Stasera in tv Un posto al sole di George Stevens

Stasera in tv su TV 2000 alle 20,55 Un posto al sole (A Place in the Sun), un film del 1951 diretto da George Stevens. Il film è ispirato al romanzo Una tragedia americana (An American tragedy) scritto da Theodore Dreiser nel 1925 e al dramma An American Tragedy di Patrick Kearney a loro volta ispirati alla storia vera dell’omicidio di Grace Brown da parte di Chester Gillette nel 1906. È un riadattamento di Una tragedia americana di Josef von Sternberg del 1931. Vinse sei premi Oscar (regia a George Stevens, sceneggiatura non originale a Michael Wilson e Harry Brown, fotografia a William C. Mellor, montaggio a William Hornbeck, costumi a Edith Head, colonna sonora a Franz Waxman), un Golden Globe per il miglior film drammatico e un Nastro d’argento per la regia a George Stevens. Con Montgomery Clift, Elizabeth Taylor, Shelley Winters, Raymond Burr, Anne Revere, Keefe Brasselle, Fred Clark, Herbert Heyes, Shepperd Strudwick, Frieda Inescort.

Trama
George Eastman, giovane privo di mezzi, cerca di farsi strada nella vita. Se non avesse tra i piedi una ex fidanzata, operaia e per di più incinta, convolerebbe subito a ricche nozze con una bella ereditiera. Allora progetta di liberarsi di lei durante una gita in barca, ma se ne pente. La ragazza scivola però in acqua e muore. Al processo George viene riconosciuto colpevole.

“Uno dei più duri attacchi al sogno americano. Stevens era da lungo tempo legato al romanzo di Theodore Dreiser da cui è tratto il film, la storia di un giovane che uccide la fidanzata incinta: lo lesse una prima volta già nel 1925, quando il libro uscì. Fu la Paramount ad acquistare i diritti di Una tragedia americana e fu Josef von Sternberg a dirigerlo nel 1931, provocando lo sdegno di Dreiser. Il suo insuccesso fece sì che la Paramount esitasse a rivisitare il costoso materiale di sua proprietà, finché Stevens, dopo una strenua lotta, non ottenne di realizzarlo a modo suo. Il regista affidò l’adattamento all’autore di sinistra Michael Wilson e al poeta e romanziere Harry Brown e scritturò Elizabeth Taylor e Montgomery Clift, che con il loro bacio ci hanno regalato uno dei momenti più coinvolgenti del cinema: un’inquadratura di un romanticismo delirante, girata usando una lente da sei pollici, trasporta lo spettatore tra le loro braccia. Con Shelley Winters il cast principale era al completo e in grado di donare – per citare Manny Farber – “lampi di recitazione spaventosamente naturale”. Il film, le cui riprese ebbero inizio nell’Ottobre del 1949, era caratterizzato da un’altra innovazione, curiosa e incredibilmente efficace, rispetto agli standard hollywoodiani: l’ampio uso di languide dissolvenze incrociate pensate da Stevens per far “scorrere una sorta di energia”. Gli ci vollero diciannove mesi per montare il materiale e sette preview per convincersi di aver realizzato uno dei film migliori della sua carriera, che fu poi premiato con sei Oscar, compresi quelli alla regia, alla sceneggiatura e al montaggio. Stevens cambiò nome al suo protagonista da Clyde a George, forse perché vedeva un po’ di sé stesso nell’ingenuo solitario che fa l’autostop verso un mondo migliore e invece finisce sulla forca. Per quanto cupa, la visione romantica pone il protagonista in uno stato di sogno a occhi aperti, permettendogli di attraversare le sventure con un atteggiamento straordinariamente calmo e sobrio. “La tipica tragedia americana è la tipica tragedia romantica”, scrisse Donald Richie, e questa è la tragedia più completa di Stevens, nel senso che tutte le promesse fatte sono false e tutto il bene va sprecato”.
(Ehsan Khoshbakht)

 

 

Luca Biscontini