Stasera in tv L’uomo fedele di e con Louis Garrel

Stasera in tv in prima visione su Rai 5 L’uomo fedele, un film del 2018, il secondo diretto da Louis Garrel dopo l’esordio alla regia con Due amici. Sceneggiato da Louis Garrel e Jean-Claude Carrière (con la collaborazione di Florence Seyvos), con la direzione della fotografia di Irina Lubtchansky, le scenografie di Jean Rabasse e i costumi di Barbara Loison, L’uomo fedele è interpretato da Louis Garrel, Laetitia Casta, Lily-Rose Melody Depp, Joseph Engel.

Trama
Marianne lascia Abel per Paul, il miglior amico di lui e padre del bambino non ancora nato che lei porta in grembo. Otto anni dopo, Paul muore e Abel e Marianne tornano insieme. Così facendo, suscitano sentimenti di gelosia sia in Joseph, il figlio di Marianne, sia in Eve, la sorella di Paul da sempre segretamente innamorata di Abel.

“In letteratura, si distinguono il racconto e il romanzo come due forme diverse. Mi piace pensare a L’uomo fedele come a un racconto breve, a una sorta di “cortometraggio” insolito, fresco e sorprendente, in antitesi con un pesante dramma psicologico. In sintesi, potrei dire che è una commedia sui comportamenti contemporanei”.
(Louis Garrel)

Il prologo del film possiede la grazia arguta e un po’ desueta di quei cortometraggi con cui, sul finire degli anni Cinquanta, Truffaut e compagni andavano facendosi le ossa (penso, ad esempio, a Charlotte et son Jules di Godard). Le esitazioni, gli affanni e le paure della vita di coppia, i disamori, i tradimenti, gli abbandoni, i traumi della rottura amorosa, i rapporti tra genitori e figli: sono questi da sempre i temi al centro della produzione di Philippe Garrel. E sono i temi che ritornano in questo secondo lungometraggio, come regista, di Louis Garrel (il suo film d’esordio, Les deux amis, del 2015, era anch’esso incentrato su un triangolo amoroso), privati però delle estremità drammatiche (e linguistiche) del cinema del padre, dei suoi accenti più gravi e dolenti.

Garrel figlio non appare interessato alla dimensione del tragico, alla registrazione della sofferenza, ma opta per la leggerezza aerea e lo humour. L’uomo fedele conserva la levità festosa, l’eleganza sottilmente beffarda, l’agile tessitura ritmica di un vaudeville d’altri tempi. A contare, nel film, è soprattutto il taglio burlesco e caricaturale del racconto. Racconto che nella sua studiatissima orchestrazione narrativa (alla sceneggiatura c’è un certo Jean-Claude Carrière) sembra voler virare talora verso le atmosfere del giallo (Joseph arriva a insinuare che la madre possa aver avvelenato il marito). Si sente che Garrel ha ben assimilato la lezione dei maestri della Nouvelle Vague. E se le coloriture thriller della vicenda possono far pensare a Chabrol, lo sviluppo del triangolo amoroso, il discorso sul desiderio, il rapporto con il femminile rimandano al cinema di Rohmer: il Rohmer dei Racconti morali o di Un ragazzo, tre ragazze.

L’uomo fedele del titolo è un giovanotto vulnerabile, maldestro e irresoluto (persino al ristorante non sa decidere tra i piatti del menu), incapace di conservare il controllo sugli eventi che pur lo riguardano, e di relazionarsi, in modo adulto, con un femminile che, ai suoi occhi, si rivela un universo enigmatico e sfuggente (e proprio per questo ammaliante). Le due donne che nel film si contendono l’uomo oggetto, nel riproporre e aggiornare i ruoli dell'”eletta” e della “seduttrice” che erano propri dei Racconti morali rohmeriani, esibiscono i volti antitetici e pur complementari di una femminilità inquietante nella sua gelida determinazione. Esse non subiscono le esitazioni del maschio, ma le sfruttano a proprio vantaggio ricorrendo alla manipolazione e all’inganno. Abel, l’uomo fedele in amore ma irresoluto nelle sue scelte, dovrà giocoforza consegnarsi nelle mani di un femminile indomito e vittorioso. Nella sua sottomissione troverà paradossalmente la salvezza”.
(Nicola Rossello, Cineforum, 10 Aprile 2019)

 

 

Luca Biscontini