Stasera in tv Nella città l’inferno, con Anna Magnani e Giulietta Masina

Stasera in tv su Rete 4 alle 00,45 Nella città l’inferno, un film del 1959 diretto da Renato Castellani. Il film è tratto dal romanzo Roma, via delle Mantellate, pubblicato nel 1953 da Isa Mari (pseudonimo di Luisa Rodriguez Mercurio, figlia dell’attore e regista del tempo del muto Febo Mari) ed è basato su una personale esperienza dell’autrice che per motivi politici era stata rinchiusa in quel carcere per 8 mesi. Prodotto da Giuseppe Amato, con la sceneggiatura di Suso Cecchi d’Amico e Renato Castellani, con la fotografia di Leonida Barboni, il montaggio di Jolanda Benvenuti, le scenografie di Ottavio Scotti, i costumi di Beni Montresor e le musiche di Roman Vlad, Nella città l’inferno è interpretato da Anna Magnani, Giulietta Masina, Myriam Bru, Renato Salvatori, Alberto Sordi, Cristina Gaioni, Anita Durante, Milly Monti, Marcella Rovena, Miranda Campa, Sergio Fantoni.

Trama
A torto accusata di furto, l’ingenua Lina finisce nel carcere femminile delle Mantellate. Egle, una recidiva dal passato torbido, la prende subito in simpatia e si mette a insegnarle qualcosa della vita. Cambieranno entrambe: una in un senso, l’altra in quello opposto, ma il carcere resta sempre un inferno.

Nella città l’inferno (1959) di Renato Castellani, merita una particolare menzione perché è il primo film italiano del sottogenere cinematografico comunemente definito ‘Women in prison’ o WIP, che negli anni Settanta conoscerà la sua vera e propria esplosione connotandosi di un marcato erotismo. Qui siamo invece ancora sul terreno del Neorealismo, corrente della quale il regista Castellani fu un esponente minore, bollato dalla critica come neorealista ‘rosa’, per l’eccesso di sentimentalismo presente nelle sue opere, come Due soldi di speranza. Nella città l’inferno infatti non scivola su quel terreno patinato e si mantiene saldamente su quello di un affresco ben riuscito di un microuniverso carcerario femminile, in particolare quello della prigione delle Mantellate, a quel tempo distaccamento di Regina Coeli.
La sceneggiatura, firmata da Suso Cecchi D’Amico, la quale trascorse come ospite molto tempo in carcere per trarne ispirazione, è tratta da un romanzo autobiografico dal titolo Roma, via delle Mantellate, ed evidentemente quell’approccio antropologico ebbe successo, perché lo script è credibile nei dialoghi, con figure minori come quella di Moby Dick o della contessa, tratteggiate benissimo e capaci di arricchire di colore ed umanità la carrellata di figure presenti fra le sbarre.

Certo, il titolo, Nella città l’inferno, suggerisce la rappresentazione di una realtà ben più truce e dolorosa di quella che risulta dalla visione di questo film, in cui le detenute tutto sommato vivono una condizione dignitosa e tutelata, ma probabilmente i tempi nel sessanta non erano ancora maturi per offrire allo spettatore immagini troppo crude e violente. Il che comunque rimane un punto debole della pellicola, troppo edulcorata nel descrivere la quotidianità delle recluse, nonostante la fotografia di Leonida Borboni sia eccellente nel conferire la consona atmosfera claustrofobica e buia. Ciò in cui invece il film risulta efficace ed ancora attuale è la descrizione del sentimento della noia e della rassegnazione verghiana che attanaglia quasi tutte le detenute, le quali ormai non sperano più in una redenzione, vinte dalla consapevolezza frustrante che il loro destino sia ormai segnato e che anche quando la pena sarà scontata, e torneranno fuori, sarà solo per un breve periodo, in quanto faranno inevitabilmente ritorno, prima o poi, alle patrie galere.

In mezzo a tutta questa disperazione e a questo sconforto, però, c’è una ragazza ancora molto giovane e carina, Marietta, (interpretata dalla bella Cristina Gajoni) la quale ancora può farcela e, dunque, conserva a ragione la speranza di cambiare e di non tornare più lì, anche grazie a un bravo giovane che parrebbe intenzionato a starle accanto e forse a sposarla una volta liberata. La trama vede una ragazzetta, Lisa Borsani (interpretata da Giuletta Masina, nella solita veste di purezza ingenua e fanciullesca che le cadeva a pennello), che, pur innocente, viene accusata di complicità nel furto occorso presso la casa signorile dove era a servizio e per questo incarcerata nel penitenziario delle Mantellate. Senza rivelare troppo, dirò che in carcere ella perderà gradualmente la propria ‘innocenza’ in senso lato, per effetto della cattiva influenza delle compagne.

Dopo un traumatico inizio, Lina si fa benvolere dalle altre detenute e in particolare da Egle (Anna Magnani), la quale, dura, scanzonata, inacidita dalle esperienze della vita, è una delle leader del carcere e rappresenta simmetricamente l’opposto del carattere del personaggio di Lina. Un mostro di bravura la Magnani  vinse il David di Donatello come migliore attrice per questa parte), che offre una recitazione talmente naturale, potente e convincente al punto da giganteggiare su tutte le altre, compresa la pur ottima Masina, anche perché molte delle comprimarie del film furono scelte volutamente fra autentiche ragazze di Trastevere, come la formula neorealistica dettava. Piccola parte, quasi un cameo, per un giovanissimo Alberto Sordi, che calza perfettamente nei panni del piccolo ladro e truffatore e non si lascia dimenticare”.
(Massimiliano Bellino, Cinema Italiano Database, 5 Aprile 2017)

 

 

Luca Biscontini