Stasera in tv su Rai Storia alle 21,20 Colpire al cuore, un film del 1983 diretto da Gianni Amelio. Primo film di Amelio, sceneggiato con Vincenzo Cerami, è ambientato nelle cupe Milano e Bergamo dei primi anni Ottanta. Girato nel 1982, con scarsissimi mezzi e in otto settimane, è forse il più riuscito dei film non dedicati ad un episodio specifico degli anni di piombo. Alla sua presentazione a Venezia non fu esente da giudizi particolarmente netti: la critica si divise tra chi parteggiava per il padre contro il figlio o viceversa, “mentre – sostiene Amelio – nelle mie intenzioni sono entrambi vittime delle circostanze”. Gli interni della casa dei protagonisti vennero girati nell’abitazione di Paolo Taviani, che in quel periodo si trovava negli Stati Uniti. Colpire al cuore vinse un David di Donatello (miglior attore esordiente a Fausto Rossi), due Nastri d’Argento (miglior soggetto originale a Gianni Amelio, miglior attore esordiente a Fausto Rossi) e il Premio Flaiano (premio per la sceneggiatura a Vincenzo Cerami). Con Jean-Louis Trintignant, Fausto Rossi, Laura Morante, Sonia Gessner, Vanni Corbellini.
Trama
La storia del film è incentrata sul rapporto di Emilio, un ragazzo minorenne intelligente e sensibile, con suo padre Dario che insegna all’Università di Milano. Durante una visita nella casa di campagna della nonna i due fanno la conoscenza di una giovane coppia, Giulia e Sandro, che si scopre essere un allievo di Dario. Qualche sera dopo, a Milano, Emilio è testimone di una scena che sconvolgerà il suo fragile equilibrio. Il ragazzino assiste a una sparatoria tra terroristi e carabinieri e crede di scorgere nell’uomo che vede a terra, colpito a morte, il ragazzo che aveva conosciuto giorni prima in campagna.
Colpire al cuore è l’opera prima di Gianni Amelio, un film sul terrorismo, ma soprattutto un manifesto dell’incomunicabilità fra due generazioni a confronto: il dramma intimo sul rapporto tra un padre e un figlio negli anni di piombo. Sceneggiato con Vincenzo Cerami, il film è ambientato nella cupa e lattiginosa Milano dei primi anni Ottanta. Girato nel 1982 in appena otto settimane e con pochi mezzi, alla sua presentazione a Venezia ha diviso la critica tra chi parteggiava per il padre, chi per il figlio e chi l’ha accusato di fiancheggiare il terrorismo. Un’accusa ridicola per una lettura superficiale della pellicola e dei personaggi, entrambi vittime delle circostanze e delle ferite profonde che si portano addosso come una croce.
Un film in cui il privato dei personaggi e il pubblico della nazione si mescolano vischiosamente e dove la spaccatura del rapporto padre-figlio, sottolineata dal regista, non è altro che la conseguenza del clima plumbeo di paranoia e di paura che serpeggiava nel paese. Amelio non chiede di scegliere con chi dei due stare, anche perché sono ambedue vittime, semmai convoca a riflettere sui rapporti familiari che, negli anni ’70, dopo lo sconvolgimento dei valori del ’68, la ribellione e l’antiautoritarismo in famiglia e fuori da essa, avevano portato molti genitori a diventare “amici” dei loro figli, rinunciando al proprio ruolo di educatori e di guide per la comprensione della realtà.
Visto oggi, Colpire al cuore riesce ancora a essere attuale proprio per questo suo saper schivare le trappole del film a tema, scandagliando invece un conflitto più profondo e forzando i limiti della contingenza storico-politica. Al suo primo lavoro per il grande schermo, Amelio riesce a compiere questo miracolo con un linguaggio già maturo, capace di restituire senso attraverso movimenti di macchina e inquadrature dense, come quella del cimitero-fabbrica, più eloquente di mille proclami. A distanza di quarant’anni, quando ormai il terrorismo non è che un brutto ricordo, il film conserva tutta la sua bellezza stilistica e, paradossalmente, la sua leggerezza, grazie alla rigorosa capacità di Amelio di sospendere il giudizio.
Luca Biscontini
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