Venezia 73. Recensione: il musical “La La Land” ha aperto il Festival

E’ iniziata ufficialmente la 73a Mostra del Cinema di Venezia con la proiezione per la stampa del film di apertura, La La Land di Damien Chazelle. Primo film in concorso di questa edizione e prima gioia, regalataci dal regista di Whiplash che, dopo il rapporto maestro-allievo del film precedente, affronta questa volta una storia d’amore apparentemente più convenzionale, ma non meno interessante. Anche in questo caso la musica è parte integrante della storia, accompagnando i due protagonisti di questo musical che passa dal jazz ai balletti corali, omaggiando il cinema classico di Hollywood.

Mia (Emma Stone) lavora al bar degli studi della Warner Bros a Los Angeles e sogna di diventare un’attrice, alternando il lavoro a inutili provini in cui viene puntualmente scartata. Sebastian (Ryan Gosling) è un pianista jazz retrò che vorrebbe aprire un suo club in città per proporre il suo genere musicale, ormai in disuso, senza contaminazioni moderne. Nel frattempo per sbarcare il lunario si adatta, non senza difficoltà, a suonare quello che gli viene proposto, dalle musiche natalizie al pop anni ’80. Dopo un primo incontro accidentale i due continuano ad incrociarsi casualmente, finendo poi insieme, come è facile immaginare, ognuno deciso a portare realizzare il proprio sogno, anche se a per poterlo fare i compromessi sono dietro l’angolo. Emma decide così di scrivere un monologo per se stessa e Sebastian di accettare l’offerta di Keith (John Legend) di andare in tour con il suo gruppo, ma ad ogni scelta corrisponde inevitabilmente una conseguenza che inciderà sul loro rapporto, costringendoli a confrontarsi con la realtà della vita, che spesso non consente la realizzazione dei propri sogni, se non a caro prezzo.

Detta così potrebbe sembrare l’ennesima storia d’amore vista e rivista sullo schermo ed effettivamente, da questo punto di vista, il film di Chazelle potrebbe risultare un po’ convenzionale. Ma c’è tutto il contorno a renderlo speciale, a cominciare dalle eccezionali melodie jazz di Justin Hurwitz (già autore di quelle di Whiplash), che diventano quasi un personaggio aggiuntivo nella storia di Mia e Sebastian, facendo venir voglia di uscire dalla sala e andare subito ad acquistare un disco jazz. Stesso discorso per gli scintillanti balletti coreografati da Mandy Moore (di So You Think You Can Dance), che fanno capolino più volte nel corso del film, con citazioni e rimandi a musical come Un americano a Parigi, Cantando sotto la pioggiaLes parapluies de Cherbourg e che da soli valgono il prezzo del biglietto, a cominciare da quello della scena iniziale in mezzo al traffico autostradale. E poi, ovviamente, la grandiosa regia di Damien Chazelle, che a 27 anni potrebbe tranquillamente insegnare cinema a tanti pseudo “maestri” e che sforna un film luccicante e sfarzoso nella sua semplicità, agli antipodi con lo scarno e tiratissimo Whiplash, centrando anche questa volta il bersaglio, nonostante qualche leggera lungaggine qua e là.

In ultimo gli attori, con un gustoso cameo del sempre burbero J.K. Simmons e il primo ruolo cinematografico di rilievo del cantante John Legend, con i due protagonisti sottoposti ad un autentico tour de force, dovendo passare dalla recitazione al canto, dal ballo al suonare il pianoforte. Ryan Gosling si cala ottimamente nei panni del pianista integralista (leggermente meno bene quando deve cantare), mentre la solo apparentemente fragile Emma Stone è davvero brava a rendere tutte le sfaccettature di Mia, fornendo un’interpretazione attoriale e vocale che a mio avviso le varrà una nomination ai Golden Globe (e magari anche agli Oscar). Nomination già sicura, se non addirittura statuetta, per musiche, coreografie e regia. Non a caso il film uscirà negli U.S.A. il 16 dicembre e in Italia il 26 gennaio 2017, proprio nel periodo pre Oscar, distribuito da 01 Distribution. Da non perdere, per riconciliarsi con un cinema avvolgente e coinvolgente, che non mancherà anche di commuovere le persone più sensibili.

 
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Ivan Zingariello