The predator: il quarto capitolo della fortunata saga fantascientifica

Da attore nel primo, fortunato capitolo della saga iniziata nel 1987 da John McTiernan, a regista e sceneggiatore per The predator, suo quarto capitolo (se escludiamo i due cross over con Alien), realizzato ben trentun anni dopo.

Così, il cineasta e sceneggiatore Shane Black si è di certo assunto un’enorme responsabilità. Se, infatti, il citato lungometraggio di McTiernan ha dato vita a un vero e proprio cult del genere fantascientifico, pur partendo da elementi di sicuro successo, non è facile portare avanti una storia in cui, sebbene vi sia ancora molto da dire, il rischio di “adagiarsi sugli allori” è più che mai elevato.

E, purtroppo, questo è stato proprio l’errore che lo stesso Black ha commesso: il suo The predator, infatti, vivendo un po’ troppo di rendita grazie a quanto realizzato in passato, è un prodotto piuttosto vuoto e inconsistente, che si trascina stancamente dall’inizio alla fine, senza mai avere, al proprio interno, particolari guizzi o picchi di interesse.

Poco coinvolgono, dunque, le vicende di un gruppo di ex soldati e di un’affascinante scienziata (Olivia Munn) alle prese con il ritorno dei pericolosi alieni (i quali, a loro volta, sono stati geneticamente modificati dal DNA di altre specie e, di conseguenza, sono molto più forti e molto più pericolosi di prima), attirati sulla Terra per errore da un ragazzino.

I fatti si svolgono in modo assolutamente prevedibile e privo di mordente, con, in primis, una sceneggiatura che lascia a desiderare (si pensi alla scelta di far morire la gran parte dei membri della squadra uno dopo l’altro, quasi tutti insieme). Non parliamo, poi, dei personaggi privi di una necessaria indagine psicologica, che difficilmente riescono a entrare in sintonia con lo spettatore, e, non ultimo, di un taglio prettamente televisivo che fa fare al tutto un vero e proprio crollo verso il basso, per nulla in linea con ciò che è stato prodotto in passato.

Stesso discorso vale, purtroppo, anche per gli espedienti comici presenti all’interno del lavoro: troppo deboli, poco convincenti, quasi inesistenti nella loro finalità. Ed ecco che questo atteso The predator di Shane Black altro non ha fatto che deludere le aspettative, sia di pubblico che di critica. Purtroppo, nel portare avanti una saga di successo, a volte accade anche questo.

 

 

Marina Pavido