Stasera in tv Tootsie di Sydney Pollack, con Dustin Hoffman

Stasera in tv su La7d alle 21,15 Tootsie, un film del 1982 diretto da Sydney Pollack. Realizzato con un budget di 21 milioni di dollari, il film incassò solo in Nord America oltre 177 milioni di dollari. Fu il secondo più alto incasso dell’anno dopo E.T. l’extra-terrestre. Nel 2000 l’American Film Institute lo ha inserito al secondo posto nella classifica delle migliori cento commedie americane di tutti i tempi. Realizzato con un budget di 22 milioni di dollari, il film incassò solo negli Usa 175 milioni di dollari. Andy Warhol, figura predominante del movimento della Pop art americana, appare in un cameo con Dustin Hoffman. Tootsie ha vinto un premio Oscar (miglior attrice non protagonista a Jessica Lange), tre Golden Globe (miglior film commedia o musicale, miglior attore in un film commedia o musicale a Dustin Hoffman, miglior attrice non protagonista a Jessica Lange) e due Bafta (miglior attore protagonista a Dustin Hoffman e miglior trucco). Con Dustin Hoffman, Jessica Lange, Teri Garr, Charles Durning.

Trama
Michael (Dustin Hoffman) è un bravo attore, ma non trova scritture. Depresso, sopravvive come può finché, per varie circostanze, si trova a fare un provino travestito da donna, col nome di Dorothy. In questi panni è “scelta” come protagonista di un serial televisivo. Deciso a non perdere l’occasione, inizia una doppia vita con intuibili complicazioni quando si innamora di una compagna di lavoro.

Tootsie, dietro la sua apparenza ridanciana, paradossale, accattivante, è un film non poco complesso, forse il più complesso dell’intera produzione pollackiana, poiché non si limita ad un solo livello di discorso, ma ne interseca parecchi. Intanto, la morale sociosessuale. Michael viene presentato subito come un professionista, sì, ma anche come un uomo a due dimensioni (quel poster di Beckett che occhieggia dietro di lei!). La sua realtà – lo intuiamo bene – è quella del teatro, dell’interpretazione, nella quale, come mostrano le primissime immagini, egli eccelle. Persona che professionalmente non si piega al compromesso (il rifiuto di recitare la parte del cap. Tolstoy secondo un movimento scenico che egli ritiene inverosimile), i suoi rapporti personali appaiono infinitamente inferiori: corteggia aggressivamente e dongiovannescamente le donne, non degna di uno sguardo il bambino di uno dei suoi ospiti. Gli unici rapporti umani positivi che intrattiene sono avvalorati, ravvivati da considerazioni d’ordine professionale: il sacrificio cui si sottomette per ottenere il denaro necessario a mettere in scena la commedia del coinquilino Jeff, Love Canal (l’amore è dunque sino a quel momento creazione artistica – e quanto a questo addirittura scadente, a quel che sembra – non sentimento vissuto)”.
(Franco La Polla, Cineforum n. 224, 5/1983)

“Michael Dorsey, attore di Broadway bravo ma disoccupato perché rompiscatole, raggiunge il successo professionale quando si traveste da donna, Dorothy Michaels poi detta Tootsie. Comincia in farsa, si trasforma in commedia e finisce quasi come un dramma. Riflessione sul mestiere dell’attore: descrizione critica, non priva di veleni satirici, dell’ambiente televisivo: storia di un uomo che, costretto a fare i conti con la componente femminile della propria natura e a vivere in prima persona la condizione di una donna, migliora. Dustin Hoffman, piccola grande donna, è perfetto. Messo sotto come regista, S. Pollack s’è preso una piccola rivincita come attore. 6 candidature agli Oscar (tra cui quella per la sceneggiatura di Larry Gelbart e Murray Shisgal sotto il controllo di Hoffman), ma una sola statuetta per J. Lange. 1° film di G. Davis”.
( Il Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli)

“Commedia brillante che, se altro vuole comunicare allo spettatore, resta soprattutto, un divertimento, garbato e piacevole, con in primo piano la bravura di Hoffman, che resta credibile nella sua doppia ‘versione’ maschile e femminile. Il film, la cui tesi di fondo – quella della chiave per comprendere il mondo femminile e quello maschile – appare forse un po’ pretestuosa, riesce tuttavia a scavare qualcosa nella ricerca dei caratteri che, pur senza arrivare molto in profondità, suggerisce allo spettatore, mentre le due ore di spettacolo scorrono piacevolmente, qualche elemento su cui riflettere.”
(Segnalazioni cinematografiche, vol. 95, 1983)