Stasera in tv Un mondo perfetto di Clint Eastwood

Stasera in tv su Iris alle 23 Un mondo perfetto (A Perfect World), un film statunitense del 1993 diretto da Clint Eastwood, con Kevin Costner, Clint Eastwood, Laura Dern, T.J. Lowther, Keith Szarabajka, Leo Burmester. Mentre Eastwood stava realizzando Nel centro del mirino, gli è stata assegnata la sceneggiatura di Un mondo perfetto. Era anche nel bel mezzo delle nomination agli Academy Awards con Gli spietati e ha visto Un mondo perfetto come un’opportunità per lavorare solo come regista e prendersi una pausa dalla recitazione. Tuttavia, quando Kevin Costner è stato avvicinato con la sceneggiatura del film, ha suggerito che Eastwood sarebbe stato perfetto per il ruolo del Texas Ranger Red Garnett. Eastwood accettò, rendendosi conto che il suo film non sarebbe stato così significativo se fosse solo stato dietro la macchina da presa. Con Kevin Costner, Clint Eastwood, T. J. Lowther, Laura Dern, Keith Szarabajka.

Trama
Siamo dalle parti di Dallas, nel novembre del 1963. Butch Haynes evade di prigione con un compagno violento che finisce col dover uccidere. Le circostanze lo “costringono” a prendere come ostaggio il piccolo Philip. Mentre fra l’uomo e il bambino si instaura un rapporto amichevole, la caccia all’evaso è guidata dal ranger Red Garnett, un onest’uomo, cosa che non si può dire di tutti coloro che collaborano con lui. In questo “mondo perfetto” si può assassinare un presidente e una caccia all’uomo può risolversi in un omicidio legalizzato.

“Il film si apre nel segno di una doppia reclusione: il carcere reale per Butch e Terry e la famiglia per Phillip, cui la madre non permette di partecipare alla notte di Halloween con gli altri bambini a causa delle sue convinzioni religiose. La successiva scena del rapimento di Phillip si configura quasi più come un’evasione dall’oscurità quotidiana della casa materna piuttosto che come un atto vero e proprio di violenza, anche perché fin dal primo rapporto con il bambino Butch appare molto più umano e comunicativo del suo compagno di fuga Terry.
Lungo tutta la narrazione il film propone riflessioni sul fatto che non sempre la violenza più manifesta sia quella più deleteria: oltre alla violenza fisica, c’è quella morale, psicologica e pure sociale. Non a caso la scena dell’omicidio di Terry da parte di Butch appare una liberazione per Phillip, mentre diventa insostenibile per lui la reazione d’ira di Butch di fronte alla paura del contadino che schiaffeggia il nipotino. Allo stesso modo, il sistema giudiziario che ha punito con anni di carcere il furto d’auto dell’adolescente Butch, con l’obiettivo di redimerlo, non ha fatto altro che radicalizzare in lui i comportamenti malavitosi, come ricorda lo stesso Red Garnett, che si sente responsabile a diversi anni di distanza.

Anche i vari reati commessi lungo la fuga dai due protagonisti vengono trattati spesso con un atteggiamento in bilico tra l’ironico e il permissivo: il costumino da Casper rubato nel negozio, l’automobile requisita alla famigliola, diventano più strumenti per il divertimento di Phillip che bottini veri e propri. Secondo la tradizione del cinema classico americano, la strana coppia in fuga è qui il simbolo di un’esperienza formativa unica, in cui le differenze tra i personaggi si appianano ed emergono le comunanze, che tendenzialmente hanno a che fare con la difficoltà e l’assenza di opportunità nella vita.

L’adulto e il bambino, il rapitore e l’ostaggio diventano una coppia di amici in cui ciascuno impara dall’altro: Phillip non solo si gode alcune ore di divertimento, ma impara a prendersi delle responsabilità, come non aveva mai osato o potuto fare prima, in una famiglia simbolicamente tutta femminile. Anche Butch impara molto dal bambino, ritrovando una vena di semplicità e purezza che riteneva perduta per sempre, ormai abituato a un mondo di prevaricazione continua, costretto a fare il duro per non soccombere.

La relazione intergenerazionale tra adulto e bambino diventa così ricca di sfumature, tra la proiezione verso l’infanzia di Butch e l’aspirazione alla maturità di Phillip: entrambi usciranno completamente cambiati da quest’avventura. La morte finale sembra quasi una liberazione per l’adulto, che non a caso ha scelto l’Alaska come destinazione finale pur trovandosi in Texas, vicinissimo al Messico, tradizionale meta per i fuggitivi americani. Phillip torna a casa, ma nulla sarà come prima, sia per lui che per la madre.

In filigrana, la famiglia appare una figura in assenza in tutto il film, un nucleo che non fornisce la necessaria protezione e tende viceversa a creare situazioni problematiche per i più piccoli. I due protagonisti sembrano infatti soffrire profondamente per l’assenza del padre, che qui appare inteso innanzitutto come figura simbolica di adulto che garantisce non solo una maggiore tutela di fronte alle pressioni e alle minacce dell’esterno, ma, soprattutto, i riferimenti necessari per imparare a crescere”.

(Michele Marangi, Aiace Torino)

 

 

Luca Biscontini