The Batman: il cavaliere oscuro più “giallo” di sempre

Ci siamo: altro giro, altra corsa. Cambiano i registi, gli attori, i costumi, le ambientazioni… ma la voglia (e la necessità) di riportare al cinema l’uomo pipistrello no, quella resta immutata. E dopo una produzione a singhiozzo, con riprese altalenanti (iniziate nel gennaio 2020) e ulteriori rinvii causa pandemia, finalmente The Batman arriva nelle sale cinematografiche.

Si riparte da capo, quindi. Il film diretto da Matt Reeves e sceneggiato dallo stesso regista, in coppia con Peter Craig, resetta di nuovo gli universi cinematografici legati all’eroe con sede a Gotham City. Non ci sono legami con i Batman del DC Extended Universe, né con qualunque altro precedente film.

Si entra in una linea temporale e narrativa completamente nuova dove Bruce Wayne è Batman già da un paio di anni, periodo in cui lo stemma iconico del pipistrello nei cieli della metropoli ha solo intimorito parte della criminalità, non eliminandola. Il ruolo è affidato a Robert Pattinson, che debutta sul grande schermo dei supereroi con il peso delle premesse di alcune critiche che già volevano The Batman come il più bel film basato sul personaggio creato da Bob Kane e Bill Finger. È effettivamente così? Quello di Matt Reeves è il miglior lungometraggio sull’uomo pipistrello? Ovviamente non troverete tale risposta in questa sede! Ciò che si può dire è che ci si trova di fronte a un film diverso dai precedenti, collocabile a metà strada tra il fumettistico Batman del 1989 di Tim Burton e Il cavaliere oscuro di Nolan (2008). Reeves trova la sua unicità che lo distacca dai predecessori nelle scelte di forma, soprattutto. Non è un cinecomic, non è neanche propriamente un film d’azione. Le atmosfere dark del fumetto sono presenti eccome, quelle sì, così come le linee drastiche dei profili cittadini verticali. C’è molto più Batman che Bruce Wayne.  La tecnologia e le vetture a sua disposizione sono intriganti ma mai protagoniste. La storia è contemporanea ma The Batman si finge a tratti giallo noir, un thriller di stampo antico. In questo contesto, più che quello di fuorilegge a cui eravamo abituati, Batman si ritaglia il ruolo di detective mascherato, collaboratore attivo nelle indagini di un James Gordon (Jeffrey Wright) che lo mostra senza vergogna negli uffici e davanti alle macchine fotografiche dei giornalisti, nonostante la diffidenza dei colleghi.

Batman diventa investigatore con licenza di “percuotere” selvaggiamente la sua preda e con libero accesso alla scena del crimine. È la regia di Reeves la vera protagonista del film, anche più dei singoli attori. Le inquadrature lente favoriscono la resa statuaria del nuovo eroe in nero. Si ha la sensazione di trovarsi dentro un ibrido: da un lato esiste un western “metropolitano” (i rintocchi metallici degli stivali di Batman ricordano vagamente gli speroni dei cowboy), ambiente perfetto per chi si fa giustizia da solo; dall’altro c’è il gangster movie più classico: la criminalità organizzata di stampo italiano. Si ripropongono, aggiornati, i locali della malavita di Quei bravi ragazzi. Le note di Modugno risuonano come sottofondo nelle stanze private del boss Carmine Falcone (John Turturro), un moderno Al Pacino della famiglia Corleone (Il Padrino). L’azione c’è nei momenti in cui serve, coadiuvata da un montaggio sonoro maestoso. Anche le imponenti e cupe musiche di Micheal Giacchino sono impeccabili. Il pubblico, abituato ormai a un mondo fatto di mascherine, non si troverà a disagio scoprendo che quasi tutti i personaggi hanno il volto coperto: oltre Batman, ovviamente, anche la sinuosa Catwoman (Zoe Kravits) e l’Enigmista (Paul Dano) indossano la propria maschera. E a loro aggiungiamo Pinguino, un irriconoscibile Colin Farrell, la cui “maschera” è il trucco abbonante che lo trasforma quasi nell’Al Capone di The untouchables – Gli intoccabili interpretato da Robert De Niro (ancora il gangster movie, per l’appunto).

Tante cose da vedere, dunque (in IMAX, possibilmente!), impacchettate in quasi centottanta minuti di film. Tanti, troppi forse. La sensazione che il lavoro sia eccessivamente dilatato e si tiri per le lunghe c’è, soprattutto in relazione agli effettivi contenuti di trama. Si compiace un po’ il regista, quasi non avesse coraggio nel terminare l’opera! Quel che è certo è che lo spettatore, abituato al buio della sala, uscendo sentirà il fastidio della luce solare. Allo stesso qual modo in cui Bruce Wayne, abituato alla vita nell’oscurità, è costretto a brandire gli occhiali da sole in pieno giorno. Il lavoro di Reeves, infatti, è tenebroso a tutti gli effetti, nell’accezione specifica della luce. Sono gli interni scandagliati da torce, i locali malfamati soffusi e le notti di Gotham le atmosfere che predominano. Tonalità di nero e grigio, contrastate dal giallo-arancio delle luci cittadine e delle esplosioni stradali. La storia si svolge quasi interamente al buio, ambiente preferito sia dalla malavita che dai pipistrelli, non a caso. Non c’è mai spazio per i raggi solari, salvo nei pochi secondi dedicati a un funerale (di una giornata comunque uggiosa!) e in un paio di albe, quest’ultime usate come metafora di speranza per la città di Gotham. Una metropoli infernale, fagocitata dalla corruzione, che deve fare i conti con la realtà, la stessa che si appresta a palesarsi di fronte agli occhi truccati del supereroe: la vendetta non è l’unica strada percorribile, anche quando le azioni sono dettate da un presunto “a fin di bene”. The Batman conferma le attese, rivelandosi un buon film con una maestosità mai eccessiva. Una trasposizione differente che non pone troppo le basi per una facile (quanto inutile) comparazione coi predecessori e si prepara la strada per l’ennesima saga.

 

 

Alessandro Bonanni