The human voice: Pedro Almodóvar rilegge Jean Cocteau in corto

Era da tempo che Pedro Almodóvar voleva realizzare una versione della celebre pièce teatrale La voce umana di Jean Cocteau, infatti, non possiamo non fare riferimento alla scena del suo lungometraggio La legge del desiderio (1987) in cui Carmen Maura che interpreta Tina Quintero, la sorella transessuale del protagonista, recita sul palco il celebre monologo di Cocteau.

Gli elementi che trovavamo in quella scena, li ritroviamo anche in The human voice, cortometraggio di trenta minuti con protagonista Tilda Swinton. L’opera è stata presentata fuori concorso alla settantasettesima Mostra del Cinema di Venezia, durante la pandemia di Covid-19, ed è la prima in lingua inglese realizzata dal cineasta iberico.

Tilda Swinton si cala in un personaggio che, per certi versi, sembra ricordare seppur vagamente la Pepa di Donne sull’orlo di una crisi di nervi (1988). Anche in quel lungometraggio la protagonista interpretata dalla bravissima Carmen Maura viene lasciata dall’uomo con cui ha una storia e si trova a dover aspettare una sua telefonata. O, ancora, basti ricordare la celebre interpretazione della grande Anna Magnani nella versione cinematografica de La voce umana. La Swinton, rispetto alla Magnani, che fu la protagonista dell’episodio Una voce umana ne L’amore (1948) diretto dal grande Roberto Rossellini, è una bellezza algida, totalmente diversa dal personaggio interpretato dalla mitica Anna, la quale si disperava, si contorceva e restava in attesa di una telefonata dall’uomo che amava.

La differenza sostanziale tra le due opere è nel fatto che la Swinton si muove in questo appartamento ben arredato, dove nel salotto è visibile il celebre quadro Ettore e Andromaca di Giorgio De Chirico, comunicando con il suo amato attraverso un auricolare di un cellulare, inguainata in un vestito rosso fuoco di Balenciaga, con una freddezza e un distacco che lascia sbigottiti. Lo spettatore ben presto scopre che l’appartamento è uno studio cinematografico, la cui scenografia è stata curata da Antxon Gomez (storico collaboratore di molti film di Almodóvar). La sofferenza di una donna che si ritrova a dire addio all’uomo che ama, relegandola a un futuro di incertezza e solitudine. Il tutto reso claustrofobico da un senso di oppressione che viene ottimamente messo in scena dall’ottima Swinton, la quale sembra perfettamente a suo agio in un ruolo che le calza a pennello.

Non sappiamo nulla di quello che li ha portati a quel punto, non sappiamo che professione svolge la donna, ignoriamo anche la città in cui la protagonista vive, probabilmente è facile intuire che possa essere Madrid. Anche in quest’opera ritroviamo elementi fondamentali che sono parte del cinema di Almodóvar, tra cui la cura dei dettagli, i colori accesi della scenografia, costumi e trucco, oltre a vari riferimenti letterari e cinematografici. Trenta minuti in cui Tilda Swinton è praticamente sempre quasi sola in scena, tranne quando finisce in un negozio di ferramenta a comprare un’ascia e troviamo Agustin Almodóvar, fratello di Pedro, nonché produttore della casa di produzione El Deseo, che veste i panni del titolare dell’esercizio. The human voice è un’opera dotata di una grande interpretazione, ma, soprattutto, che ci regala un’altra trasposizione della celebre opera di Cocteau. In attesa, magari, di vedere prossimamente al cinema il suo nuovo lungometraggio Madres paralelas.

 

 

Giovanna Savino