Stasera in tv Veloce come il vento di Matteo Rovere, con Stefano Accorsi

Stasera in tv su Rai 5 alle 22,50 Veloce come il vento, conosciuto anche col titolo internazionale Italian Race, un film del 2016 diretto da Matteo Rovere, liberamente ispirato alla vita del pilota di rally Carlo Capone. Il film è stato premiato con tre Nastri D’Argento (Miglior attore protagonista a Stefano Accorsi, Miglior montaggio a Gianni Vezzosi, Premio Guglielmo Biraghi a Matilda De Angelis) e 6 David di Donatello (Miglior attore protagonista a Stefano Accorsi, Migliore autore della fotografia a Michele D’Attanasio, Miglior montatore a Gianni Vezzosi, Miglior sonoro ad Angelo Bonanni, Diego De Santis, Mirko Perri e Michele Mazzucco, Migliori effetti digitali ad Artea Film & Rain Rebel Alliance International Network, Miglior truccatore a Luca Mazzoccoli). Con Stefano Accorsi, Matilda De Angelis, Roberta Mattei, Paolo Graziosi, Lorenzo Gioielli.

Trama
Giulia De Martino (Matilda De Angelis), pilota nel Campionato Gran Turismo, a soli diciassette anni gareggia per il titolo. La sua vita viene stravolta dall’improvvisa morte del padre che la lascia sola (la madre è andata via anni prima) con un fratello piccolo. A complicare la situazione, torna il fratello maggiore Loris (Stefano Accorsi) a reclamare la sua parte di eredità, ex pilota, tossicodipendente che porta con sé la sua ragazza (Roberta Mattei), con i suoi stessi problemi di droga, nella casa in cui vivono Matilde e il fratellino reclamando la custodia di quest’ultimo. I problemi, però, sono solo iniziati: se Giulia non riuscirà a vincere il Campionato, perderà la casa. Inaspettatamente, sarà proprio Loris ad aiutarla. Ricostruire i rapporti non sarà semplice, ma entrambi proveranno con tutte le forze a rimettere in sesto la loro famiglia.

Riportiamo la recensione di Paolo Mereghetti, apparsa sul Corriere della Sera del 5 Aprile 2016

Matteo Rovere cambia pelle e ambizioni: non più il ritratto psicologico di una condizione esistenziale (e di un pubblico che voglia rispecchiarvisi) ma un film dichiaratamente di genere dove il melodramma è temperato da abbondanti dosi di adrenalina. La storia di un riscatto impossibile e quasi neppur cercato che però si impone nelle cose e costringe il protagonista a farsi carico delle proprie azioni e delle proprie scelte. Dopo una prima parte quasi «illustrativa», dove il film cerca di raccontare allo spettatore la tempra di Giulia, l’autodistruttività di Loris, la fragilità di Nico e soprattutto la tensione sportiva delle gare Gran Turismo, la sceneggiatura scommette tutto sul percorso di riscatto dell’ex pilota e sulla sua capacità di trasmettere alla sorella la propria abilità e la propria esperienza. È il cuore del film, quello che dovrebbe imprimere la svolta emotiva al racconto, ma è anche quello che mette in evidenza il divario di qualità tra l’interpretazione e la regia. O meglio: tra l’impegno messo nel costruire il personaggio di Loris e quello riservato alla messa in scena. Da quando lo spettatore fa la conoscenza di Loris, appare evidente che tutto il resto è destinato (quasi) a scomparire. Accorsi si mette in gioco come ultimamente non aveva più fatto, con uno scrupolo di realismo non molto comune nel cinema italiano. A volte forse con un po’ di autocompiacimento di troppo ma comunque prendendo sulle spalle il film e la sua carica emotiva.

L’esordiente Matilda De Angelis si ferma a una scontata dimostrazione di rabbiosa testardaggine e il Tonino di Paolo Graziosi viene presto dimenticato (mentre forse la sceneggiatura avrebbe potuto sfruttarlo meglio). A bilanciare la prova di Accorsi ci sono solo le riprese delle gare automobilistiche, piuttosto ripetitive per definizione. Ci sarebbe voluto un altro tipo di messa in scena, probabilmente, più attenta a dare spessore e concretezza a tutti i personaggi e non solo ad Accorsi, capace magari di raccontare meglio il mondo delle gare. E scavare un po’ di più nella psicologia di Giulia tanto da farne una reale coprotagonista e non solo la sfumata figura di sfondo cui è ridotta. Ci sarebbe stato, forse, il bisogno di guardare con più attenzione chi quella strada l’aveva già battuta (un esempio per tutti: The Fighter di David O. Russell) per riflettere sul necessario equilibrio tra le componenti, tra le gare e la vita, tra le ambizioni e i risultati. Così resta soprattutto il volonteroso tentativo di percorrere una strada insolita per le produzioni italiane, l’aver ritrovato un attore che sembrava smarrito dietro a ruoli troppo ripetitivi e l’ambizione di un cinema alla ricerca di una chiave realistica che sia lontana da tanti luoghi comuni.”

 

 

Luca Biscontini