Una ragazza al volante di un’auto rossa come il fuoco fugge a tutto gas. É inseguita da un uomo, alla guida di un pickup, che esplode un colpo di fucile contro la sua vettura.
Un inizio in media res, e una voce fuori campo che introduce anche la storia di un serial killer, inerente a fatti realmente accaduti. Tutto questo è solo l’antipasto di Strange darling, scritto e diretto da JT Mollner, alla sua seconda regia dopo il l’esordio Outlawas and angels, del 2016.

Una trama ad incastro, divisa in sei capitoli, ma il cui ordine non è affatto lineare: si inizia infatti direttamente dal terzo, e tutti i risvolti di questo sorprendente thriller vengono svelati poco a poco. “Sei un serial killer?” è la domanda secca pronunciata da colei che sarà la fuggitiva, proprio all’inizio del lungometraggio, all’uomo che le darà la caccia armato di fucile. Tutto quel che ci è dato sapere non è molto, ma quel che conta sta in ciò che Strange darling è in grado di mostrare. I nomi dei personaggi si celano dietro una sciarada che sa di fiabesco. E allora la ragazza è the Lady, interpretata da Willa Fitzegarld, dai tratti gentili e i capelli biondo platino, con indosso indumenti di un rosso fiammante. La visione di lei ferita, mentre in slow motion corre idealmente incontro alla macchina da presa, nel mezzo della vegetazione dell’Oregon selvaggio, sembra l’icona di una preda conturbante. L’uomo col fucile è The Demon, portato in scena da Kyle Gallner, che ricordiamo per aver prestato il volto a Joel nei due Smile. La giovane giunge ad una casa ai margini della foresta che sembra un luogo sicuro, abitata da una coppia di anziani hippy incarnati da Ed Begley Jr. e Barbara Hershey.

Strange darling è stato girato in pellicola 35 mm e la potenza visiva rievoca i film degli anni Settanta. L’espediente della vicenda “realmente accaduta” del serial killer riporta alla memoria all’incipit di Non aprite quella porta di Tobe Hooper. Il montaggio di Christopher Robin Bell e la regia di JT Mollner rievocano anche Quentin Tarantino con il suo Pulp fiction. La fotografia è opera dell’attore Giovanni Ribisi, qui al suo esordio in questo ruolo, davvero ispiratissimo. Non solo alimenta la sensazione di vivere un’esperienza dei seventies, nonostante il film sia ambientata ai nostri giorni, ma vi sono anche echi baviani e argentiani. I colori saturi imprimono una forza visiva allucinatoria, in grado di far perdere la percezione della realtà, in una sorta di psichedelica catarsi che, mischiata alla narrazione molto peculiare, induce lo spettatore a vivere un’esperienza straniante.

Il blu, ma soprattutto il rosso acceso, sono colori ricorrenti, anche nei cromatismi ricreati dalle luci al neon. E, ancora, il rosso può essere inteso come allegoria della pillola di Matrix, qui in grado di far scoprire una sorprendente verità col dipanarsi dei capitoli. La colonna sonora di Z Berg avvolge con le sue note e, all’inizio, canta la propria versione del brano Love hurts, insieme a Keith Carradine, che conferma la sua vena folk rock. La composizione musicale nella score di Craig DeLeon, invece, offre momenti catartici, ma soprattutto incalzanti, con echi sonori così forti da esaltare la vena ansiogena e disturbante del lungometraggio, che deflagra nel sangue. Strange darling è dunque un’opera corale dal punto di vista delle arti che la compongono, in grado di sublimare una trama che da semplice si fa complessa grazie alla struttura che la contraddistingue. La regia esalta tutte le caratteristiche di un cinema che si rinnova, in un tripudio di citazioni e omaggi a pellicole d’antan, ma con uno spirito e un’identità proprie, capace di intrattenere e sorprendere. Ottimi e convincenti, inoltre, gli attori.
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