Tratto dall’omonimo libro di Charles Brandt, The irishman è, senza dubbio, il film testamento di Martin Scorsese, che torna a lavorare con i suoi cari amici Robert De Niro e Joe Pesci e, finalmente, Al Pacino, regalandoci il capitolo finale della sua ideale saga riguardante i gangster italoamericani, mafiosi alla vecchia maniera.
Forte di una sceneggiatura di Steven Zaillian semplicemente da Oscar, il film è un affresco sulla criminalità organizzata nell’America del Dopoguerra, raccontato attraverso gli occhi di Frank Sheeran, veterano della Seconda Guerra Mondiale, imbroglione e, poi, sicario, il quale, nel corso dei decenni, rievoca uno dei più grandi misteri irrisolti della storia statunitense: la scomparsa del leggendario sindacalista Jimmy Hoffa.
Chi conosce un po’ di storia recente americana, a partire anche dall’assassinio di John Kennedy, saprà chi era Jimmy Hoffa, qui interpretato magistralmente da Pacino, ma lo scopo di Scorsese non è raccontarci la sua storia e gli intrecci con la mafia, bensì lo scorrere del tempo, per tornare insieme a De Niro su questi personaggi, finendo con gli altri attori a parlare della mortalità e del restare soli, del continuare a vivere dopo che tutti gli amici o compari sono scomparsi e ti ritrovi senza nessuno; mentre i tuoi familiari, consapevoli di ciò che hai fatto, non vogliono parlare con te e gli agenti dell’ FBI cercano disperatamente di sapere dove sia Hoffa da uno Sheeran (De Niro).
Un viaggio attraverso i segreti del crimine organizzato, i suoi meccanismi interni, le rivalità e le connessioni con la politica tradizionale al servizio di un film giovane, grazie anche agli effetti visivi che ci riportano i volti di Joe Pesci (semplicemente immenso), De Niro e Pacino ai giorni migliori e che permettono al regista più innovativo di Hollywood, nonostante la sua non più giovane età, di scrivere, come già precisato, letteralmente un film testamento del cinema americano.
Hoffa fu, in realtà, un personaggio davvero centrale nella storia americana tra gli anni Cinquanta e Settanta: il potente capo del sindacato degli autotrasportatori, una figura a dir poco geniale, che fece molto per i lavoratori, ma, al tempo stesso, intrecciò legami troppo stretti con la mafia.
Con le sue tre ore e mezza di durata, The irishman, geniale e perfetto, è la summa di tutte le capacità artistiche di Scorsese, veloce proprio come il tempo che passa nella vita di ogni giorno e imprezioaito da cast e troupe di altissimo livello.
E chiudiamo con la frase più bella del lungometraggio, da collocare nella storia del cinema, ovvero quella che Joe Pesci, nel ruolo di Russell Bufalino, dice a De Niro: “I pezzi grossi lassù vogliano che si faccia, hanno ucciso un Presidente, credi si facciano degli scrupoli per un sindacalista?”. Come sintetizzare in poche battute due misteri americani, gettando una luce sinistra su chi davvero ci governa.
Roberto Leofrigio
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