Stasera in tv Mine di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, con Armie Hammer

Stasera in tv su 20 alle 23,50 Mine, un film del 2016 scritto e diretto da Fabio Guaglione e Fabio Resinaro con protagonista Armie Hammer. Con la direzione della fotografia di Sergi Vilanova Claudin, le scenografie di Mani Martínez, i costumi di Coro Mateo Fombellida e le musiche di Andrea Bonini, Mine è interpretato da Armie Hammer, Tom Cullen, Annabelle Wallis, Clint Dyer, Geoff Bell, Juliet Aubrey. Il film è stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 6 Ottobre 2016 da Eagle Pictures e in quelle statunitensi dal 7 Aprile 2017 da Well Go USA Entertainment.

Trama
Il soldato Mike Stevens (Armie Hammer) sta tornando al campo base dopo una missione ma inavvertitamente poggia il piede su una mina antiuomo. Non può più muoversi, altrimenti salterà in aria. In attesa di soccorsi per due giorni e due notti, dovrà sopravvivere non solo ai pericoli del deserto ma anche alla terribile pressione psicologica della tutt’altro che semplice situazione.

L’idea non era nuova, visti i recenti No Man’s Land – Terra di nessuno e Land of Mine – Sotto la sabbia (quest’ultimo candidato all’Oscar di quest’anno per il Miglior Film Straniero) e soprattutto il poco riuscito Passo Falso (2014) di Yannick Saillet, in cui la situazione è praticamente identica, eppure Mine, dei registi italiani Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, riesce nel difficile intento di tenere desta l’attenzione dello spettatore per tutto l’arco dei 105 minuti di visione, in cui il protagonista (un intenso Armie Hammer), un giovane soldato in missione nel deserto di un paese non meglio precisato (si è evitato di politicizzare il film, mantenendosi su un registro psicologico), si trova bloccato dopo aver messo il piede su una mina. Non può muoversi, altrimenti farebbe la fine del compagno che è stato dilaniato sotto i suoi occhi da uno dei mortali ordigni sepolti sotto la sabbia.

C’è nel film una staffetta pressoché continua tra riflessioni di ampio respiro che evocano questioni universali, quali, ad esempio, la differenza tra le culture e il loro incontro, e altre di natura strettamente personale, laddove il malcapitato, stremato, disidratato, allucinato, ripercorre le tappe salienti della propria vita, immergendosi in flusso emotivo che sgorga improvviso, e le sue visioni trasfigurano l’ordine simbolico in cui è da sempre intrappolato; l’insuperabile impasse in cui si trova diviene metafora della sua incapacità (e della nostra) di avanzare, proseguire il cammino, anche quando eventi funesti e dolorosissimi ci si parano innanzi sbarrandoci la strada. Si è sull’orlo dell’abisso, paralizzati, ammutoliti da un destino che fatalmente incombe, ma è proprio quando tutto sembra perduto che, magicamente, si riesce a dare l’ultimo, portentoso colpo di reni, gettando il cuore oltre l’ostacolo, superando se stessi, riuscendo finalmente a rielaborare, in un batter d’occhio, quanto fino a quel momento ci aveva tenuto in ostaggio, neutralizzando (verrebbe da dire disinnescando) quell’occulto potere che ci dominava.

La formula è questa, abbastanza semplice dunque, ma Guaglione e Resinaro amministrano egregiamente i tempi del film (da loro stessi scritto), realizzando una riuscita commistione tra l’esigenza di intrattenere e quella di dare corpo a una riflessione non banale, che diviene esemplare nella misura in cui convoca lo spettatore a riesaminare anch’egli la propria vita, facendo una sorta di inventario per valutare lo stato in cui si trova e, eventualmente, a emulare l’impavido soldato, che diviene simbolo di un’umanità che ha recuperato la capacità di dare valore a ciò che davvero conta.

 

 

Luca Biscontini