Stasera in tv Roma città aperta di Roberto Rossellini

Stasera in tv su TV 2000 alle 20,55 Roma città aperta, un film del 1945 diretto da Roberto Rossellini. È una delle opere più celebri e rappresentative del neorealismo cinematografico italiano. È il film che fece acquisire notorietà internazionale ad Anna Magnani, co-protagonista insieme ad Aldo Fabrizi, qui in una delle sue interpretazioni più famose. È il primo film della trilogia della guerra antifascista diretto da Rossellini, a cui seguiranno Paisà (1946) e Germania anno zero (1948). In virtù del suo grande successo, il film ha a lungo definito l’immagine dell’occupazione tedesca di Roma e della Resistenza romana nell’immaginario collettivo. La pellicola venne presentata in concorso al Festival di Cannes 1946, dove ottenne il Grand Prix come miglior film. Ricevette inoltre una candidatura al Premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale e vinse due Nastri d’argento, per la miglior regia e la migliore attrice non protagonista (Anna Magnani). È stata in seguito inserita nella lista dei 100 film italiani da salvare, nata con lo scopo di segnalare “100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978”. Il film in versione restaurata dal “Progetto Rossellini” (formato dall’Istituto Luce Cinecittà, la Fondazione Cineteca di Bologna e la Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia) è stato proiettato in oltre 70 cinema nel mese di aprile 2014 per la Festa della Liberazione. Con Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Vito Annichiarico, Maria Michi, Marcello Pagliero, Francesco Grandjacquet, Harry Feist, Nando Bruno, Turi Pandolfini, Amalia Pellegrini.

Trama
Durante l’occupazione tedesca di Roma, l’ingegnere comunista Manfredi (Pagliero) che milita nella Resistenza prende contatti con un compagno tipografo. La Gestapo è sulle sue tracce, ma l’uomo trova rifugio presso l’abitazione di un sacerdote (Fabrizi) mentre l’operaio è arrestato e la sua donna (Magnani) viene uccisa da una raffica di mitra. La delazione di Marina (Michi), un’attricetta cocainomane che ha avuto in passato una relazione con Manfredi e che ora sta nel giro degli ufficiali tedeschi, consente loro di cattuare l’ingegnere e il prete. Il primo, benché torturato a morte, non rivela i nomi dei compagni; il prete viene fucilato mentre riceve l’ultimo saluto da alcuni ragazzini della sua parrocchia.

“Un prete e un comunista lottano per la stessa causa. Dietro di loro si muove un quartiere popolare di Roma, coi suoi casoni squallidi, I cortili in cui la storia di ognuno è la storia di tutti e dove la sofferenza e le speranze sono comuni. La forza di Roma città aperta è in questa molteplicità di elementi umani coagulati da un’unità superiore”.
(Carlo Lizzani, Storia del cinema italiano 1895-1961, Parenti, Firenze, 1961)

“Come un corpo può presentarsi allo stato amorfo o cristallizzato, l’arte di Rossellini sa dare agli atti, di volta in volta, la loro struttura più densa e più elegante: non la più gradita o “bella” ma la più acuta, la più diretta o la più tagliente. Con lui il neorealismo ritrova naturalmente lo stile e le risorse dell’astrazione. Rispettare il reale non significa, in effetti accumulare le apparenze, ma al contrario spogliarle di tutto ciò che non è l’essenziale, pervenire alla totalità nella semplicità. L’arte di Rossellini è lineare e melodica. È vero che parecchi suoi film fan pensare ad uno schizzo, in cui il tratto suggerisce più che dipingere compiutamente. Ma non bisogna confondere questa sicurezza di tratto per povertà o pigrizia; tanto varrebbe rimproverarla a Matisse! Forse Rossellini è davvero più disegnatore che pittore, più narratore che romanziere, ma la gerarchia dei valori non sta nei “generi” sta negli artisti!”.
(André Bazin, Difesa di Rossellini, Cinema nuovo, n.65, 1955)

Roma città aperta, per esempio: sempre più mi confermo che tra le matrici fondamentali di questo film c’è la commedia dell’arte.
La commedia dell’arte è un genere basato sull’improvvisazione: si parte da un canovaccio, da una situazione nota a tutti, e ci si serve di questa per muovere in diverse direzioni, costanti, nate dall’humus popolare. Le costanti però sono deformate, sono maschere. La caratteristica delle maschere è di essere estremamente semplici, banali a livello di contenuti psicologici, costanti nel comportamento e quindi prevedibili, riconoscibili. Questa fissità permette loro però di essere dei nuclei totali, dei punti fermi. Ora, in Roma città aperta, noi non corriamo che relativamente il rischio di immedesimarci nella vicenda o nell’epoca, perché non l’abbiamo vissuta e ne abbiamo solo ricordi riflessi, e le reazioni che abbiamo sono reazioni emotive sì ma di tipo ideologico, non diretto. Possiamo quindi vedere il film per quello che è: strutturalmente una favola, che rimanda a una realtà tragica con la puntualità della cronaca su fatti appena accaduti. Il prete buono che è sempre buono (sempre prevedibile, costantemente, come tutto il film, mentre i personaggi del cinema moderno sono contraddittori e imprevedibili); il comunista serio; la popolana generosa; l’ufficiale nazista sadico che è costantemente cattivo; la donna perversa; la donna debole e vittima eccetera. Il canovaccio da commedia dell’arte è Roma occupata dai nazisti: su questo canovaccio, con le maschere, Rossellini improvvisa la sua commedia dell’arte. Niente di meno neorealistico, o di più se per esempio identifichiamo nel neorealismo il tentativo di estrarre l’humus più profondo della cultura popolare italiana. Ora una delle cose geniali che io trovo in Rossellini è di cambiare ogni volta e di fare film diversissimi l’uno dall’altro. Questa totalità che è la sua caratteristica si realizza di volta in volta in film totali e (totalmente) diversi: il tramite è la sua persona. Non come Hitchcock, o Bresson, autori di un solo film che di volta in volta viene perfezionato, in una ripetizione ossessiva di un punto di vista unico, nevrotico, malato, sul mondo. Rossellini è uno che guarda la realtà con la voglia di cambiare punto di vista ogni volta. Già Paisà non è più la stessa cosa, il personaggio “unico” diventa un ambiente unico, anzi sei ambienti unici. Non più Pulcinella ma Napoli.
(Adriano Aprà, Dibattito su Rossellini, a cura di Gianni Menon, Partisan Edizioni, Roma, 1972)

 

 

Luca Biscontini