Stasera in tv su Rai 5 alle 22,15 Resina, un film del 2018 diretto da Renzo Carbonera ispirato dalla vera storia del Coro Polifonico di Ruda. Il film ha ottenuto diversi riconoscimenti in rassegne e festival locali e internazionali, come il World Fest Houston del 2019 (Special Jury Remi), il Gallio Film Festival del 2018 (Premio del Pubblico), il Parma Music Film Festival del 2018 (nel quale sono stati assegnati i premi per miglior interprete a Maria Roveran e il Premio speciale della critica) e il Green Movie Film Fest del 2017, che ha assegnato a Resina il premio come Miglior Film. Resina è stato presentato in anteprima italiana al Trento Film Festival, è stato selezionato tra i 13 film di “Estate d’Autore 2018” dalla FICE – Federazione Italiana Cinema d’Essai e distribuito nelle sale italiane a partire dal 31 Maggio 2018. All’estero il film è stato presentato in circa 20 festival internazionali e distribuito in una quindicina di Paesi tra Europa, Americhe, Asia e Africa. Con Maria Roveran, Thierry Toscan, Mirko Artuso, Diego Pagotto, Andrea Pennacchi, Vasco Mirandola, Valerio Mazzucato.
Trama
La giovane violoncellista Maria è delusa dallo spietato mondo della musica, così ritorna al paesino di montagna delle sue origini, una piccola enclave isolata dove si parla ancora una lingua arcaica: il cimbro. Qui, quasi per caso, o forse perché è impossibile non trovarsi all’unico bar della piazza, Maria entra in contatto con il glorioso coro polifonico maschile di cui faceva parte suo nonno. In realtà ora il tutto è in completo disarmo, affidato a una manciata di strampalati ubriaconi da bar. Quirino è l’unico di loro a non volersi arrendere all’evidenza e a sognare ancora di partecipare a un fantomatico concorso canoro, in grado di riportarli all’antico splendore. Per fare questo chiede aiuto a Maria, che accetta la sfida e sotto sotto vuole riavvicinarsi al mondo della musica.
“Resina è un film sulla musica, sul cambiamento climatico e sul rapporto conflittuale che abbiamo con la bellezza. È il film di una giovane donna in un mondo di uomini. È un film che riscopre una piccola comunità di montagna, che vanta una storia millenaria, che costituisce una ricchezza di cultura e tradizioni per questo territorio, e che rischia di sparire nell’oblio: i cimbri. La parabola di Maria e il suo legame contraddittorio con un’espressione di bellezza come la musica, segue la parabola della comunità che lei va a illuminare, alle prese con le prime difficoltà che il clima sta iniziando a porre, in maniera a volte appena percettibile ma già inesorabile, un po’ ovunque su questo pianeta”. (Renzo Carbonera)
Al suo esordio nel cinema di finzione, ma con una solidissima – e si vede – esperienza da documentarista alle spalle, Renzo Carbonera realizza un film ambizioso, in cui si allude a non poche significative questioni, in particolare a un tema decisivo quale quello della comunità. In un’epoca tragicomica come la nostra, in cui la temporalità forsennata del capitale ha prodotto una drammatica frammentazione e un fatale solipsismo, tornare a parlare di intersoggettività, di ciò che, in altre parole, ci costituisce in quanto individui, precedendoci logicamente e ontologicamente, è un gesto eroico e necessario, poiché è solo ripensando fino in fondo il tessuto connettivo che lega i singoli che si può tentare di guardare al futuro senza farsi travolgere da un prevedibile e comprensibile sconforto. Qual è l’elemento che oggi potrebbe ancora costituire il collante per tenere insieme la collettività, per valorizzare quell’essere-uno-per-l’altro che dovrebbe incarnare il senso ultimo dell’essere-nel-mondo dei soggetti?
Carbonera, che ha sceneggiato il film insieme ad Alessandro Bandinelli, azzarda, coraggiosamente, un’ipotesi: la bellezza. E non sbaglia. La comunità si raccoglie nella sua interezza intorno all’Evento della Bellezza, a un’opera (in questo caso i meravigliosi canti del Coro Polifonico di Ruda) che unisce e convoca a sospendere l’estenuante chiacchiericcio della quotidianità, imponendo un silenzio che, paradossalmente, non separa, ma fa stare insieme. È proprio nella ritualità del raccoglimento che ciascuno, pur nella totalità della comunità in cui è inserito, può tornare a fare esperienza del sacro, che la proliferazione del linguaggio e delle immagini ha sciaguratamente occultato. La musica, che come affermava il giovane Nietzsche ne La nascita della tragedia si distingue dalle altre arti in quanto “è un riflesso immediato della realtà”, non necessita dell’ingombrante visibilità dell’immagine, e proprio per tale ragione è il mezzo più opportuno per implementare l’afflato comunitario smarrito. Hegel parlava della bella eticità della polis greca e riteneva che lo stato platonico delineato ne La Repubblica non fosse una chimera (così come Kant); in particolare la bellezza delle arti assumeva un ruolo essenziale di coesione, esprimendo l’universalità del Vero che informava la società, senza che fosse necessaria la liberazione del particolare. Evitando di evocare inutili spettri di totalitarismi (che sono esattamente il fuori tema di questa analisi), ciò che rimane decisivo è la sensazione di sentirsi parte di un tutto in cui si ha il proprio posto, scampando la deriva dello sradicamento e del relativismo. Insomma, avere la possibilità di attenersi a una scala valoriale in base a cui guidare con sicurezza l’esistenza.
In Resina, inoltre, sono presenti sequenze di grande impatto, come quelle in cui la macchina da presa inquadra i paesaggi mozzafiato di Luserna (un comune di 269 abitanti della provincia di Trento in cui ancora si parla l’antica lingua cimbra), sempre avvolti da un manto di nebbia che ne acuisce il mistero e ne aumenta il fascino, e la musica giustapposta alle immagini crea una magica atmosfera di sospensione: viene in mente l’Herzog di Aguirre, ma anche il cinema bucolico del compianto maestro Ermanno Olmi. L’esordio di Renzo Carbonera, sia per i contenuti che per la forma, può essere considerato senz’altro riuscito e, vista la giovane età (1980), ci si augura che il regista possa ancora crescere con le opere a venire.
Luca Biscontini
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