VANESSA GRAVINA È ANAÏS NIN AL NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA

Per Napoli Teatro Festival –  Teatro Nuovo di Napoli il 12 giugno (h. 21.30) e il 13 giugno (h. 19.30), Vanessa Gravina sarà Anaïs Nin in “Diario di sé” di Luca Cedrola, con la regia di Bruno Garofalo, in una produzione  STUDIOSEDICINONI.

Autrice cult dell’erotismo al femminile, amante di Henry Miller e della moglie June, cultrice dell’LSD,  Anaïs Nin è una donna che ha sfidato le convenzioni e i ruoli imposti.

“Diario di sé” ce la racconta partendo dal suo rapporto con il  padre, Joaquín Nin (Graziano Piazza), pianista e compositore cubano alle cui note originali è affidata la colonna sonora dello spettacolo.

Sullo sfondo della Parigi degli anni trenta Anaïs rivede il padre che l’aveva abbandonata da bambina. I due  istintivamente si cercano, si trovano e si perdono nello stesso inconfessato desiderio, intrecciando una relazione (probabilmente) incestuosa; come se il sesso e la seduzione fossero per loro gli unici codici di comunicazione possibile.

“Diario di sé” racconta questo incontro e lo prende a pretesto per parlare del trauma dell’abbandono, della idealizzazione del padre perduto, del confronto tra un uomo e una donna, dei demoni che ciascuno di noi si porta dentro.

Che sia per emulazione o per contraddizione ciascuno di noi non è che la proiezione di chi ci ha dato la vita. E talvolta, paradossalmente, nulla è più forte e condizionante di un genitore che non c’è.  Anaïs Nin, undicenne, subisce il trauma dell’abbandono. Suo padre Joaquín Nin, un brillante musicista e compositore spagnolo, lascia, per sempre, sua moglie e i suoi tre figli.  Quel giorno non rappresenta soltanto un momento di dolore profondissimo – che Anaïs cercherà di elaborare attraverso il suo diario – ma segna l’inizio di un intenso processo di identificazione con il padre.

La scrittrice non solo lo cercherà nei suoi tanti amanti ma, per lei, “conquistare” rappresenterà un modo per sentirsi un Don Giovanni come il padre perduto. Fuori da ogni tentazione naturalistica la messa in scena racconta l’incontro di questi due artisti narcisisti, inquieti, curiosi della vita. Due anime che si confrontano, si riconoscono e inevitabilmente si sfidano.

Diario di sé rende omaggio allo straordinario percorso umano e artistico di una donna che ha avuto il coraggio di guardarsi dentro fondendo ogni pagina con il suo stesso respiro. Una donna che ha sfidato le convenzioni ed i ruoli imposti perché non ha mai rinunciato a cercare di conoscersi davvero.

Un formidabile esempio di magica confusione tra vita e Arte sullo sfondo della Parigi, degli anni trenta; una città che era il mondo intero… un mondo che la seconda guerra mondiale avrebbe cambiato per sempre.

Info: www.napoliteatrofestival.it

Marzia Spanu 

 

NOTE D’AUTORE

Anaïs e Joaquín Nin, perché? – Note a margine su Diario di sé

Devo a Charles Baudelaire l’incontro con Bruno Garofalo e quanto, da lì, ne è venuto.

Bruno, nel 2007, lesse il mio romanzo “Il compleanno di Charles Baudelaire” e sognò di portarlo in Teatro. Quel sogno si è realizzato nel 2013 e dura tuttora.

Nella confidenza e nell’amicizia che tra noi si è creata, Bruno mi rese partecipe di un altro suo sogno. Raccontare Anaïs Nin: una donna, una scrittrice che aveva conosciuto attraverso la sua passione per Henry Miller. Mi disse che non riteneva giusto fosse relegata nell’ambito della letteratura erotica e che avesse una qualità letteraria e una potenza come personaggio che dovevamo riuscire a catturare.

Poi ci fu un segno del destino: su una bancarella di libri usati, trovai un’edizione molto bella e introvabile di “Incesto” uno dei diari di Anaïs.

Da lì mi venne l’idea di raccontarla attraverso la sua relazione con il padre. Il che non era solo interessante dal punto di vista drammaturgico ma probabilmente rappresentava la prospettiva più corretta per conoscerla e farla conoscere.

Ho così approfondito e scoperto il fascino e lo spessore artistico –  di suo padre Joaquín Nin; un musicista di origine spagnola, un uomo interessante almeno quanto la figlia.

Gli attori in scena sono due: Anaïs e Joaquín Nin. La vicenda che racconteremo rievoca in chiave anaturalistica e onirica (anche perché non sappiamo se quello che Anaïs ha scritto nel diario sia vero o meno) gli incontri che i due ebbero nel corso del 1933 ed in particolare quello di giugno a Valescure, che la scrittrice riporta con dovizia di particolari nel suo diario.

Leggendo il suo resoconto si comprende come mediante l’incontro con Joaquín (che l’aveva abbandonata vent’anni prima) Anaïs approdi alla “completa sintesi” di tutti i suoi amori. Joaquín Nin è un musicista, aristocratico, inveterato dongiovanni, è anche lui alla ricerca della “sintesi” di tutte le donne che ha amato.

Nella “tragedia” che ne consegue, padre e figlia perdono ogni ritegno. Lei nevrotica, lui ordinato, amante della simmetria si riconoscono identici nell’animo, narcisi fino al midollo e si cercano al di là delle parole, si trovano e si perdono nello stesso inconfessato desiderio.

Ma il vero tema di questo lavoro non è l’incesto ma l’abbandono.

La perdita di qualcosa di amato rappresenta una delle paure più profonde radicate nella natura umana ed il tema del distacco tocca le nostre corde più sensibili perché spezza uno degli istinti più forti dell’essere umano: l’attaccamento alla madre. La separazione dalla persona amata diventa non solo perdita dell’altro ma anche perdita di sé, come persona degna di amore.

Altro tema dell’opera è certamente il “dongiovannismo” che permea entrambi i personaggi in scena.

Anaïs ha necessità di mettere continuamente in atto comportamenti seduttivi, per avere conferme di sé attraverso la conquista.  Per lei – come per tutte le donne affette da questa patologia – l’obiettivo della seduzione non è più la ricerca del contatto con l’altro, ma il tentativo di affermare continuamente sé stessi, tipico della personalità narcisistica. Che è estremamente fragile e si basa sui responsi che ottiene dall’esterno. Alla base di questo comportamento, infatti, ci sono carenze di autostima che non permettono di vedere l’altro per quello che è, ma solo come un mezzo per ricevere quell’approvazione di cui si ha bisogno.

Joaquín dal canto suo ha come unico scopo quello di sedurre e conquistare ogni donna. Anche lui è un malato. Seduce le donne e poi le abbandona, non per soddisfare un piacere sessuale, ma per ingannare ed umiliare le sue vittime ed i loro mariti. La sua ossessiva strategia di seduzione non fa altro che confermare la sua paura delle donne e del potere che esse esercitano su di lui.

Per esorcizzare questa sua insicurezza utilizza il rituale della conquista ripetuta;
ma colui che passa di conquista in conquista non ama le donne, ama solo se stesso.
Joaquín è quindi un individuo insicuro, che in fondo si stima poco e che trova la sua identità solo attraverso le conferme che gli vengono fornite dal successo della conquista- Joaquín è un individuo che conosce alla perfezione l’arte della seduzione, ma è incapace di abbandonarsi all’amore. Ma cosa può accadere quando si seduce la propria stessa figlia?

Anche se l’intenzione è quella di rifuggire la realtà storica e la verità dei fatti privati così come narrati ci è sembrato interessante immettere nella costruzione dello spettacolo un ulteriore elemento. Il 1933 è l’anno dell’ascesa del nazismo. Mentre a Parigi si folleggiava a Berlino si preparava l’apocalisse. Tra il maggio e giugno 1933 in Germania ci furono diversi roghi dei libri. Nessuno quasi se ne accorse. Sullo sfondo di questa storia fortemente privata e intima, la Storia nel fare il suo corso, era pronta a sconvolgere la vita di chi indugiava solamente su se stesso.

Per lo spettacolo  utilizzeremo le musiche di Joaquín Nin: sono meravigliose.

Luca Cedrola