Il titolo originale di Una giusta causa recita On the basis of sex, in base al sesso, e si tratta di un film che racconta dell’ormai leggendaria avvocatessa poi diventata uno seconda donna giudice della corte suprema degli Stati Uniti, la quale si è battuta nel corso della sua vita per la parità di genere.
Diretto in modo efficace da Mimi Leder, il film è un solido biopic che inscena la lunga battaglia di Ruth (interpretata magistralmente da Felicity Jones). Una classica operazione cinematografica che appartiene al genere legal, ambientato nei tribunali del paese delle libertà, e che ci ricorda le lotte di una giovane avvocatessa.
Sposata con l’avvocato tributarista Martin D. Ginsburg, che l’ha sempre sostenuta, già nel lontano 1956 riusciva insieme a poche altre donne ad essere ammessa ad Harward alla facoltà di legge. Figlia di ebrei russi immigrati, riuscì dopo una lunghissima battaglia a far riconoscere il diritto fondamentale per lo sviluppo della libertà: quello della parità di genere.
Nonostante le numerose e sostanziali differenze del sistema legale americano (che, paradossalmente, grazie alle infinite serie tv e film il pubblico italiano conosce meglio di quello italiano) rispetto al nostro, la storia di questa incredibile donna viene rappresentata sullo schermo in modo rispettoso e, forse, eccessivamente perfetto, attraverso un film necessario.
Del resto, una donna alla regia e una donna protoganista in piena era #MeToo non potevamo svolgere che al meglio il compito di celebrare una vera eroina americana, ribattezzata con il nomignolo di “The Notorius RBG”, ovvero Ruth Bader Ginsburg. Una donna famosa per la sua eleganza e anche per il suo senso dell’umorismo.
Un vero e sentito omaggio in fotogrammi a questa donna a suo marito, scomparso nel 2010, da parte del nipote Daniel Stiepleman che ha scritto la sceneggiatura (egli stesso ammette che la vita di Ruth era già di per sé una storia da film).
Da regista “d’azione” di film come Deep impact, Mimi Leder si è trasformata e adatta rapidamente all’azione verbale, con lunghissimi e fitti dialoghi ricchi di termini tecnici che finiscono per rappresentare il cuore di Una giusta causa.
Perfetto, oltre alla già citata Jones, il consorte nei panni di Armie Hammer, al quale si unisce un solido cast in cui spiccano Sam Waterston nel ruolo del rettore, Justin Theroux in quello di un’avvocato attivista e una piccola ma determinante parte anche per la brava Kathy Bates.
In sostanza, nonostante i lunghi passaggi legali che possono mettere in difficoltà anche lo spettatore appassionatao del genere, Una giusta causa funziona alla grande, e il discorso finale di pochi minuti che riesce a convincere i giudici della corte suprema a mutare una legge ed adeguarla finalmente ai cambiamenti del tempo trasmette – anche se solo in parte – l’incredibile passo in avanti effettuato sia dalla giurisprudenza americana che da una parte del mondo libero.
Alla fine, il film rimane solo un buon omaggio e una buona lezione per coloro che non amano leggere testi di legge, ma siamo sicuri che il pubblico giovane, soprattutto quello femminile, potrà trovare ispirazione della figura di Ruth, supereroina che senza costume da Wonder Woman è riuscita in un’impresa storica.
Roberto Leofrigio
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