Stasera in tv su Cine34 alle 23,15 Amarsi un po’…, un film del 1984 diretto dal regista Carlo Vanzina. Prodotto da Mario e Vittorio Cecchi Gori, scritto e sceneggiato da Carlo ed Enrico Vanzina, con la fotografia di Claudio Cirillo, il montaggio di Raimondo Crociani, le scenografie e i costumi di Paola Comencini e le musiche di Mario Lavezzi, Amarsi un po’… è interpretato da Claudio Amendola, Tahnee Welch, Virna Lisi, Riccardo Garrone, Mario Brega, Rossana Di Lorenzo, Paolo Baroni, Fabrizio Bracconeri.
Trama
Marco è riuscito, dopo mille sacrifici, a comprarsi una moto. Mentre la sta provando si scontra con l’automobile di Cristiana, rampolla di una nobile famiglia romana che sta guidando senza patente. I due iniziano a frequentarsi e si innamorano. Ma quando Cristiana invita Marco a una festa, il ragazzo si sente preso in giro e finisce col prendere a pugni un rivale. Saputo che Cristiana sta per sposarsi a Parigi, Marco corre per impedire l’unione ma si ferisce gravemente in un incidente.
(La recensione di Simone Emiliani apparsa su Sentieri Selvaggi il 20 Aprile 2019).
Forse il film dei Vanzina che esalta più di altri la nostalgia degli anni ’80. Come un teen-movie di John Hughes. Ma al tempo stesso un grande mélo sfiorato, in uno dei finali più coinvolgenti del loro cinema. La corsa disperata di Marco in macchina verso Parigi. Controcampo: Cristiana con i suoi genitori che si sta andando a sposare. Una tensione ancora oggi quasi insostenibile. In un finale che – come ha dichiarato Enrico in un’intervista – doveva essere tragico. Amarsi un po’… ha il look di una favola. C’è una principessa come in Vacanze romane. E un amore che sembra così intenso proprio perché fuggevole. Sottolineato dalla musica di Lavezzi che entra nella pelle. Che ancora oggi riaccende ogni immagine. Da Marco e il fedele amico Micione che arrivano in discoteca. All’immagine sullo specchietto in cui il protagonista compra la moto dal concessionario. Ed è proprio un incidente che fa scattare l’incontro tra Marco e Cristiana. Lui un elettrauto, lei principessa. Tra loro ci sono “i Papi che li dividono”. Si amano e provano a stare insieme. Le differenze però iniziano ad emergere. Soprattutto in uno dei momenti dove lo scontro di classe emerge in tutta la sua violenza. La coppia si trova a casa di alcuni amici di lei in Maremma. Battute come “Boro Scatenato” mostrano già come tutta questa parte sia potentissima e, contemporaneamente, impietosa. Gli sguardi tra seduzione e gelosia. Marco che guarda Cristiana che guarda il nobile francese Rotschild che la sta seducendo. C’è tutta la fine di una fiaba che si sta sgretolando sotto gli occhi. Ma al tempo stesso prima c’è stato anche l’apice. Un tramonto, un cannone, Fabio Concato e urla di sesso e di gioia sotto la tenda.
Dentro Amarsi un po’… si riversa anche parte di Vacanze di Natale. In un cinema ancora limpidissimo – tra i più puri negli anni ’80 – a mostrare lo scarto tra ceti sociali diversi. Molo più di molti presunti film ‘impegnati’ del periodo. Tra boutique di Valentino e il Bar del Bavoso a Testaccio. Anche in una specie di reincarnazione del cast. La famiglia Marchetti di Vacanze di Natale diventano i Coccia di Amarsi un po’… Sempre un sublime Mario Brega (“a signò, lasci fare, mi moje sa li cazzi de tutta l’Europa”), Rossana Di Lorenzo e Claudio Amendola. Padre, madre, figlio. Con dialoghi e dinamiche nei rapporti simile al film precedente. Con una migrazione quasi identica a quella tra Il ferroviere e L’uomo di paglia con lo stesso Germi, Luisa Della Noce ed Edoardo Nevola. Dove i Marcocci del primo film diventano i Zaccardi del secondo. E dall’altra parte, c’è sempre Riccardo Garrone. Apparentemente assente, ma sempre ben introdotto alla classe a cui appartiene.
Ciò che sconvolge ancora oggi di Amarsi un po’… è che un film di contrasti e luci abbaglianti. Quelle dei falò, della pioggia durante una dichiarazione. E sui volti di Virna Lisi e Tahnee Welch. Con dichiarazioni d’amore ancora da brividi: “Se non ti vedo divento matta” – “Io ce so già diventato”. O separazioni laceranti. “A me e te ci dividono l’antenati tua, mortacci loro”. Si perché il loro amore è, come la canzone di Gianna Nannini, una camera a gas. Con schiaffi che lasciano il segno. La madre a Cristiana. La ragazza a Marco. Un gesto che ha l’impeto di un bacio lunghissimo. E poi Amarsi un po’…, come nel miglior cinema dei Vanzina, è ancora pieno di battute indimenticabili. Da imparare a memoria. “A coso, annamo a ballà che me so sciolta”; “La Principessa si sposa a Montecarlo” – “Monte che?”. “C’ha na’ casa che me pare o’ stadio Olimpico”. E oltre il momento clou in Maremma sa filmare l’imbarazzo e il disagio come pochi. Il primo incontro tra Marco e i genitori di Cristiana appare quasi quello di un Doinel rovesciato del Truffaut dell’episodio Antoine e Colette di L’amore a 20 anni. Lui con i genitori di lei. La ragazza non c’è. Dopo Monicelli uno dei rari e sublimi romanzi popolari del cinema italiano. Dove in ogni visione c’è l’illusione di guardarlo come se fosse la prima volta.
Luca Biscontini
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.