Stasera in tv Madre! di Darren Aronofsky, con Jennifer Lawrence e Javier Bardem

Stasera in tv su Mediaset Italia 2 alle 21,15 Madre!, un film del 2017 scritto e diretto da Darren Aronofsky, con protagonisti Jennifer Lawrence e Javier Bardem. Il film è stato proiettato in concorso alla 74ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Madre! è stato distribuita nelle sale cinematografiche statunitensi a partire dal 15 settembre 2017, mentre in quelle italiane dal 28 settembre seguente. Le musiche del film sono state composte da Jóhann Jóhannsson, ma non sono state utilizzate nella versione definitiva che risulta priva di colonna sonora. Si tratta del primo film di Aronofosky non musicato da Clint Mansell. Con Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Ed Harris, Michelle Pfeiffer, Domhnall Gleeson.

Trama
Una coppia vede la propria relazione messa alla prova quando degli ospiti non attesi arrivano nella loro abitazione, sconvolgendo la loro tranquilla esistenza.

Condizione indispensabile per tentare di aprire un varco attraverso cui penetrare all’interno di Madre!, discussissima, ultima opera di Darren Aranofsky, presentata in concorso alla scorsa edizione della Mostra del Cinema di Venezia, è quella di non cadere nella trappola di schiacciare il film su un’unica, presunta, chiave interpretativa, laddove un tale approccio ridurrebbe fatalmente l’ampio ventaglio di significanti messi in circolo, eroicamente e anche un po’ gaiamente, dal visionario regista di The Wrestler.

Con questa premessa non si vuole certo incensare aprioristicamente le due ore di visione in cui, in un titanico corpo a corpo, si relazionano ‘la madre’ (un’afona e un po’ amazzone Jennifer Lawrence) e ‘lui’ (Javier Bardem, il carismatico attore, sempre affascinante e intenso), il suo compagno, uno scrittore colto nel momento di una snervante crisi creativa. Una mastodontica casa-bunker immersa in un paesaggio edenico, magnificamente rimessa in piedi dall’amore eccessivo e claustrofobico della donna, è il luogo simbolico in cui prende corpo la ‘rappresentazione’ della loro relazione: è il tempio dedicato al Dio dell’Amore di cui ‘la madre’ è la vestale, una sorta di accanita sacerdotessa, non incline a mediare. Presenza cocciutamente ‘estiaca’ (Estia era la dea vergine della casa e del focolare. Suo simbolo era il cerchio e la sua presenza era avvertita nella fiamma viva, posta nel focolare rotondo al centro della casa e nel braciere circolare nel tempio di ogni divinità. Estia santificava la casa), l’aspirante madre non concede margini di movimento all’estroso uomo con cui condivide quotidianamente gli spazi; è soffocante, colonizzatrice, a suo modo violenta.

Non è da meno il suo compagno, un borghesuccio tronfio, grottescamente immedesimato nel suo ruolo di scrittore, con tutta la vanità e il narcisismo che tale atteggiamento senza dubbio comporta. All’amore invadente, escludente, materno di lei – che ricorda non poco quello subito da Marcello ne La dolce vita dalla compagna morbosamente gelosa – reagisce parassitariamente, nutrendosene a fini creativi e sbarazzandosene quando, una volta espulsa l’opera (“l’opera va espulsa” affermava provocatoriamente Carmelo Bene), sente il naturale bisogno di auto celebrarsi, come fosse un eroe che torna dal proprio popolo dopo aver sconfitto il nemico che incombeva, più che mai pronto a godere dei deliranti, estatici festeggiamenti preparati per glorificare le sue imprese. L’incommensurabilità delle loro rispettive costituzioni ontologiche conferma più che mai il celebre adagio lacaniano per il quale: “non esiste il rapporto tra i sessi, perché esiste il godimento, perché ciascuno gode da solo: ciò che esiste è solo il godimento dell’Uno, il godimento fallico come godimento dell’organo, limitato, circoscritto, autoerotico”.

Di fronte allo svelamento di questa drammatica autoreferenzialità si rovescia l’assunto classico della psicanalisi (l’oggetto non è la meta del desiderio, ma la sua causa, e come tale è informe; è dietro il soggetto, non davanti). In tale prospettiva appare senz’altro più comprensibile quel ‘patetico’ resto visivo (il cristallo che compare all’inizio e alla fine del film) che ‘lui’ cerca in tutti i modi di salvare. L’ordine simbolico (la casa) è continuamente esposto alla distruzione, non c’è possibilità per esso di acquisire una struttura consistente. Quindi, anche se pure il maschio non può sottrarsi alla ripetizione di un movimento che fornisce un’illusione momentanea di stabilità, egli, almeno, nella declinazione aranofskyana, ha il vantaggio rispetto alla donna di esserne istintivamente consapevole, laddove lei, invece, combatte come una leonessa per tentare di fermare un processo (quello dello smantellamento del palcoscenico della rappresentazione) inevitabile; sono, comunque, entrambi alla mercé di un meccanismo che non possono dominare, ma in cui, tutt’al più, possono lasciarsi scorrere, risucchiati da un vorticoso divenire.

Chi scrive è persuaso che Aranofsky abbia meditato non poco su tali questioni (la differenza, per esempio, tra oggetto del desiderio e oggetto piccolo a), giungendo, così, al risultato di spiazzare non poco lo spettatore poco avvezzo a tali, spinosi argomenti di natura etica, estetica e filosofica; eppure le intense suggestioni evocate dalla furiosa, strabordante, eccessiva, commovente messa in scena del regista americano non possono non provocare istintivamente talune profonde reazioni nell’animo di chi guarda. Anche chi scrive ha introiettato inconsciamente diverse sensazioni che hanno trovato espressione nell’inquietudine onirica della notte successiva alla visione.

Non è un film volutamente o compiaciutamente criptico Madre!, semmai esattamente il contrario: è un’opera in cui Aranofsky cerca di essere sincero fino in fondo, finanche rischiando di scivolare nell’osceno (magari capitasse più spesso), di scontrarsi con un’incomprensione generalizzata o con una reazione difensiva da parte di critica e pubblico (che non hanno esitato a definire il suo film barocco, naif o kitsch). Nonostante la narrazione non sempre abbordabile, Madre!, è bene sottolinearlo, è un film godibilissimo, di cui non possiamo che consigliare caldamente la visione.

 

 

Luca Biscontini