Stasera in tv su La7 alle 23,30 Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?, un film commedia del 1968 diretto da Ettore Scola e interpretato da Nino Manfredi, Alberto Sordi e Bernard Blier. La sceneggiatura del film si basa su letture giovanili di Salgari, Verne, Conrad; il romanzo di Joseph Conrad Cuore di tenebra è esplicitamente menzionato da Sordi durante la pellicola ma non nei titoli. Il ruolo del commendator Di Salvio corrisponde a quello di Marlow, mentre Manfredi/Titino è il misterioso Kurtz. Inizialmente il regista Scola aveva pensato a Nino Manfredi, per la parte dell’editore Di Salvio, e a Alberto Sordi, per la parte di Oreste Sabatini. Tuttavia, per altri impegni di lavoro di Manfredi, che gli impedivano di prendere la parte da protagonista, fu deciso alla fine di invertire i ruoli. Prodotto da Gianni Hecht Lucari, con il soggetto e la sceneggiatura di Age & Scarpelli ed Ettore Scola, la fotografia di Claudio Cirillo, il montaggio di Franco Arcalli, le scenografie di Gianni Polidori, i costumi di Bruna Parmesan e le musiche di Armando Trovajoli, Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? è interpretato da Alberto Sordi, Bernard Blier, Nino Manfredi, Franca Bettoja, Giuliana Lojodice, Manuel Zarzo, Erika Blanc, Francesca Romana Coluzzi.
Trama
Fausto Di Salvio, un editore, parte per l’Angola in compagnia di un suo fedele collaboratore, il ragionier Ubaldo Palmarini, allo scopo di ritrovare il cognato Titino Sabatini del quale, andato in Africa anni addietro lasciando la moglie Marisa, manca da mesi qualsiasi notizia. Seguendo le tracce che questi si è lasciato alle spalle, i due scoprono che Titino è stato di volta in volta camionista, mercenario, missionario, ingegnere. Le ricerche conducono i due a uno strano tipo di donna che, dopo aver rivelato di essere stata amata da Titino, mostra loro la sua tomba. Ritenendo terminato il loro compito, Fausto e Ubaldo si accingono a ripartire per l’Italia, ma un portoghese, Pedro, li convince che Sabatini è ancora vivo e che al suo posto è stato seppellito un violino. Ripreso l’inseguimento del fantomatico cognato, Fausto lo scopre, finalmente, in un villaggio indigeno nei panni di uno stregone intento a invocare la pioggia. Dopo aver evitato, in cambio di un mucchietto di falsi diamanti, di morire per mano di un mercenario da lui imbrogliato, Titino si lascia in un primo tempo convincere a ritornare in Italia, ma, una volta sul battello, si getta in acqua e riguadagna la riva, per ricongiungersi all’amica tribù.
“In realtà non sono mai partito dall’ambientazione, per “Riusciranno i nostri eroi…” l’ispirazione è venuta da letture giovanili di Salgari, Verne, Conrad. E siccome erano tempi ricchi per il cinema si facevano i sopralluoghi in base al soggetto, poi si scriveva la sceneggiatura, così ho girato il continente africano dal Kenya al Sud Africa, al Ciad. In Angola ho trovato quello che cercavo: un ambiente in evoluzione. La colonizzazione portoghese volgeva al tramonto e conviveva con la guerriglia, l’indipendenza era ancora lontana. Nel modo di vivere della gente c’era una sorta di sospensione, di attesa. Luanda era moderna e poco lontano vivevano tribù selvagge come i Mukubu che abbiamo coinvolto nel film. Questa popolazione non aveva mai visto camion e automobili, quando abbiamo trasportato la troupe con un pullman erano terrorizzati, urlavano, era il loro primo viaggio. In Angola c’erano distanze di secoli a pochi chilometri”.
(Ettore Scola)
“Prima di partire, Alberto tentò tutto, perché gli piaceva il film, gli piaceva lavorare con me – io come sceneggiatore avevo fatto con lui già una decina di film, e due come regista – e questa storia da girare in Africa a lui piaceva molto, ma diceva: ‘Non ce la possiamo girare tutta a Fiumicino? Prendiamo qualche nero e facciamo tutto qui’. Perché lui era molto prudente, prevenuto, igienista. Infatti poi quando riuscii a trascinarlo in Angola, che tra l’altro era in piena guerra civile, all’inizio non toccò cibo. Beveva solo l’acqua minerale che ci eravamo portati dall’Italia. Poi passano sette o otto giorni e Alberto stava al centro di questa piccola tribù che avevamo raggiunto nel bush, dei boscimani mukubal che mangiavano in cerchio con al centro una grande caldaia piena di tapioca. Ognuno mangiava con le mani dallo stesso braciere. E Alberto era seduto tra loro e mangiava con loro! Questo faceva parte delle contraddizioni di Sordi. Lui una zona di pazzia l’aveva, grazie a Dio e si vede, anche! La sua pazzia quindi l’aveva anche portato ad adorare quella tribù, piena di bambini, tutti avvinghiati alle sue ginocchia, alle sue gambe. Al punto che poi, quando siamo partiti, tutta la tribù – sessanta, settanta persone – venne all’aeroporto a salutare Alberto. E di loro iniziativa questi mukubal intonarono in coro: “Albe’ nun ce lascia’!”. E tutti gridavano, alzando le braccia. È stata l’unica volta, in tanti anni, che ho visto Sordi piangere”.
(Ettore Scola)
“A proposito di un film di Sordi e Manfredi sull’Africa, che mi è piaciuto per la giustezza di un’osservazione di fondo, questa: l’italiano, nella sua qualità di personaggio comico, è un tentativo della natura di smitizzare se stessa. Prendete il Polo Nord: è abbastanza serio preso in sé. Un italiano al Polo Nord vi aggiunge subito qualcosa di comico, che prima non ci aveva colpito. Il Polo Nord non è più serio. La vastità della superficie ghiacciata è eccessiva. A che serve? Perché? Non si può far niente per rimediare? pensa il personaggio comico italiano. La savana, la giungla, i grandi spazi dell’Africa: due italiani bastano a corromperli. ‘Dottore!’, ‘Ragioniere!’. Non rinunziano ai loro titoli, guardano i grandi spazi, vi si perdono, li percorrono senza convinzione e dubbiosamente, ‘Con lei in Africa non ci vengo più’ eccetera. Quando due italiani si incontrano per caso all’estero, la loro prima reazione è un gran ridere. ‘Che fai qui?…’, ‘E tu?’. Infatti si suppone che se sono fuori casa è per motivi essenzialmente comici: il lavoro, la noia, una curiosità piena di riserve, le donne, i piaceri eccetera”.
(Ennio Flaiano)
Luca Biscontini
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.