Stasera in tv Lo squalo di Steven Spielberg

Stasera in tv su Rete 4 alle 21,20 Lo squalo (Jaws), un film horror del 1975 diretto da Steven Spielberg, basato sul romanzo del 1974 di Peter Benchley. Generalmente ben accolto dalla critica, Lo squalo divenne il film con maggior incasso nella storia all’epoca, e lo rimase fino all’uscita di Guerre stellari (1977). Vinse tre premi Oscar per il montaggio, il sonoro e la colonna sonora a John Williams, oltre a consacrare la fama di Steven Spielberg allora regista poco conosciuto di appena 28 anni, ed è spesso citato come uno dei film migliori di sempre. Fu seguito da tre sequel, nessuno dei quali vide la partecipazione di Spielberg o Benchley, e da molti thriller imitativi. Con Robert Shaw, Roy Scheider, Richard Dreyfuss, Lorraine Gary.

Trama
La cittadina di Amity, situata su un’isoletta dell’oceano atlantico, deve al turismo la sua prosperità. Una sera, una ragazza viene dilaniata da uno squalo enorme. Davanti alla denuncia del fatto, lo sceriffo Martin vorrebbe far sospendere le balneazioni, ma si trova di fronte l’opposizione del sindaco, preoccupato per gli inconvenienti economici di una tale decisione. Il mostro però colpisce ancora. Martin organizza una squadra con l’anziano pescatore Quint e con l’oceanologo Matt Hooper.

Lo squalo, nel pieno degli anni ’70, inaugura una maniera nuova di vedere (e sentire) l’orrore. Nel biennio precedente erano usciti altri due titoli che giocavano con l’orrore immergendolo nella luce del mondo contemporaneo, Non aprite quella porta e L’esorcista, ma quella di Spielberg è un’operazione più duratura, che incide sul mainstream. Come tutti i grandi simboli, lo squalo è tante cose. Interpretazioni in chiave di metafora sessuale o politica si sono susseguite da subito. Eppure, come diceva un grande critico italiano, Franco La Polla, lo squalo è anzitutto uno squalo, come il Moby Dick di Melville. Una creatura fisica, un vettore di suspense. Proprio questo suo essere anzitutto motore del racconto gli consente di poter rappresentare tante cose, ma oggi la cosa più interessante è forse vederlo anche come espressione di un’epoca.

Quando gira lo squalo Spielberg ha 28 anni, ha lavorato molto per la tv e ha fatto un solo film per il cinema, Sugarland Express. Tra i lavori televisivi però c’è uno dei suoi capolavori, Duel, storia di un uomo inseguito per strada da un misterioso camion di cui non vediamo mai il guidatore. Un film, se vogliamo, che anticipa qualcosa Lo squalo, con un “mostro” che fa da contenitore di ansie indefinite. Lo Spielberg degli anni ’70 è molto diverso da quello successivo: ancora immerso nello spirito più o meno contestatore della New Hollywood, un cinema che cercava di rendere protagonista gli autori, di scardinare il potere delle major e aggiornare stile e contenuti. Dopo la catastrofe economica di 1941 – Allarme a Hollywood, Spielberg imparerà la lezione e negli anni ’80 si farà, come regista e come produttore, abilissimo costruttore di miti e di fiabe che rileggono il cinema del passato, dalla saga di Indiana Jones a E.T., pur non rinunciando talvolta a confrontarsi con i grandi drammi storici (da Il colore viola a L’impero del sole).

Quella che accoglie Lo squalo è una società inquieta, in crisi (Nixon si è dimesso nemmeno un anno prima, Saigon cade poche settimane prima dell’uscita del film). Spielberg, va detto, elimina molti elementi di critica sociale presenti nel romanzo di Peter Benchley (c’era addirittura la criminalità organizzata) e mette in ombra i personaggi femminili: quello che gli interessa è l’azione. Però proprio in questi giorni di tumulti fa uno strano effetto guardare un film in cui le autorità politiche mettono a repentaglio la sicurezza dei cittadini, negando l’esistenza del pericolo per non danneggiare l’economia, e tra i personaggi si fanno strada sotterranee tensioni sociali (il sindaco che rifiuta la realtà dello squalo finché può, il rude cacciatore proletario, lo scienziato borghese). Perché il mostro è uno, ma coloro che lo combattono hanno storie, aspirazioni, problemi sociali assai diversi, e le contraddizioni esplodono. Vi ricorda qualcosa?”
(Emiliano Morreale, La Repubblica, 12 Giugno 2020)

 

 

Luca Biscontini