Terni Pop Film Fest: Mondospettacolo incontra il regista e il protagonista di L’amore a domicilio, nuova commedia con Miriam Leone

Autore anche di cinque short, il romano Emiliano Corapi ha esordito nel 2011 nella regia del lungometraggio grazie a Sulla strada di casa, riuscito thriller on the road interpretato da Vinicio Marchioni e Daniele Liotti.

A otto anni di distanza torna dietro la macchina da presa per dedicarsi alla commedia romantica L’amore a domicilio, che, presentata in anteprima presso il Terni Pop Film Fest – Festival del cinema popolare, approderà nelle sale cinematografiche italiane nel Marzo 2020.

Proprio in occasione di questa proiezione in larghissimo anticipo rispetto alla distribuzione abbiamo incontrato il regista insieme al protagonista Simone Liberati (La profezia dell’armadillo e Bangla nel curriculum), che nel film veste i panni di un giovane assicuratore il cui cuore viene stravolto dall’incontro con una Miriam Leone destinata a rivelarsi piuttosto sbandata ragazza dai molti segreti.


Otto anni dopo Sulla strada di casa
, che era un thriller, come mai questo totale cambio di rotta verso la commedia romantica?

Emiliano Corapi: In realtà, non è un vero cambio di rotta, perché nei cinque cortometraggi che ho realizzato ho alternato film di genere e commedia, quindi esisteva già un percorso che includeva entrambi le tipologie di pellicole. Credo che non ho preclusioni rispetto ai generi di cui sono appassionato, poi la commedia penso si trovi un po’ nel DNA di tutti noi. Quindi, tutto ciò che sto facendo è il seguito di quello che avevo iniziato tramite i miei cortometraggi.


Simone, tu sei giovanissimo ma con già diverse prove all’attivo. Come mai ti sei gettato in questa esperienza?

Simone Liberati: Era intrigante cimentarsi in una commedia che raccontasse l’amore, ma anche l’impossibilità nella quale ci inseriamo di non volerci concedere delle emozioni. Questo era l’aspetto interessante del personaggio, insieme al fatto che architettasse una trama per non farsi coinvolgere dalle emozioni, ma che gli si ritorce contro. Poi è bello vedere come questa storia tra due persone molto diverse è concentrato in uno spazio chiuso in cui un confronto è molto difficile se non è possibile evitarlo. Quindi, mentre giravamo il film era molto importante lasciare andare i personaggi nel loro primo incontro, infatti abbiamo lavorato molto su prove, poi io e Miriam non ci conoscevamo bene e questo ci faceva gioco, consentendoci di lavorare su un terreno completamente inesplorato.


Ci sono stati momenti di particolare difficoltà sul set?

Emiliano Corapi: Diversi, perché fare un film è sempre un’impresa non semplice, dal momento che si parte con uno che ha una visione e un’altra persona che deve interpretarlo e, quindi, entrare in quella visione. Come diceva Simone, abbiamo fatto delle prove, ma non sono state lunghe almeno quanto io desideravo, perché la cosa che ha caratterizzato questo film è stata una preparazione fulminea, nel senso che è partito di punto in bianco e serviva un tempo a lui per capire delle cose e uno a me per capirne altre dell’attore, che non è un robot, ma una persona che aggiunge di suo elementi molto importanti al film. Quindi, quello che io, sia con lui che con Miriam, avrei desiderato maggiormente in assoluto sarebbe stato avere più tempo, ma sono stato fortunatissimo, perché, sebbene giovani, oltre ad avere talento sono strutturati e hanno già un modo di lavorare che, di solito, a quell’età ancora non c’è e si acquisisce con l’esperienza. Tra l’altro, qui, rispetto a Miriam e ad altri personaggi di contorno, Simone aveva il peso della commedia sulle sue spalle. Quando sei a casa vorresti fare tante cose a livello ideale, poi, però, sul set scopri che non hai neppure un minuto per perfezionare le battute.


Il film, tra l’altro, ha vari registri…

Emiliano Corapi: Sì, perché è un film che mischia commedia e dramma, quindi doveva avere un registro che consentisse anche queste cose dal punto di vista della recitazione. Per me era una sorta di realismo leggero, che permettesse di esplorare seriamente anche i drammi dei personaggi e, allo stesso tempo, di andare su momenti di commedia di situazione e momenti surreali.

Simone Liberati: In effetti, quando si fa un film ci si conosce sotto aspetti diversi che, normalmente, non vedresti nelle persone. È una conoscenza che sta su un piano diverso ed è un momento in cui ci si sente aggredibili e anche aggressivi, quindi vi sono anche rapporti molto istintivi che si instaurano. Però è il bello di questo lavoro, l’accettare una sfida che è in primis personale per arrivare al risultato finale, che è poi la cosa importante per tutti. Il lavoro sui personaggi si fa sempre insieme, prevalentemente, al regista e all’attore o all’attrice con cui reciti.

Emiliano Corapi: Visto che non avevamo il tempo di effettuare prove “normali”, il fatto che lui e Miriam non si erano visti prima si è rivelato, alla fine, funzionale sullo schermo, grazie alla mancanza di confidenza, soprattutto nelle prime sequenze.


Quanto è importante, per voi, il fatto che in Italia esista un festival dedicato al cinema popolare?

Emiliano Corapi: In realtà, il cinema dovrebbe essere capace di portare tutti in sala, perché non va bene quando un film ha bisogno di troppo per essere compreso. Se ha dentro delle emozioni vere, anche un grandissimo film dovrebbe arrivare a tutti. Penso che il cinema dovrebbe essere popolare e in Italia ci sarebbe bisogno, anzi, di recuperare il pubblico tramite film che lo portino in sala. Quindi, un festival che si propone di portare a stretto contatto, in maniera diretta, il pubblico e il film rappresenta un po’ l’essenza del lavoro che si dovrebbe effettuare per far crescere il pubblico e, di conseguenza, il cinema.

Simone Liberati: Io sottoscrivo tutto ciò che ha detto Emiliano.

 

Francesco Lomuscio