Stasera in tv su Iris alle 21 Prisoners, un film del 2013 diretto da Denis Villeneuve e interpretato da Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal. Prisoners è ambientato in Pennsylvania ma le riprese, iniziate nel gennaio 2013, si sono svolte interamente tra le zone di Stone Mountain e nei sobborghi di Atlanta, in Georgia. A ricreare l’atmosfera della piccola cittadina di Conyers e dell’intero film è stato il lavoro dello scenografo Patrice Vermette (ispirandosi alle immagini del fotografo Gregory Crewdson), con l’aiuto della costumista Renée April (che ha scelto colori tenui- ad eccezione di quelli fatti indossare alle due bambine scomparse – per restituire una atmosfera inquietante) e del direttore della fotografia Roger Deakins (che ha scelto un particolare bilanciamento di luce e colore che rende il film quasi monocromatico e soffocante come la storia che racconta). Con Hugh Jackman, Jake Gyllenhaal, Maria Bello, Terrence Howard, Viola Davis, Melissa Leo.
Trama
Keller Dover (Hugh Jackman) si ritrova ad affrontare il peggior incubo che possa capitare a un padre: Anna, la figlia di sei anni, è scomparsa insieme all’amichetta Joy. Con il passare delle ore, le indagini del detective Loki (Jake Gyllenhaal) si concentrano sulla vecchia auto parcheggiata vicino all’abitazione di Anna e da questa risale al suo autista, un certo Alex Jones (Paul Dano). Poiché mancano le prove per trattenere in arresto Alex, Loki è costretto a rilasciarlo. Sapendo che in gioco c’è la vita di sua figlia, il sempre più disperato Keller decide allora di tentare il tutto per tutto pur di trovare le bambine.
Prisoners del canadese Dennis Villeneuve è un thriller sorprendente per la capacità di scandagliare il fondo più nascosto dell’animo umano, quello che ognuno di noi non osa neppure guardare. Cosa saremmo disposti a fare per salvare i nostri figli? Questa è la domanda che aleggia su tutta la vicenda. Costruito a incastri, cupo e melmoso, Il film è un meccanismo perfetto di facce e orrori, di disperazioni e di vendette, un Fargo senza il disincanto dei Coen, solido come una roccia. Tipica storia di provincia, in cui di sano ci sono solo i minuti iniziali, prima che un gorgo di perversione e violenza getti tutti, spettatori compresi, in un labirinto da cui pare difficile districarsi.
Prisoners è un film trattenuto, lento, lungo ma della durata giusta, che vede tutti gli attori protagonisti al loro meglio (Jake Gyllenhaal, Hugh Jackman e Paul Dano). Un incubo che si muove da una prigione all’altra, da uno scantinato a una casa disabitata, dove tutti sono prigionieri, vittime e carnefici. Forse il finale è un po’ consolatorio, ma chissà se è stata una decisione tutta del regista. Denis Villeneuve conferma quanto di buono, se non ottimo, aveva mostrato col precedente La donna che canta (2010), costruisce un itinerario estremamente solido (e controllato), con alcuni lampi di altissimo cinema e un percorso accidentato che si arricchisce continuamente.
Una prova importante che il talentuoso regista canadese supera (quasi) a pieni voti, costruendo un quadro ampio, vissuto da parecchi personaggi che trovano il loro spazio, anche se le due figure chiave rimangono quella del padre, uomo da sempre pronto a tutto nella vita (e che ha tutto fin troppo chiaro in testa), e quella dell’agente fino a quel punto della sua carriera infallibile. Si respira sempre un buon grado di tensione che a tratti diviene enorme, le emozioni si mescolano regalando tutto ciò che da una storia di questo genere ci si aspetta, come il dolore quando ormai sembra tutto perduto, una vita che pare una scatola vuota, la speranza che si riaccende.
Contribuisce a rimarcare le sensazioni il clima autunnal-invernale, un’atmosfera buia che peggiora col deteriorarsi della situazione, ricreata con mano talentuosa dal direttore della fotografia Roger Deakins, che offre almeno una sequenza eccellente, con la corsa disperata verso l’ospedale. Decisamente all’altezza il cast: in prima linea con Hugh Jackman, che regala un’ottima prestazione in una posizione tra violenza e tragedia, e Jake Gyllenhall, attore sempre in crescita; attorno a loro Paul Dano si ritrova con una parte borderline di straniamento (e ne approfitta in tutti i modi), Maria Bello passa dalla solarità delle prime scene alla modalità off (solo una madre può capire fino in fondo certe cose) e Melissa Leo quando deve si erge a livello superiore, senza scordare di Viola Davis e Terrence Howard.
Luca Biscontini
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