Enio Drovandi è un nome che evoca ricordi di personaggi iconici del cinema italiano, da Sapore di Mare alla Terza C. Con una carriera che ha lasciato un segno indelebile, l’attore è stato recentemente premiato all’Ostia Film Festival Italiano con un prestigioso riconoscimento alla carriera. In questa intervista, ci racconta il significato di questo premio, il suo nuovo progetto Guance Rosse e riflessioni sul mondo dello spettacolo.

Sul premio alla carriera all’Ostia Film Festival Italiano
Complimenti per il premio alla carriera ricevuto all’Ostia Film Festival Italiano! Come ha accolto questo riconoscimento e cosa rappresenta per lei dopo tanti anni di carriera nel mondo del cinema?
“Innanzitutto, questo riconoscimento vale molto anche perché stimolato e suggerito da una grande organizzatrice di eventi di cinema come Francesca Pigianelli, e quindi gli ho dato quel valore aggiunto che merita. Per il resto, lo inserisco nei miei premi più amati.”

Ripensando ai momenti più significativi della sua carriera, c’è un ruolo o un progetto che considera particolarmente speciale e che ritiene abbia definito la sua identità artistica?
“La risposta è in questa premessa. Io mi ritengo un ‘anonimo famoso’, nel senso che sono i miei personaggi interpretati che hanno colpito il pubblico e che nel tempo li ha assunti a vere e proprie icone. Io ho sempre creduto (su insegnamenti dei vari ‘mostri sacri’ Fellini, Monicelli, Corbucci, Benigni, Nuti ecc.) che il ‘vero attore’ non è lui stesso che deve essere famoso, ma i suoi ruoli. Ad esempio, se io dico a qualsiasi persona se conosce, che so, Raoul Bova o Monica Bellucci, tutti sanno chi sono. Ma se chiedo: ‘Dimmi tre personaggi da loro interpretati’, nessuno li sa dire. Quindi le persone nel tempo spariscono e le nuove generazioni non li ricordano. Se invece diciamo Enio Drovandi, forse non lo conoscono come nome, ma se dici: il fotografo di Sapore di Mare, il barista della Terza C, il vigile di Amici Miei, il ladro di Abbronzatissimi ecc., vedrai che tutti, e dico tutti, sanno di chi si sta parlando. Quindi è l’insieme di una carriera che mi ha identificato.”

Il premio celebra il suo contributo al cinema italiano. Qual è, secondo lei, il segreto per rimanere rilevanti e amati dal pubblico per così tanti anni?
“Prima di tutto la ‘credibilità’. Un giorno, sul set di un film di Mario Monicelli, ero in scena con Marcello Mastroianni e lui, riconoscendomi un certo talento, mi disse: ‘Toscanino’, così mi chiamava, ‘tu sei uno bravo e credo che riuscirai ad avere successo, ma rammenta sempre: più grande sarai, più normale devi essere!’ Ed io non l’ho mai dimenticato! E questo insegnamento fa il paio con il titolo di una canzone di Umberto Tozzi: Gli altri siamo noi! La semplicità è il vero talento!”

Sul film “Guance Rosse”
“Guance Rosse” è un progetto che omaggia il cult Sapore di Mare. Cosa l’ha ispirata a scrivere e dirigere questo film e come è nata l’idea di riunire alcuni volti iconici del film originale?
“Tutto è riunito in una citazione del film: ‘Quando c’erano le TV piccole in bianco e nero, ma avevamo i sentimenti grandi e a colori… Oggi abbiamo le TV grandi e a colori, ma i sentimenti, ahimè, sono piccoli e in bianco e nero.’ Ringrazio Gianni Ansaldi che, detta da molti critici, è il vero protagonista di Sapore di Mare.”

La presenza di Enrico Vanzina in un cameo è un dettaglio speciale. Come è stato lavorare con lui e cosa ha significato per il progetto?
“Be’, Enrico per noi è stato come per il Napoli avere Maradona. Da solo ci ha fatto vincere lo scudetto! Lui, suo fratello Carlo, e prima il loro padre Steno, sono storia ‘vera’ del cinema in Italia e non solo! 40 anni fa lui offrì a me il ruolo di Cecco in Sapore di Mare e dopo 40 anni io ho chiesto a lui di fare sé stesso nel mio film in omaggio a quel suo ‘cult’. Be’, l’esistenza offre sorprese impensabili, ecco perché essa è meravigliosa e, per dirla alla George Gershwin, ‘la vita è come una sonata di jazz… è meglio quando la si improvvisa’.”

La storia di “Guance Rosse” è un Amarcord che ripercorre le atmosfere degli anni ’70. Quali emozioni e ricordi personali ha voluto trasmettere attraverso questa pellicola?
“Vedi, io sono sempre stato convinto che per andare incontro al futuro non si deve dimenticare il passato. Poi la mia natura è di origine sentimentale e sognante. Ad esempio, nel film c’è una frase che dice tutto su questa domanda: ‘Un tempo, per dire ti amo a una persona, si scrivevano quattro lettere d’amore. Oggi, invece, con uno WhatsApp e la sigla TVB, hai già liquidato un sentimento.’”

Il film ha anche una forte componente solidale, sociale e didattica. Può raccontarci come queste tematiche si intrecciano con la narrazione e il messaggio che vuole lasciare al pubblico?
“Anche qui la mia sceneggiatura risponde per me: ‘Quando alcool e droga non erano i padroni dello “sballo” delle notti del sabato sera, in quel tempo lo “sballo” era conoscersi.’ Ecco, l’incontro tra ragazzi in maniera pulita, come accadeva nelle notti d’estate, a fare falò sulla spiaggia e aspettare l’alba cantando con la chitarra sotto la luna, oppure le feste in casa col gioco della scopa e della bottiglia. Poi la solidarietà e la didattica vengono sia dall’associazione APS che l’ha prodotto, cioè ASI Spettacolo, e dall’ente di promozione sociale ASI Nazionale e dal loro terzo settore governativo, che hanno sostenuto il progetto.”
La colonna sonora sembra essere un elemento centrale nel ricreare l’atmosfera del passato. Come è stata scelta e che ruolo gioca nella narrazione del film?
“Be’, le canzoni in questo film sono come un vestito da festa indossato su un corpo di per sé già bellissimo. O come diceva Papa Bonifacio VIII, la musica è la quinta essenza del creato.”

Riflessioni e futuro
Come pensa che “Guance Rosse” sarà accolto dal pubblico?
“Abbiamo ricevuto migliaia di email da spettatori che hanno visto il film online durante le festività. La risposta è stata straordinaria. Se fosse stato proiettato nei cinema, avremmo probabilmente ottenuto un enorme successo!”
Quali nuovi progetti ha in cantiere?
“Ho tre progetti: un film intitolato Charlot nel Cuore, un testo sportivo e un thriller psicologico e passionale.”

Quali consigli darebbe ai giovani attori o registi?
Potrà essere impopolare, ma prima di dedicarsi allo studio dell’arte scelta, secondo me è fondamentale imparare a essere imprenditori di se stessi, sapersi proporre. Ecco perché alcuni talentuosi non riescono, mentre altri meno dotati ce la fanno. Nei miei master di comunicazione, che durano due giorni, spiego tutto questo, oltre alla mia famosa teoria del sette, il vero toccasana per evitare di incontrare persone e situazioni sbagliate e iniziare a ottenere successo!
Un messaggio speciale per il pubblico?
Successo e sconfitta sono due impostori indistinguibili e devono essere affrontati allo stesso modo. Non lasciarti mai travolgere né dall’euforia né dalla tristezza. La vera forza risiede nella coerenza. Qual è il segreto del successo nel mondo dello spettacolo? “Conservare l’esperienza del tempo che scorre… senza mai perdere l’entusiasmo degli inizi”.

Enio Drovandi, concludiamo qui la nostra intervista. Ancora complimenti per la tua carriera e per il suo film!
Grazie a voi! Se qualcuno ha voglia di mettersi in gioco e provare a fare spettacolo “vero”, può scrivere per partecipare al workshop a info@asispettacolo.it, dicendo che ha letto questa intervista. Faremo una chiamata insieme e sarà un mio omaggio! Saluti e viva la vita!
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