STORIA DEL POLIZIESCO ALL’ITALIANA: “DA CORLEONE A BROOKLYN”

Da Corleone a Brooklyn: ovvero “la summa finale del poliziesco all’italiana” (Nocturno Cinema). Diretto dal maestro del genere Umberto Lenzi nel 1979, è stato distribuito per la prima volta in Dvd dalla Cinekult (Cecchi Gori Home Video). Lenzi, che nel corso della sua carriera ha attraversato quasi tutti i generi cinematografici, è stato soprattutto uno dei più validi e prolifici autori di polizieschi all’italiana: dieci, fra i quali spiccano alcune delle vette più spettacolari e rappresentative dell’intero genere, come Milano odia: la polizia non può sparare (1974), Roma a mano armata (1976) e Napoli violenta (1976).

Da Corleone a Brooklyn, se da un lato si affianca a questi film per efficacia e solidità, dall’altro se ne distacca parzialmente per la sua particolare struttura “internazionale” (come suggerisce il titolo) e da “road-movie”. La vicenda, infatti, si snoda fra Palermo, Roma e New York: la capitale passa un po’ in secondo piano, mentre vengono rappresentati nei loro lati caratteristici l’assolato capoluogo siciliano (con la Vucciria e le pittoresche stradine) e la fredda Brooklyn, con le sue “mille luci”, il ponte, i grattacieli e i quartieri degradati.

Un’altra peculiarità del film è l’incontro fra due attori molto particolari: Maurizio Merli, il “commissario di ferro” per eccellenza del poliziesco italiano, e Mario Merola, noto in particolare come interprete della sceneggiata napoletana, che in questo film, invece, esce completamente dai canoni della sceneggiata e viene valorizzato alla perfezione da Lenzi nel ruolo di un potente boss mafioso. È curioso notare che, nello stesso anno, Merli e Merola si erano incontrati anche in un altro bel poliziesco di ambientazione milanese diretto da Stelvio Massi (Sbirro, la tua legge è lenta…la mia no!). Se nel film di Massi i due interagiscono spesso durante la vicenda, in Da Corleone a Brooklyn, invece, il loro incontro avviene solo nella parte conclusiva.

Questa è la vicenda. Dopo il “prologo” ambientato in una grigia New York, la vicenda si sposta nella soleggiata città di Palermo, dove il commissario Giorgio Berni (Maurizio Merli) è giunto per dare la caccia al boss Michele Barresi (Mario Merola), senza sapere che questo si è rifugiato a Brooklyn. Nel frattempo, un killer agli ordini dello stesso Barresi uccide nella Vucciria un padrino rivale: ferito e arrestato dalla polizia, Salvatore Scalia (Biagio Pelligra) viene convinto da Berni ad affrontare un difficile viaggio da Palermo a New York per testimoniare proprio contro Barresi, arrestato nel frattempo dalla polizia americana per ingresso clandestino. I due iniziano così una trasferta ad alto rischio, sfuggendo continuamente ai sicari di Barresi, che sembrano poterli raggiungere ovunque. Soli contro tutti, fra i due nasce un rapporto di rispetto reciproco, ma l’arresto del boss mafioso potrà avvenire solo con il sacrificio dello stesso Scalia. Inizia così l’altrettanto difficile viaggio di ritorno, e sul volto perplesso di Maurizio Merli si chiude malinconicamente il film.

Proprio questa conclusione intensa e malinconica è un altro dei tratti caratteristici di questo adrenalinico poliziesco “on the road”, in cui l’azione (fra inseguimenti e sparatorie) è costantemente dosata con l’approfondimento psicologico dei personaggi e con un senso di tristezza e ineluttabilità del destino che non sono affatto scontati all’interno del genere. Tutt’altro: il poliziesco all’italiana, pur essendo un riflesso della situazione che il Paese viveva in quegli anni, rispondeva innanzitutto all’esigenza di creare spettacolo, quindi la psicologia e i sentimenti difficilmente trovavano spazio per emergere. Da Corleone a Brooklyn, invece, trasmette probabilmente il senso di declino che il genere poliziesco stava attraversando in quegli anni (a causa soprattutto della nascita del filone parodistico, il quale, come era successo per il western, ha decretato la fine del genere). Il film rimane comunque una pellicola altamente spettacolare, con una tensione narrativa e un livello di azione tipico dell’autentico poliziesco all’italiana, pur con le caratteristiche innovative che abbiamo visto.

Da Corleone a Brooklyn contiene alcune sequenze d’azione veramente spettacolari (la mano esperta di Lenzi si sente): da antologia è l’agguato iniziale nel mercato della Vucciria, a Palermo, e il conseguente inseguimento fra la polizia e i delinquenti lungo le strade della città, realizzato in maniera più che mai serrata e ruggente; ma notevole è anche la sequenza in cui l’auto di Merli sfonda la barricata dei killer vicino all’aeroporto, sotto una raffica di mitra; le continue fughe a cui i due sono costretti per sfuggire ai sicari di Barresi; la sparatoria fra i mafiosi e i teppisti nel ristorante di Brooklyn; il pestaggio subito da Merli da parte di alcuni teppisti del Bronx.

Nel film trova ampio spazio anche il bravo attore e doppiatore Biagio Pelligra, nel ruolo del pentito Scalia. Pelligra è un volto noto del cinema poliziesco italiano, ma è con questo film che viene valorizzato pienamente, tanto da diventare un vero e proprio co-protagonista. Caratterizzato da una voce inconfondibile, roca e intensa, Pelligra dà vita a un personaggio particolarmente complesso e sfaccettato, un sicario della mafia che accetta di collaborare con la polizia soprattutto per vendicare l’omicidio della sorella, fatta uccidere proprio da Barresi. Lenzi sembra concedere molto spazio, oltre che all’azione, anche all’approfondimento del rapporto fra lui e Merli: forse parlare di simpatia è esagerato, ma comunque il rapporto fra i due è molto particolare, improntato quasi sempre a un reciproco rispetto, come se fossero consapevoli di essere divisi solo dal caso, che li ha messi su due parti opposte di una barricata. Salvatore Scalia rimane, ad ogni modo, un mafioso vecchio stampo: la sua alleanza con il commissario Berni è un compromesso, una sorta di scelta necessaria, dal momento che lui preferirebbe farsi giustizia con le proprie mani (come cercherà di fare una volta giunto a New York).

E, al momento di accusare Barresi durante il processo, negherà di conoscerlo, perché il suo “senso dell’onore” non gli permette di fare la spia. Ucciso da un killer, lascia però una confessione con la quale inchioda l’intoccabile boss: a modo suo, Scalia ha compiuto la sua personale vendetta. Bellissima, a tal proposito, è la sequenza conclusiva, quando il poliziotto, pronto a riportare Barresi in Italia, ripercorre velocemente in flashback alcune delle pericolose situazioni che ha vissuto, mentre il boss lo guarda con aria di sfida: il “commissario di ferro” è consapevole dei rischi che lo aspettano, e non è più così sicuro di sé come eravamo abituati a vederlo nei film precedenti.

Tutto il film è accompagnato dall’ottima colonna sonora dello specialista Franco Micalizzi, che dà il meglio di sé quando unisce sonorità tipiche del poliziesco con melodie prese dal folklore locale. Per esempio, in Napoli violenta aveva creato “un riuscitissimo innesto di tarantella su classico tema poliziesco con fiati urlanti e ritmo sincopato” (Daniele Magni e Silvio Giobbio). In Da Corleone a Brooklyn, invece, possiamo distinguere almeno tre motivi musicali: il tema principale, ritmato ma non troppo, lo sentiamo fin da subito, mentre scorrono i titoli di testa; il secondo, dalla sonorità più squisitamente siciliana e malinconica, accompagna i momenti più intensi (per esempio, quando Scalia a New York ricorda il suo passato, e durante l’uccisione dello stesso Scalia); infine, il terzo tema musicale rappresenta un Micalizzi più classico, con un ritmo forsennato che fa da sfondo allo spericolato inseguimento lungo le strade di Palermo.

Davide Comotti