Stasera in tv Marnie di Alfred Hitchcock

Stasera in tv su Rete 4 alle 23,30 Marnie, un thriller psicologico del 1964 diretto da Alfred Hitchcock, tratto dall’omonimo romanzo di Winston Graham del 1961. Il film è sceneggiato da Jay Presson Allen, allora famosa per il successo riscosso nel suo adattamento teatrale di The Prime of Miss Jean Brodie di Muriel Spark. Hitchcock voleva una sceneggiatrice, affinché la storia fosse scritta da un punto di vista femminile, rinunciando sia a Joseph Stefano, suo sceneggiatore in Psyco, che aveva cominciato l’adattamento prima della produzione de Gli uccelli ma che in quel momento non era libero, sia ad Evan Hunter, a cui aveva affidato il lavoro dopo la rinuncia di Stefano. Come al solito, Hitchcock riserva un’inquadratura per se stesso: in questo caso, all’inizio del film, è un cliente dell’hotel ove alloggia anche la protagonista mentre esce da una stanza e guarda Marnie che si allontana lungo il corridoio, per poi volgere per pochi secondi lo sguardo direttamente verso la macchina da presa. La colonna sonora è di Bernard Herrmann, l’ultima scritta da questi per Hitchcock. Dopo un decennio di grandi successi, questo film di Hitchcock fu contestato dalla critica in modo esplicito e quasi unanime, ma in seguito è stato molto rivalutato ed oggi viene considerato l’ultimo vero capolavoro del maestro inglese. Con Tippi Hedren, Sean Connery, Diane Baker, Martin Gabel, Louise Latham, Alan Napier.

Trama
Marnie è una ladra che dopo ogni furto cambia identità. Viene riconosciuta da Mark, che si innamora di lei, e la pone di fronte all’alternativa della prigione o del matrimonio. Lei accetta di sposarlo, ma è nevrotica, frigida, e soggetta a terribili incubi. Mark è deciso a scoprire cosa abbia provocato in Marnie questa serie di nevrosi.

“Mi piaceva soprattutto l’idea di far vedere l’amore feticista. Un uomo vuole andare a letto con una donna perché è una ladra, così come altri vanno con una cinese o con una nera. […] Ho pensato di costruire la storia in quest’altro modo; avrei fatto vedere l’uomo mentre guarda e perfino contempla segretamente un vero furto. Poi avrebbe seguito Marnie la ladra, l’avrebbe presa fingendo di avere ritrovato le sue tracce e l’avrebbe posseduta recitando la parte dell’uomo oltraggiato. Ma non si possono rappresentare veramente queste cose sullo schermo perché il pubblico le rifiuterebbe, direbbe “Ah no! Questo no!””.
(Alfred Hitchcok)

Marnie, tratto da un romanzo omonimo di Winston Graham, è una vera e propria mirror gallery: dalla prima scena all’ultima inquadratura sul porto di Baltimora, lo schermo è occupato dalla ladra nevrotica impersonata da Tippi Hedren e tutte le donne che ne costituiscono un riflesso. La strategia iconografica mediante cui Hitchcock esplicita il legame tra la protagonista e le altre attrici è semplice ed immediata: quasi tutte le interlocutrici di Marnie hanno i capelli biondi, mentre l’unica antagonista, Lil, sfoggia un caschetto bruno. Marnie parla costantemente con se stessa e non sopporta se qualcuno, specie se un uomo insistente come Mark Rutland, si intromette nel suo solipsismo, magari tentando di curare la nevrosi che la tiene prigioniera.

Il maschile è quindi cifra di angoscia e timore e la protagonista prova ad esorcizzarlo con il furto, tramite cui afferma silenziosamente la propria superiorità sul raggirato di turno. Di tutti gli ambienti impiegati, è la casa materna a simboleggiare, con una scelta scontata quanto efficace, il nucleo affettivo di Marnie: con l’apertura della porta d’ingresso veniamo ammessi nell’angolo più nascosto della psiche, a faccia a faccia con il trauma sapientemente custodito dalla madre. Non è quindi casuale che l’unico modo di espugnare le difese emotive di Marnie sia far penetrare all’interno delle mura domestiche una figura maschile, in grado di rimettere ordine nella sua mente disturbata e avviare un complesso processo di guarigione.

Interessante è la scelta del cast: Hitchcock avrebbe preferito assegnare la parte di Marnie a Grace Kelly che però, essendo divenuta Principessa di Monaco, non aveva intenzione prestare il proprio volto ad una cleptomane psicopatica. Dopo aver vagliato Vera Miles e Claire Griswold, il regista si convince a contattare Tippi Hedren, scoperta in una pubblicità di soft drinks, e firma così due film con l’attrice prima di abbandonarla in favore di Julie Andews. Per il male lead, Hitch sceglie Sean Connery, liberandolo momentaneamente, con suo grande sollievo, dalla maschera di James Bond. Curiosamente, nonostante la volontà di sfuggire all’identificazione totale con la spia inglese, Connery sfoggia qui il campionario completo degli ammiccamenti di 007, relegando il suo Mark Rutland a maschera di una maschera. Forse il film in cui Hitchcock si spinge più a fondo nell’esplorazione dell’animo femminile, Marnie è una gabbia di specchi, che proietta lo spettatore in mezzo alla querelle interiore di una donna ferita”.
(Gregorio Zanacchi Nuti, Cinefiliaritrovata.it, 27/06/2018)

 

 

Luca Biscontini