The prodigy – Il figlio del male: il presagio di Sarah

Considerando il fatto che il piccolo protagonista Miles Blume – interpretato dal Jackson Robert Scott che abbiamo visto aggredito da Pennywise nella sequenza di apertura dell’IT cinematografico – ad un certo punto cominci a sfoderare un dialetto ungherese che si parla soltanto al confine con la Romania, è facile intuire che all’interno di The prodigy – Il figlio del male non siano assenti influenze provenienti da L’esorcista.

Del resto, pare che l’amore nei confronti dell’horror su celluloide sia nato nel regista Nicholas McCarthy – autore di The pact e Oltre il male – proprio quando vide per la prima volta il capolavoro diretto nel 1973 da William Friedkin, da cui riprende in questo caso anche la tematica del rapporto tra madre e figlio.

Perché, con le fattezze della Taylor Schilling acclamata dalla critica per Orange is the new black di Netflix, è la Sarah che fa da genitrice al citato Miles a rendersi conto del comportamento piuttosto inquietante manifestato dal ragazzino di otto anni, arrivando giustamente a credere che vi sia lo zampino di qualche entità soprannaturale.

Il Miles che, quindi, va ad aggiungersi allo stuolo di bambini diabolici sfornati dall’universo della Settima arte, ricordando, in un certo senso, il Brian Bonsall del molto poco conosciuto Mikey, ancor prima dell’Harvey Stephens de Il presagio.

Ed è presente perfino un evidente omaggio a Shock di Mario Bava nel corso della oltre ora e mezza di visione che, tra mani mozzate e storia di possessione (in fin dei conti, a produrre il film è il Tripp Vinson che ha finanziato Il rito e The exorcism of Emily Rose), si evolve lentamente, accompagnata dalle musiche del Joseph Bishara cui si devono le colonne sonore di franchise dell’orrore del calibro di Insidious e The conjuring.

Con immancabili omicidi dietro l’angolo, ma anche difficile capacità di coinvolgimento dovuta soprattutto al fatto che, al di là dell’esercizio tecnico generale, The prodigy – Il figlio del male non riesca ad offrire nulla di particolarmente originale.

 

 

Francesco Lomuscio