Stasera in tv su Rai Movie alle 23 The Founder di John Lee Hancock, con Michael Keaton

Stasera in tv su Rai Movie alle 23 The Founder, un film del 2016 diretto da John Lee Hancock. Il film racconta la storia vera dell’imprenditore Ray Kroc, interpretato da Michael Keaton, e della sua acquisizione della catena di fast food McDonald’s. Il proposito di realizzare il film fu suggerito al produttore cinematografico Don Handfield dall’ascolto della canzone Boom, Like That di Mark Knopfler; nel testo del brano, pubblicato nel 2004, il cantautore e chitarrista britannico ripercorre l’ascesa di Ray Kroc mettendone in luce i metodi oltremodo spregiudicati. La sceneggiatura si è piazzata al tredicesimo posto delle migliori sceneggiature non prodotte nella classifica stilata nel 2014 dal sito deadline.com. Con la direzione della fotografia di John Schwartzman, le scenografie di Michael Corenblith, i costumi di Daniel Orlandi e le musiche di Carter Burwell, The Founder è interpretato da Michael Keaton, Laura Dern, John Carroll Lynch, Nick Offerman, Linda Cardellini, Patrick Wilson, B.J. Novak, Justin Randell Brooke.

Trama
Negli anni Cinquanta Ray Kroc (Michael Keaton), un venditore dell’Illinois, incontra Mac e Dick MacDonald, due fratelli impegnati in una operazione nel settore della ristorazione, nel sud della California. Colpito dall’idea dei due fratelli sul come vendere hamburger grazie a un sistema di fast food, Kroc riconosce sin da subito la validità del loro franchise e si impegna a fondo sul come riuscire a soffiare la compagnia ai due fratelli e creare un impero da svariati milioni di dollari.

Come riferito nelle didascalie finali, McDonald dà da mangiare all’un per cento della popolazione mondiale. Cosa dia da mangiare non è il punto della situazione: da qualche tempo a questa parte conosciamo le criticità alimentari della catena, sono stati realizzati film sul tema (Super Size Me) e la scelta di proporre prodotti di qualità denuncia proprio l’esigenza di legittimarsi presso un pubblico esigente quanto superficiale. Ma tutto ciò non c’entra con The Founder che, come Saving Mr. Banks, il precedente film di John Lee Hancock, è un film sul capitale. Parimenti al racconto della genesi di Mary Poppins, anche Ray Kroc, il protagonista di questa storia, intuisce la potenza di un’idea altrui. La differenza con Walt Disney è formale: se il magnate seduce con l’empatia la scrittrice restia a concedere la sua creazione (al di là dell’inattendibilità storica), qui siamo quasi nei pressi dello stalking verso i fratelli che hanno ideato il rivoluzionario sistema di composizione del panino. Intravedendovi la possibilità di emanciparsi dalla mediocrità e smettere di mangiare l’asfalto vendendo porta a porta, Kroc s’impossessa dell’idea con una scalata spregiudicata che elimina progressivamente i due reali fondatori.

In nome del profitto e a scapito del progetto familiare, prima annette, poi surclassa, infine compra i fratelli McDonald. La chiave non sta tanto nella scelta di proporre un prodotto di minore qualità e più redditizio (la sostituzione del frappé artigianale con una bustina di latte in polvere ed agenti emulsionanti ed addensanti), ma nella cinica operazione: rendere il cognome un marchio, per trasformarlo in un personaggio che non esiste ma suona bene, sopprimendo così i due dalla narrazione. La storia la (ri)scrivono i vincitori, certo, ed è evidente come la caratterizzazione, ora buffa, ora naif dei Mc, possa in qualche modo avallare alcune scelte imprenditoriali. Ma The Founder, una storia dentro le contraddizioni del partito repubblicano americano (i valori morali contro i valori negoziabili, i conservatori di provincia contro i capitalisti rampanti), è soprattutto il ritratto di uno un uomo americano che può essere a seconda delle prospettive ambizioso o megalomane, determinato o spudorato, pragmatico o spietato.

Michael Keaton, con lo sguardo febbrile e il sorriso sbilenco di chi brama la vittoria per riscattarsi agli occhi della nazione, ne esalta il carattere privo di scrupoli attraverso il modo rozzo di bere alcolici, l’incapacità di restare seduto senza muoversi, la repressione della goffaggine per mancanza d’eleganza. Il film diventa una parabola paradigmatica dell’America di Trump. Hancock, solido sceneggiatore interessato al perturbante (Un mondo perfetto, Mezzanotte nel giardino del bene e del male), diventato un regista aperto al racconto di un idealismo anche idealizzato (Un sogno, una vittoria, The Blind Side), si esprime con cromatismi caramellati, stereotipato décor d’epoca e musiche apparentemente innocue per mettere in risalto il lato oscuro della storia, per indagare dentro la narrazione rimossa del trionfo. Come il cibo del McDonald: l’informazione è stata fatta, poi chi vuole capire capisca.

 

 

Luca Biscontini