Stasera in tv su Canale 5 alle 23,30 Il pianista di Roman Polański

Stasera in tv su Canale 5 alle 23,30 Il pianista, un film del 2002 diretto da Roman Polański, tratto dal romanzo autobiografico omonimo di Władysław Szpilman. Il film ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes nel 2002. Si tratta del racconto di quanto vissuto dal pianista ebreo Władysław Szpilman dallo scoppio della seconda guerra mondiale con l’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, l’occupazione di Varsavia, la creazione del ghetto, la vita e la sopravvivenza nel ghetto e la sua fuga e sopravvivenza fuori dal ghetto, fino alla liberazione della città da parte dell’Armata Rossa. Con Adrien Brody, Thomas Kretschmann, Frank Finlay, Emilia Fox, Maureen Lipman.

Trama
Nel corso della Seconda guerra mondiale, Wladyslaw Szpilman – celebre pianista ebreo polacco – riesce a sfuggire alla deportazione. Si ritrova così nel ghetto di Varsavia, all’interno del quale condivide le sofferenze e le eroiche lotte degli abitanti. Un ufficiale nazista amante della sua musica decide di aiutarlo e gli permette di continuare a vivere.

Con un’avvertibile punta di autobiografismo (da bambino, anche lui fu rinchiuso in un ghetto ebraico, da cui riuscì a scappare), Roman Polanski racconta gli orrori della Shoah in un toccante dramma storico dai toni sommessi, basato sull’incredibile storia vera del pianista Wladislaw Szpilman, scampato per miracolo all’internamento nei campi di sterminio e graziato da un milite tedesco dal buon cuore (interpretato da Thomas Kretschmann).

La complessità de Il pianista è nell’intercessione tra storia, speranza e genio umano, materie differenti accomunate dalla figura di Szpilman. Lo sguardo della regia assume connotati intimi, fortemente caratterizzati dalla nudezza degli eventi. Viene fuori una sorta di documentario “filmato”, un pezzo di cinema impegnato e utile per la conoscenza d’un passato invivibile ed impossibile da credere. Polanski ha l’enorme pregio di mostrare ciò, di guadagnare campo con riprese pregne di amarezza e dolore, dove il velo sottile della memoria entra nel cuore dello spettatore. I 142 minuti del film vivono si dipanano su due livelli: il primo affronta e si confronta con lo spettatore, lo piega nella riflessione profonda, proponendo angoli di cinema storicizzato e affisso come manifesto di umana dignità, forzandone e distanziandone gli orrori. Il secondo è incentrato sull’intimo di Szpilman, affonda le radici in un incubo privato dove Adrien Brody si consacra perfettamente (e mimeticamente) come attore di incontestabile valore.

In Schindler’s List l’immane tragedia della storia era filtrata dal cinema in quanto strumento di nobilitazione della materia; invece nel film di Polanski è la storia che parla da sé, infilzandosi con inusitata decisione negli occhi dei suoi silenziosi osservatori: davanti ad un uomo anziano in carrozzina che viene scaraventato vivo giù da un balcone lo sgomento che si prova è indicibile. Ronald Harwood adatta l’autobiografia di Szpilman evidenziandone i motivi “umani”: su tutti, quello dell’amore per la musica. Qualche ripetizione nella struttura si sarebbe potuta evitare, ma il cast recita benissimo e senza retorica. La prova di Adrien Brody, meritatamente coronata da un Oscar, è intensa e straordinaria: splendida la scena in cui suona su richiesta del soldato. Emozionante colonna sonora di Wojciech Kilar.

 

 

Luca Biscontini