Styx: avventura tra le acque dello Stige

Presentato in anteprima alla sessantottesima Berlinale – all’interno della sezione Panorama – e al Med Film Festival 2018, Styx, per la regia di Wolfgang Fischer, è un’interessante co-produzione tra Germania e Austria che, cavalcando l’onda dei dibattiti circa lo spinoso tema dell’immigrazione, mette in scena la vicenda di una singolare amicizia tra una skipper solitaria e un giovanissimo orfano miracolosamente salvatosi dal mare.

È questa la storia di Rieke (Susanne Wolff), una giovane dottoressa stressata dal caos della vita di città, la quale decide di partire, completamente da sola, per un lungo viaggio in mare a bordo della sua barca. Tutto sembra andare per il meglio, fino a quando la donna non si imbatte in un bambino (Gedion Oduor Wekesa) che, scampato a un naufragio in mare, sale sull’imbarcazione cercando riparo.

Malgrado, dunque, il tema trattato – soggetto, come poche volte capita, a facili buonismi – Fischer riesce a mettere in scena una storia semplice e mai scontata, dove, tra l’altro, convergono non pochi elementi solitamente difficili (se non, in alcuni casi, addirittura impossibili) da gestire su un set. A tal proposito, l’ambientazione (il lungometraggio si svolge quasi per intero su una barca) viene utilizzata sapientemente dal regista, il quale, a sua volta, si rivela particolarmente adatto a gestire piccoli spazi.

In secondo luogo, vi è il fattore del linguaggio: il bambino che sale sulla barca di Rieke, ovviamente, non parla tedesco, eppure, pian piano, tra i due si instaura un modo di comunicare basato esclusivamente su gesti e sguardi, lasciando la parola alle immagini, come, d’altronde, tradizione cinematografica vuole.

Il tutto, infine, si svolge in mare aperto, dove l’acqua stessa ha la funzione, a tutti gli effetti, di un ulteriore personaggio: immersi – come lo stesso titolo sta a ricordare – nelle acque dello Stige, esattamente come la mitologia ci insegna, i protagonisti ne usciranno sì cambiati, ma, allo stesso tempo, rinati, essendo miracolosamente sfuggiti alla morte.

Stix è un lavoro, dunque, in apparenza semplice, ma, in realtà, molto più complesso di quanto inizialmente possa sembrare. Un piccolo, prezioso lungometraggio, vera e propria chicca della cinematografia europea contemporanea.

 

 

Marina Pavido