Stasera in tv su Rai Movie alle 23 Nuovo Cinema Paradiso, un film del 1988 scritto e diretto da Giuseppe Tornatore, con Philippe Noiret, Salvatore Cascio, Jacques Perrin, Leopoldo Trieste, Marco Leonardi, Leo Gullotta ed Enzo Cannavale. La versione internazionale di questo film (che, a differenza della versione originale di 173 minuti – presentata in anteprima mondiale a Bari in concorso al festival EuropaCinema – è stata ridotta a 123 minuti) vinse il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes del 1989 e l’Oscar per il miglior film straniero. Il film, uscito nel 1988 nella sua versione integrale da 170 minuti, fu un disastro al botteghino. L’anno successivo allora Tornatore decise di ripresentarlo in una versione accorciata della durata di circa 2 ore ma anche questa non venne accolta con calore dal pubblico e fu stroncata dalla critica. Solamente dopo il Festival di Cannes il film venne rivalutato. Ottenuta l’attenzione del pubblico mondiale, ottenne nel 1990 sia l’Oscar che il Golden Globe dedicati al miglior film straniero. Nell’edizione internazionale di 118 minuti, vengono tagliate quasi tutte le scene con la prostituta, oltre alle parti in cui Salvatore vede una ragazza (che poi scoprirà essere la figlia di Elena) e quella in cui rincontra Elena, ormai sposata e la fine del loro amore. Il ricordo della sua esperienza prima e poi del rapporto con la ragazza e la malinconia di quei giorni sono dunque, nella versione cinematografica, affidati totalmente alla rievocazione del passato nella mente del protagonista.
Trama
Siamo nell’immediato dopoguerra a Giancaldo, un paese della Sicilia. Il piccolo Salvatore è introdotto ai misteri dell cinema dal proiezionista Alfredo e lo sostituisce dopo che Alfredo è rimasto cieco in un incendio. Alla passione per il cinema si aggiunge l’amore contrastato per Elena. Dopo il servizio militare Salvatore si ferma a Roma, dove riesce a entrare nel mondo del cinema. Tornerà al paese per i funerali di Alfredo; troverà tutto diverso e un dono del suo vecchio amico.
«”Perché realizzare un’opera quando è così bello solo pensarla?”. Questa provocatoria frase di Pier Paolo Pasolini mi ha sempre ossessionato durante le riprese dei miei film, ma soprattutto nel corso dell’avventurosa realizzazione di Nuovo Cinema Paradiso. È fatale che la costruzione delle immagini imponga la trasformazione, anche radicale, di ciò che è stato inizialmente il film scritto. Anche le più belle e profonde parole devono talvolta cedere il passo alla più semplice delle immagini, è una crudele ma affascinante regola del cinema. Se si pensa poi che realizzare un film vuol dire anche dover rinunciare tutti i giorni a qualcosa, reinventare spesso ciò che originariamente poteva apparire immodificabile, allora ci si può figurare quale odissea debba vivere una storia nel viaggio che la conduce dalla pagina scritta alle ombre luminose dello schermo. E forse ci si può immaginare quante e quali siano le inquietudini di chi, in ciascun momento della lavorazione, è cosciente del fatto che il film cui sta per dar vita forse non sarà ciò che doveva essere. Nel caso di Nuovo Cinema Paradiso le paure di prammatica non sono cessate purtroppo con il tanto sospirato approdo allo schermo, anzi quello che doveva essere un punto d’arrivo si è rivelato immediatamente un punto di partenza per altri viaggi, con altre inquietudini».
(Giuseppe Tornatore)
“Attraverso il viaggio via flashback del regista Salvatore fino agli anni dell’infanzia nel paese siciliano fantastico di Giancaldo, Giuseppe Tornatore cesella un film dall’ampio respiro che irrompe coraggiosamente in un panorama produttivo all’epoca spesso segnato dal minimalismo del pensiero e dei mezzi. Sono nostalgia e ricordo a generare il film. Nostalgia e ricordo per quella sala buia destinata a scomparire. Una sala dove i fantasmi si materializzavano sulla grande vela bianca, dove le ombre dei divi e delle divine venivano evocate da un sacerdote chiamato proiezionista, per venire incanalate verso lo schermo attraverso la bocca di un leone ruggente di pietra. Tornatore dipinge il cinema come un rito venato di paganesimo e religiosità. Prima di conquistare uno dei più alti panieri di allori mai raggiunti da un film italiano (l’Oscar per il miglior film straniero e il Gran premio speciale della giuria a Cannes su tutti, ma anche il Golden Globe della stampa estera a Hollywood, il Gran Premio speciale della giuria dell’Oscar europeo Felix, il British Academy e il Premio Pasinetti), Tornatore si imbarcò in una vera e propria odissea montando tre versioni del film. La prima, integrale, durava 2 ore e 50 minuti e venne presentata in anteprima al festival Europa Cinema nel settembre del 1988. Per l’uscita nelle sale, in autunno, Tornatore tagliò circa un quarto d’ora: la risposta del pubblico fu tiepida. Il film vivacchiò fino all’invito di Cannes dove venne presentato ulteriormente alleggerito (2 ore e 3 minuti, si dice per il suggerimento del produttore Franco Cristaldi). Il risultato sulla Croisette riaprì al film le porte delle sale italiane e internazionali, e questa volta fu un trionfo”.
(Andrea Maioli)
Luca Biscontini
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