Stasera in tv Morte a Venezia di Luchino Visconti

Stasera in tv su Cine34 alle 23 Morte a Venezia, un film del 1971 diretto da Luchino Visconti, tratto dal romanzo La morte a Venezia dello scrittore tedesco Thomas Mann. Presentato in concorso al 24º Festival di Cannes, grazie al quale Visconti vinse un Premio speciale del venticinquesimo anniversario. È il secondo capitolo della “trilogia tedesca”, di cui fanno parte anche La caduta degli dei (1969) e Ludwig (1973). Sceneggiato da Nicola Badalucco e Luchino Visconti, con la fotografia di Pasquale De Santis, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le scenografie di Ferdinando Scarfiotti, i costumi di Piero Tosi e le musiche di Gustav Mahler, Franz Lehár, Modest Petrovič Musorgskij e Ludwig van Beethoven, Morte a Venezia è interpretato da Dirk Bogarde, Silvana Mangano, Björn Andresen, Mark Burns, Romolo Valli, Marisa Berenson, Carole André, Nora Ricci, Franco Fabrizi.

Trama
Il musicista Gustav von Aschenbach, prossimo alla vecchiaia, prende alloggio nel lussuoso “Hotel des bains” del Lido di Venezia. Indifferente a tutto, viene colpito dalla bellezza di un adolescente, Tadzio, ospite con la sua famiglia nello stesso albergo. Dopo un fallito tentativo di fuga, non può fare a meno di pedinarlo. Venezia è in preda a un’epidemia di colera e Gustav si ammala.

“Sono nato nel 1906 e il mondo che mi ha circondato, il mondo artistico, letterario, musicale, è quel mondo lì. […] Ci sono attaccato come un melo che nasce in un meleto ha le sue radici in quella terra e non in una spiaggia araba. Ma d’altra parte se si vuole raccontare una certa società bisogna pur raccontarla nel contesto dell’ambiente in cui quella società viveva. Oggi è tutto diverso. Se dovessi fare oggi un film moderno non so dove andrei a cercare i miei ambienti […]. La società europea fino alla Prima guerra mondiale è stata quella dei più grandi contrasti e dei maggiori risultati estetici. Il mondo contemporaneo invece è così livellato, così grigio, così poco estetico”.
(Luchino Visconti)

“Solo apparentemente la storia di Luchino Visconti rassomiglia alla storia di Thomas Mann. Visconti narra non tanto la decadenza di un artista corrotto dalla vecchiaia, quanto il peccato di un innamorato che non sa amare come potrebbe. E si ha l’impressione che la cornice interessi il regista ancor più che Gustav von Aschenbach e Tadzio. Visconti ha puntigliosamente e struggentemente ricostruito il mondo precedente la prima guerra mondiale, o almeno la fetta di mondo del bel mondo, di una società condannata”.
(O. Del Buono, “Thomas Mann corazzato da Visconti”, L’Europeo, 16 Marzo 1971)

“Si tratta del film più congeniale al suo autore: il primo forse, in cui egli si sia espresso compiutamente dal principio alla fine, senza limiti di alcun genere. Per la prima volta Visconti, anziché ridurre la materia che aveva di fronte, per costringela nelle dimensioni di un normale spettacolo cinematografico, ha dovuto ampliarla. E l’ha ampliata secondo il suo stile più genuino: che non è quello di complicare un intreccio là dove esso è tenue o, addirittura non esiste, bensì di esprimersi per sequenze maestose, di impadronirsi di uno spunto, dilatandolo e analizzandolo nei suoi minimi particolari. Quel certo che di ‘grandioso’, presente in quasi tutti i film di Visconti, sta appunto in tale peculiarità del suo stile: si esalta per espansione, non per accumulazione”.
(C. Cosulich, “Un abito fatto su misura”, ABC, 12 Marzo 1971)

“Che Tadzio sia davvero esistito già lo si sapeva. Ma una conferma viene anche da Venezia. Chi ha conosciuto Tadzio è Emma Segrè, contessa di illustre casato: «Ricordo che il primo anno che arrivai al Lido strinsi amicizia proprio con alcuni polacchi che avevano il capanno vicino al mio. Erano quattro fratelli: tre femmine e un maschio. Le ragazze erano bionde e simpatiche, il ragazzo era molto bello, portava i capelli lunghi e aveva gli occhi di un azzurro intenso. Il ragazzo si divertiva a distruggere le nostre costruzioni di sabbia oppure ci spruzzava d’acqua. La sua indifferenza verso di me e i suoi dispetti mi facevano molto soffrire. Non sapevo spiegarmi perché un ragazzo così bello dovesse essere tanto cattivo. Ricordo ancora il suo nome perché era abbastanza strano: Tazio o Tezio, mi pare…»”.
(V. Maddaloni, “Sì, ho conosciuto Tadzio il giovinetto di Morte a Venezia”, Domenica del Corriere, 1 Giugno 1971)

Luca Biscontini