The prom: il musical con Meryl Streep e Nicole Kidman

A distanza di dieci anni dalla modesta commedia sentimentale Mangia, prega, ama – incentrata nel 2010 sulla correlazione tra habitat ed esseri umani – il regista statunitense Ryan Murphy, più avvezzo alle soap opere televisive, tenta nuovamente l’elezione ad autore sul grande schermo con The prom.

Il musical, arrivato sui palcoscenici di Broadway, facendo incetta dei premi più ambìti, grazie all’abilità di unire la critica sociale alla meticolosa cura scenografica e al brio tipico del genere, ha le carte in regola per puntare anche all’Oscar? Lo slancio recitativo di attrici del calibro dell’idolatrata Meryl Streep e dell’ancora avvenente Nicole Kidman costituisce indubbiamente un buon viatico per inchiodare l’attenzione del pubblico dai gusti semplici.

THE PROM (L to R) MERYL STREEP as DEE DEE ALLEN,JAMES CORDEN as BARRY GLICKMAN in THE PROM. Cr. MELINDA SUE GORDON/NETFLIX © 2020

Gli spettatori maggiormente avvertiti cercheranno invece nella rediviva tenuta stilistica di Ryan Murphy la marcia in più del rapporto tra immagine e immaginazione. Che conferisce notevole visionarietà al governo degli spazi deputati ai consueti numeri di canto. Mentre nell’incipit, con la stroncatura del New York Times che mette il dito nella piaga sottolineando l’immodestia in scena della coppia protagonista, incapace d’immedesimarsi appieno nei rispettivi personaggi, emergono i richiami in filigrana a Bolle di sapone, l’immediato prosieguo devia dalla linea narrativa del mondo dello spettacolo visto dietro le quinte. Il passaggio, seppur repentino, se non frettoloso ed ergo superficiale, dalla risaputa chiave satirica all’illusione dell’avventura, affidata al viaggio compiuto dal quartetto, con l’ex attore Trent Oliver e la ballerina sul viale del tramonto Angie Dickinson in cerca altresì di riscatto, giova alla trama. La piacevolezza del cinema d’atmosfera, che riesce ad appaiare lo sviluppo faceto delle note intimiste e il compiuto gusto dello scandaglio ambientale, non dura però a lungo. Le pieghe dei caratteri della vanesia ma fragile stella Dee Dee Allen e dell’irrisolto divo Barry Glickman, in lotta coi fantasmi privati, non superano mai la soglia dell’infecondo déjà-vu.

THE PROM (L to R) JAMES CORDEN as BARRY GLICKMAN, NICOLE KIDMAN as ANGIE DICKINSON, MERYL STREEP as DEE DEE ALLEN, KEEGAN-MICHAEL KEY as MR. HAWKINS in THE PROM. Cr. MELINDA SUE GORDON/NETFLIX © 2020

All’ambiguità degli affetti, che provocano il diniego dell’Associazione dei Genitori del liceo cittadino in Indiana insieme agli opportunistici attestati di solidarietà nei riguardi dell’intristita studentessa Emma Nolan, si vanno, infatti, ad aggiungere, step by step, gli echi, nascosti alla bell’e meglio, di Voglia di tenerezza, Pretty woman e Qualcosa è cambiato. Il programmatico dinamismo dei movimenti di macchina stenta dunque a compensare la pigrizia delle idee prese in prestito per fornire mere integrazioni riempitive all’assunto pensato per l’armonica coesistenza della catartica danza e dello smalto brillante. Allo stretto servizio dell’antiretorica. L’avvicendamento, invece, dell’enfasi di maniera, che traligna l’estrema delicatezza degli interludi malinconici in un grezzo coefficiente d’intelligibilità per platee dure di comprendonio, sottrae inoltre efficacia tanto alla calda spontaneità delle situazioni bizzarre quanto all’idonea misura delle sfumature. Il tripudio degli accenti profusi nelle modalità esplicative dei brani stornellati a tutta birra, a dispetto delle doti melodiose delle interpreti, mostra presto la corda. Senza esprimere mai, attraverso le varie partiture, la vitalità dell’autentica tolleranza. Che non sa né di moralistico né di predicatorio. Al contrario l’ovvio dipanarsi dell’intreccio, con l’ipocrisia dei presunti vip tradotta in affetto sincero e disinteressato dallo sprone della gente comune, spinge sul pedale del pietismo.

L’ottimo mestiere dell’esperto direttore della fotografia Matthew Libatique, pur memore del determinante contributo fornito a Darren Aronofsky ne Il cigno nero, non riesce questa volta ad accrescere l’incanto figurativo per la palingenesi degli spazi canonici (dalle gradinate della palestra scolastica agli anonimi centri commerciali) in fulgidi luoghi dell’anima. Il vano impasto di gioia, afflizione, introversione, redenzione ed estroversione non esce dall’impasse d’inserire nel solco del film-mosaico, con troppi intrecci chiamati in causa, la trascinante festa dei corpi. Lieti di dimenarsi nel punto di convergenza tra passato e presente, per ricavarne la morale della favola, ed echeggiare, coi tocchi felici preferiti in zona Cesarini ai tristi rintocchi, la magia della fabbrica dei sogni. Alle polveri bagnate del mostro sacro Meryl Streep, poco a suo agio nella parte di Dee Dee Allen, ora incline ai pittoreschi soprassalti di buffoneria ora schiava degli stereotipi mélo, Nicole Kidman replica assicurando ad Angie un’ampia gamma espressiva. Il resto del cast mette poco a frutto l’invito a scavare dentro la coscienza, preservando il ballo di fine anno dalla censura morale della provincia reazionaria, e paga dazio alla diminuzione d’intensità delle superflue pause meditative. In fondo c’è poco da meditare e da pretendere: The prom rispecchia la tendenza odierna ad attribuire all’elemento formale delle scampagnate buoniste la densità contenutistica dei proficui ed empatici viaggi corali nel Pantheon dell’Arte.

 

 

Massimiliano Serriello