrimonio quando May gli comunica di essere incinta.

“Dal romanzo (1920) di Edith Wharton. New York, 1870: un giovane avvocato di successo s’innamora di una contessa, donna libera ed eccentrica da poco tornata dall’Europa dove ha abbandonato il marito, ma, fidanzato con una ragazza della buona società, deve rinunciare al grande amore. L’hanno paragonato a un film di Ivory (ma senza il suo viscontismo estenuato) per la cura maniacale del décor (arredi, abiti, cibi, gioielli, ecc.). La continuità con i film precedenti è evidente: il bel mondo ottocentesco è governato dalle stesse ferree leggi e liturgie tribali di Quei bravi ragazzi . Più che innocente, il protagonista è un idiota conformista come, benché camuffati, lo sono molti personaggi scorsesiani. Interpreti funzionali e ottimi contributi tecnici: fotografia di Michael Ballhouse, scene di Dante Ferretti, costumi di Gabriella Pescucci (premio Oscar), titoli di testa di Elaine e Saul Bass che collaborarono anche per Quei bravi ragazzi, Cape Fear e Casinò . Il romanzo era già stato filmato nel 1924 e nel 1934 (con Irene Dunne e John Boles)”.
(Il Morandini)

“Sublime esempio della grandezza di un regista che oltre alla maniacale attenzione per i dettagli e le ricostruzioni d’epoca, possiede un’innata predisposizione nel saper svelare i contorti avvicendamenti dell’essere umano. Scorsese fa di New York una bomboniera di luccicanti e sfarzosi dettagli, dove però alberga la vacuità di uomini che hanno perso per sempre l’età dell’innocenza e vivono un’esistenza di facciata, dove l’etichetta e il galateo regolano i sentimenti umani. Come ovattato in uno scenario freddo e magnificente, il regista sottolinea con efficace perfidia la crudeltà dei suoi personaggi, anche della dolce e fragile May disposta a tutto pur di negare al suo promesso sposo la libertà di amare. Inutile non parteggiare per la contessa Ellen, fin troppo progredita per il suo tempo, una donna che non ha spento la propria passionalità in nome di uno status symbol e che sarà capace di dichiarare il proprio amore davanti ad uno scandaloso quadro di Khnoppf, datato 1896 e che, come lei è assolutamente fuori tempo. Alla perfezione stilistica contribuiscono l’opera di Dante Ferretti per la scenografia e di Gabriella Pescucci per gli eleganti costumi (premiata con l’Oscar). Mentre le passioni negate vengono sublimemente rese da un Daniel Day-Lewis irresistibile. Una sorta di animale in gabbia che sfiora istanti di libertà ma sa perfettamente che sarà costretto a rinunciarvi. Al suo fianco una straordinaria Michelle Pfeiffer che rivela, dietro un’apparente fragilità e delicatezza, una passionalità repressa che traspare dai suoi infuocati sguardi. Tutto dalle scenografie alle delicate e calcolate movenze dei protagonisti, s’inscrive in un quadro perfetto, equilibrato che Scorsese tratteggia con esemplare raffinatezza e appassionato ardore”.
(Film&Chips)

“Scorsese riesce a intessere una storia disperatamente intimista all’interno di un altero gioco al massacro sociale. Tutto è dal punto di vista di Newland, nei momenti successivi della maturazione della sua coscienza. La bella gente di New York è sontuosa alla prima rappresentazione del Faust e al ballo dei Beaufort, amichevole alla cena dei van der Luyden per Ellen, fastidiosamente bianca e impettita in vacanza a Newport, minacciosa e ipocrita nella cena di addio a Ellen dei giovani Archer, dove Newland vede finalmente il balletto impercettibile con il quale lui e Ellen vengono tenuti impegnati e separati nel dopo cena. Vien quasi da pensare che tutto, come la storia di Clive Candy, sia un lungo, consapevole flashback di Newland vecchio, seduto su quella panchina di Parigi”.
(Emanuela Martini, Cineforum n. 327, Settembre 1993)

 

 

Luca Biscontini