Stasera in tv su Rai Storia alle 21,10 Ballando ballando di Ettore Scola

Stasera in tv su Rai Storia alle 21,10 Ballando ballando, un film del 1983 diretto da Ettore Scola. Fu candidato all’Oscar al miglior film straniero per l’Algeria. Scritto e sceneggiato da Ruggero Maccari, Jean-Claude Pechenat, Furio Scarpelli ed Ettore Scola, con la fotografia di Ricardo Aronovich, il montaggio di Raimondo Crociani, le scenografie di Luciano Ricceri e le musiche di Vladimir Cosma, Ballando ballando è interpretato da Marc Berman, Jean-Claude Peuchenat, Chantal Capron, Liliane Léotard. Il film ha vinto l’Orso d’Argento al Festival di Berlino del 1984 (miglior regia a Ettore Scola), tre premi Cèsar (miglior film, migliore regia a Ettore Scola, miglior colonna sonora a Vladimir Cosma) e quattro David di Donatello (miglior film, migliore regia a Ettore Scola, miglior montaggio a Raimondo Crociani, miglior colonna sonora a Vladimir Cosma e Armando Trovajoli).

Trama
Una balera della cintura parigina fa da sfondo, ma anche da protagonista, a cinquant’anni di storia francese. Cambiano i costumi, gli arredi e, naturalmente, i balli, ma resta comunque e sempre la voglia della gente comune di ritrovarsi il sabato sera o la festa per fuggire un po’ al grigiore, per sognare, per amare perfino, mentre il corso del tempo assorbe e sfuma tutto inesorabilmente nelle pieghe della memoria.

La vita, colta nel suo spirito più genuino e gioioso, è senz’altro una danza, un divenire innocente, senza oggetto cui tendere; un movimento libero, gratuito, svincolato da qualsiasi logica, da quell’economia che sempre regola i rapporti. Probabilmente in questo senso dev’essere interpretato lo splendido film che Ettore Scola realizzò nel 1983, Ballando ballando, prendendo spunto da una pièce teatrale di Jean-Claude Penchenatche aveva visto a Parigi, su suggerimento di Jack Lang, l’allora ministro della Cultura francese. Incalzato da quest’ultimo per realizzarne un adattamento cinematografico, il regista di Trevico, sulle prime esitò, successivamente, invece, valutò positivamente l’eventualità e, assieme a Furio Scarpelli, Ruggero Maccari e lo stesso Penchenat, scrisse una sostanziosa sceneggiatura, che richiese non pochi sforzi, laddove la totale assenza di dialoghi rendeva necessaria una meticolosa descrizione dei tratti distintivi dei vari personaggi maschili e femminili, delle loro mimiche, delle gestualità, degli abiti. Ma il perfezionismo di Scola era tale che, per agevolare la comprensione del ruolo da parte degli attori (non professionisti, gli stessi dello spettacolo cui aveva assistito in Francia), pretese comunque che le battute venissero scritte, ben sapendo che non sarebbero mai state pronunciate.

Le riprese di Ballando ballando cominciarono in Francia, in un teatro di posa in cui era stata riprodotta la sala dove si sarebbe svolta l’intera azione del film; purtroppo il regista fu colto da un infarto e, dunque, si dovette sospendere la lavorazione, che venne trasferita a Roma, dopo la convalescenza seguita al malore. E il risultato fu davvero eccellente. Non è esagerato affermare che Ballando ballando sia il film di Scola più riuscito dal punto di vista registico, grazie al bravo direttore della fotografia Ricardo Aronovich (Providence diAlain Resnais, Missing – Scomparso di Costa-Gavras, Klimt di Raúl Ruiz) e, soprattutto, all’eccellente operatore Daniele Nannuzzi, che attraverso una straordinaria mobilità della macchina da presa, dinamizzò magnificamente una rappresentazione che, ambientata interamente in un interno, avrebbe rischiato di divenire statica. Carrellate superbe, piani sequenza, dolly, panoramiche vertiginose: tutto l’armamentario del dispositivo cinematografico fu impiegato senza risparmio, ma, sia chiaro, non con una finalità meramente spettacolarizzante, quanto, piuttosto, in maniera funzionale al dipanarsi della narrazione.

Ballando ballando inizia dal presente, con l’introduzione dei vari personaggi che entrano in scena, ciascuno con i suoi tic, la propria impronta caratteriale che, evidentemente, per la mancanza della parola, fu esasperata, quasi fumettisticamente e, in questo senso – è un’osservazione, non una critica –, il film ricorda un certo manierismo alla Fellini. D’altronde Scola, come il regista riminese, proveniva dal Marc’Aurelio, la leggendaria rivista satirica con cui collaborarono anche Furio Scarpelli, Agenore Incrocci, Cesare Zavattini, Mario Bava, Mario Camerini, solo per citarne alcuni.

Un Francesco De Rosa (Febbre da cavallo) col passo strascinato e stanco interpreta il barista che sin dal 1936 si occupa di servire i clienti della sala. Parte il primo flashback e la conseguente scansione temporale: prima, durante e dopo il secondo conflitto mondiale; gli anni Cinquanta e, infine, il Sessantotto, con le sue istanze e modalità, sulle note di Michelle dei Beatles. Ma la Storia, è bene precisarlo, rimane sempre al di fuori, penetra solo debolmente all’interno di un luogo in cui è bandito il tempo cronologico. Ciò che interessava a Scola era la vita emotiva, le fragilità e le passioni di tanti piccoli borghesi che, nonostante le numerose avversità affrontate, non perdevano la speranza, ritrovandosi ancora una volta in quella sala, in vista di un incontro d’amore che avrebbe potuto cambiare le loro sorti.

Ballando ballando fu un azzardo, un rischio, una sfida enorme che Ettore Scola vinse completamente, realizzando un film straordinario che, a tutt’oggi, non ha perso neanche un po’ del suo fascino e della sua potenza iconografica. Si aggiudicò il premio per la miglior regia al Festival di Berlino del 1984, quattro David di Donatello (Miglior film, Migliore regia a Ettore Scola, Miglior montaggio a Raimondo Crociani, Miglior colonna sonora a Vladimir Cosma e Armando Trovajoli), tre Cèsar (Miglior film, Migliore regia, Miglior colonna sonora) e, infine, fu candidato all’Oscar.

 

 

Luca Biscontini