Stasera in tv Nudo di donna di e con Nino Manfredi

Stasera in tv su Cine34 alle 00,50 Nudo di donna, un film del 1981 diretto da Nino Manfredi. È uno dei film più enigmatici e meno noti di Manfredi, qui anche regista oltreché attore protagonista, interpretato a fianco di Eleonora Giorgi e Jean-Pierre Cassel. Tutta la storia è ambientata nella città di Venezia, poco prima del carnevale. Prodotto da Franco Committeri, tratto dal racconto omonimo di Paolo Levi, con il soggetto di Nino Manfredi e Paolo Levi, la sceneggiatura di Age, Ruggero Maccari, Nino Manfredi, Furio Scarpelli e Silvana Buzzo, la fotografia di Danilo Desideri, il montaggio di Sergio Montanari, le scenografie di Lorenzo Baraldi, i costumi di Luca Sabatelli e le musiche di Maurizio Giammarco e Roberto Gatto, Nudo di donna è interpretato da Nino Manfredi, Eleonora Giorgi, Carlo Bagno, George Wilson, Jean-Pierre Cassel, Donato Castellaneta, Beatrice Edith Ring Fiocchi, Antonio Barpi, Giuseppe Maffioli.

Trama
Dopo sedici anni di matrimonio, Sandro non riesce più a conciliare il suo carattere spontaneo e vivace con quello di sua moglie Laura, una donna veneziana colta e posata. L’ennesima litigata lo spinge a lasciarla e a trovare rifugio presso la casa di un amico pittore. Tra i suoi molti quadri, ne scorge uno raffigurante una donna nuda, dall’incredibile somiglianza con la moglie.

Un film atipico nella sconfinata attività cinematografica di uno degli eroi della commedia italiana, Nino Manfredi, che per l’occasione oltre a interpretare dirige, dato che il tema trattato gli stava particolarmente a cuore: Nudo di donna è un niente affatto scontato trattatello sull’universo femminile, o meglio sull’immaginario fantasmatico che il maschio ha di esso. Manfredi, che aveva scritto soggetto e sceneggiatura, escluse, per i ripetuti contrasti che erano sorti, Alberto Lattuada, e prese il timone della regia, immortalando tra l’altro una malinconica Venezia, in cui il carnevale diviene metafora dello slittamento d’identità che la pacata Laura (una buona Eleonora Giorgi) innesca con il suo doppio Rirì, che Sandro (Manfredi) insegue tra le calli e i porteghi della città lagunare, dilaniato tra la necessità dell’amore coniugale e quella spinta erotica che lo induce a cercare nuovi stimoli.

L’incipit ci introduce subito nel dissidio interiore del protagonista e vediamo una gondola, con un angelo a prua e un diavolo a poppa, dirigersi nel cuore della città, preannunciando quello che sarà lo sviluppo di tutta la vicenda. Certo, ad essere onesti, c’è un po’ d’ingenuità nel lavoro di elaborazione della donna di Manfredi, dato che ciò che viene messa in scena è la dialettica tra due archetipi di femminilità tra loro, almeno nella testa del maschio, inconciliabili e il tutto si conclude con un tentativo di sintesi che inaugura un nuovo percorso da parte di Sandro. Insomma, si rimane impantanati all’interno della logica della relazione che, anche se riformata, almeno nelle intenzioni, sul piano delle dinamiche, non viene però davvero messa in discussione, laddove non si riesce a pensare qualcosa di alternativo ad essa, o che ne rielabori le coordinate. Eppure, non si può non elogiare lo sforzo sincero di Manfredi di mettersi in discussione, esponendo al pubblico le proprie debolezze e la volontà di pensare fino in fondo il rapporto uomo-donna, e considerando che il film è del 1981 non è poco. Eleonora Giorgi, reduce dal successo di Borotalco in coppia con Carlo Verdone, regala una buona prestazione, duettando egregiamente con un fuoriclasse quale Manfredi, che viene colto nel suo continuo andirivieni tra le due donne da essa interpretate. A sceneggiare, oltre al protagonista, ci sono tre autorità del cinema italiano quali Age, Scarpelli e Maccari, e il risultato è un film gradevole, non furbo, che pur con toni leggeri invita a riflettere su una questione che non cessa di richiedere una profonda elaborazione.

Da segnalare la bella sequenza finale, dove i due protagonisti si gettano nella folla di un carnevale che ricorda quello con cui Federico Fellini apriva il suo Casanova con Donald Sutherland, e in entrambi film, d’altronde, è proprio la donna che si cerca, senza alla fine davvero trovarla, un po’ come la ninfa che, non appena raggiunta, scompare. La donna eccede qualunque griglia che cerchi di inquadrarla, esorbita i limiti di qualsiasi rappresentazione e forse l’unico modo per non impoverirne la natura è rimanere fedeli alla volatilità del suo concetto, restando ostinatamente sulla sua traccia. Manfredi, un gigante del nostro cinema (chi scrive ha sempre in mente le sue straordinarie interpretazioni, in particolare nei film del compianto Luigi Magni), realizza con Nudo di donna la sua ultima regia cinematografica dopo Per grazia ricevuta (1971), lungometraggio che gli valse il premio per la miglior opera prima al Festival di Cannes.

 

 

Luca Biscontini